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Energia rinnovabile nelle Alpi svizzere: la protezione del clima può coesistere con la natura?

turbine eoliche in una stazione sciistica
Un nuovo rapporto raccomanda di costruire infrastrutture per l'energia rinnovabile in luoghi dove non sono necessarie nuove strade e dove esiste già un collegamento alla rete elettrica, ad esempio in prossimità delle località turistiche e sciistiche. Keystone / Martin Ruetschi

L'espansione delle energie rinnovabili nelle Alpi è essenziale per la transizione energetica e l'approvvigionamento elettrico della Svizzera in inverno. Una recente ricerca rivela come sia possibile farlo senza compromettere la biodiversità.

La Svizzera sta accelerando la realizzazione di grandi impianti solari ed eolici per raggiungere i suoi obiettivi climatici. Entro il 2035, le fonti energetiche rinnovabili (esclusa l’energia idroelettrica) dovranno generare una quantità di elettricità sei volte superiore a quella attuale, come previsto dalla nuova legge sull’approvvigionamento elettrico approvata in votazione popolare nell’estate del 2024. 

“Con l’attuale quadro normativo, c’è il rischio che questa espansione vada a scapito della biodiversità”, avverte Sascha Nick, ricercatore del Politecnico federale di Losanna (EPFL). La sua preoccupazione nasce da una ricerca che ha guidato e alla quale hanno partecipato 45 scienziati e scienziate dei settori delle energie rinnovabili, della ricerca sul clima e della biodiversità. Recentemente hanno pubblicato un rapportoCollegamento esterno che formula raccomandazioni politiche urgenti.

“La buona notizia è che, con un’attenta pianificazione, possiamo sviluppare in modo significativo le energie rinnovabili senza mettere a rischio la biodiversità”, afferma Nick. Tuttavia, le conclusioni del rapporto sono chiare: questa espansione deve seguire un approccio integrato che bilanci il fabbisogno energetico e la biodiversità.

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Energia solare nelle stazioni sciistiche

La Svizzera sarà anche piccola, ma possiede una varietà eccezionalmente ampia di specie animali e vegetali, soprattutto nelle Alpi, oltre a foreste e pianure alluvionali. Questa ricchezza è però preservata in modo inadeguato ed è sempre più minacciata dall’agricoltura industriale, dall’espansione urbana e dalle strade, secondo il rapporto.

Per colmare la lacuna della produzione elettrica durante l’inverno, il gruppo di ricerca di Sascha Nick sottolinea la necessità di espandere l’energia eolica e solare nelle Alpi, dove si trovano molti habitat ecologicamente ricchi e sensibili. Tuttavia, la scelta di questi luoghi è controversa e i progetti pianificati si scontrano con la resistenza delle popolazioni locali e delle organizzazioni ambientaliste.

Gli autori della ricerca chiedono una strategia nazionale che dia priorità alle iniziative con un impatto minimo o addirittura positivo sulla biodiversità. Sottolineano inoltre l’importanza dei processi democratici: se da un lato le procedure di approvazione dovrebbero essere snellite e accelerate, dall’altro la partecipazione locale non deve essere limitata in nome dell’urgenza. I progetti energetici possono beneficiare di un’ampia accettazione solo se la popolazione è coinvolta nella loro pianificazione.

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Concentrarsi sui progetti più piccoli

Una delle raccomandazioni contenute nel rapporto pubblicato in ottobre è quella di rivedere le dimensioni minime dei progetti di importanza nazionale. Questo consentirebbe anche a impianti più piccoli di ricevere i finanziamenti federali.

Invece di costruire pochi parchi solari di grandi dimensioni, si potrebbero realizzare numerosi impianti più piccoli, preferibilmente in siti che non richiedono nuove strade e dove esiste già un collegamento alla rete elettrica. Ad esempio, in prossimità di strutture turistiche e sciistiche esistenti o in aree già deturpate dagli sport invernali e non più adatte allo sci a causa dei cambiamenti climatici.

“I politici dicono spesso che dobbiamo scegliere tra biodiversità e protezione del clima”, afferma Nick. “La domanda dovrebbe essere piuttosto: vogliamo più energia rinnovabile o sci?”.

