Niente tappeto rosso per accogliere i visitatori nei rifugi alpini: chi vuole entrare deve invece munirsi di mascherina, disinfettante e sacco-lenzuolo. Tempi straordinari richiedono misure straordinarie, mai i gerenti dicono di essere già contenti di poter riaprire di nuovo le loro porte.
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Nata in Inghilterra, vivo in Svizzera dal 1994. Mi sono formata come graphic designer a Zurigo tra il 1997 e il 2002. Recentemente mi occupo di elaborazione di immagini e ho raggiunto il team di swissinfo.ch nel marzo del 2017.
I rifugi alpini sono stati inseriti tra le attività che il governo permette di riaprire a partire dall’11 maggio. Offrono generalmente un tipo di alloggio accogliente, con un buon servizio, che si trova in poche altre catene montuose del mondo.
In Svizzera ci sono circa 250 capanne che accolgono ogni anno decine di migliaia di visitatori. Fanno parte di una rete di 1200 rifugi sparpagliati su tutto l’arco alpino. I posti letto si trovano spesso in camerate anguste, dove lo spazio a disposizione è limitato. Questo, naturalmente, cambierà, poiché la distanza sociale deve essere rispettata anche nei dormitori.
Quella che può essere vista come una buona notizia per l’ospite è un problema finanziario per il padrone di casa, dato che deve far fronte a costi elevati di gestione e manutenzione di alloggi situati spesso in luoghi sopraelevati e difficili da raggiungere. I loro margini di profitto sono bassi anche nelle stagioni migliori, quando a volte vengono stesi dei materassi aggiuntivi sul pavimento della sala da pranzo per accogliere tutti coloro che vengono a bussare.
Occupazione ridotta a metà
Christian Wäfler, il guardiano della capanna Lämmeren (vedi galleria fotografica), si aspetta per quest’estate un tasso di occupazione di solo il 50%. Eppure ha dovuto investire più soldi del solito per pagare ulteriori misure di sicurezza sanitaria, tra cui l’acquisto di barriere in plexiglass da mettere tra i tavoli.
La capanna Lämmeren, situata sopra il Passo del Gemmi, che collega le Alpi bernesi a quelle vallesane, deve ancora ammortizzare investimenti per 2,5 milioni di franchi svizzeri, impiegati nel 2017 per un’importante ristrutturazione.
I proprietari dei rifugi sono per la maggior parte sezioni locali del Club alpino svizzero (CAS)Collegamento esterno. Quest’ultimo viene finanziato in gran parte grazie alle quote annuali pagate dai suoi 150’000 soci e ai proventi di gite organizzate e corsi, ad esempio di arrampicata o sci di fondo, come pure il soccorso alpino e ad un’ampia gamma di altre attività.
Una parte delle entrate è destinata ai lavori di ristrutturazione delle capanne, ma quest’anno saranno disponibili meno soldi a causa della chiusura forzata dei rifugi in primavera. Ciò ha comportato una perdita di circa 7,5 milioni di franchi, secondo i dati raccolti dall’emittente pubblica SRF.
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