Energia eolica: non dimenticare gli uccelli e i pipistrelli

La scelta del sito è fondamentale anche nell’espansione dell’energia eolica. Raphaël Arlettaz, professore di biologia della conservazione all’Università di Berna e coautore del rapporto, ha trascorso anni a studiare i rischi che le turbine eoliche comportano per uccelli e pipistrelli.

“Con un’attenta pianificazione possiamo sviluppare in modo significativo le energie rinnovabili senza mettere a rischio la biodiversità.”

Sascha Nick, ricercatore del Politecnico federale di Losanna

Il suo gruppo di ricerca ha sviluppato modelli cartografici per identificare le aree ad alto rischio per i gipeti e le aquile reali, sulla base delle loro rotte di volo più frequenti nelle Alpi. Particolarmente critiche sono le aree esposte a sud, i pendii ripidi con buone correnti ascensionali e le aree con popolazioni significative di stambecchi.

Anche i corridoi usati dagli uccelli migratori o le aree di nidificazione di specie in pericolo dovrebbero essere presi in considerazione nella pianificazione, afferma Arlettaz: “Dovremmo evitare le turbine eoliche in queste aree sensibili se vogliamo proteggere la nostra avifauna”.

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Per i pipistrelli, il rischio potrebbe essere ridotto spegnendo completamente le turbine quando la velocità del vento è ridotta. Negli studi condotti nella valle del Rodano, Arlettaz e i suoi colleghi hanno scoperto che specie locali come i pipistrelli del genere Myotis volano vicino al suolo e lungo le siepi e altre strutture durante i venti forti, mentre si avventurano nelle zone a rischio delle turbine solo quando la velocità del vento diminuisce.

“Adeguare l’operatività delle turbine può ridurre leggermente la produzione di elettricità, ma limita drasticamente i rischi di collisione”, afferma Arlettaz.

Ma un’attenta pianificazione dei nuovi progetti energetici da sola non basta. Gli autori del rapporto richiamano l’attenzione anche sulle infrastrutture esistenti.

Ad esempio, i tralicci elettrici potrebbero essere resi sicuri per gli uccelli. In uno studio del 2010, Arlettaz ha dimostrato che alcuni tralicci delle linee elettriche a media tensione sono la prima causa di morte per i gufi reali in Svizzera. Anche cicogne, nibbi e altri rapaci muoiono ogni anno a causa della folgorazione, nonostante sia possibile rendere queste linee sicure per gli uccelli interrandole o isolandole.

“Dovremmo risolvere questi problemi prima di installare nuove centrali elettriche nelle Alpi”, afferma Arlettaz.

Un po’ di immaginazione per integrare energia e biodiversità

Anche Leon Bennun dell’azienda di consulenza Biodiversity Consultancy a Cambridge, nel Regno Unito, che abbiamo contattato per una valutazione indipendente del rapporto, sottolinea l’importanza di una pianificazione integrata.

“Se la Svizzera vuole espandere le proprie energie rinnovabili preservando la biodiversità non deve pensare in termini di singoli progetti, ma considerare l’intero sistema”, afferma. “Dobbiamo abbandonare il pensiero a compartimenti stagni”.

Il ripristino e la conservazione della natura, i benefici sociali, la sicurezza e la produzione di energia, aggiunge, comportano tutti “sinergie e compromessi” che devono essere considerati su scala più ampia. “Tuttavia, il processo decisionale frammentario è ancora molto più comune”, afferma.

Leon Bennun vede un potenziale nei progetti più piccoli e decentralizzati. Mentre la pianificazione energetica in molti Paesi propende per progetti su larga scala, le iniziative più piccole, guidate dalle comunità, hanno il potenziale per proteggere la biodiversità e coinvolgere le popolazioni locali, favorendone l’accettazione.

“Con un po’ di immaginazione, le turbine eoliche, gli impianti solari o di biogas possono diventare dei beni della comunità, preziosi sia per le persone che per le piante e gli animali”, afferma.

A cura di Sabrina Weiss e Veronica DeVore

Tradotto con l’aiuto di DeepL/lj

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