A Zurigo l’assistenza al suicidio cerca casa
Nel canton Zurigo Dignitas è da alcuni giorni al centro dei dibattiti: alla ricerca di una nuova sede, l'organizzazione d'assistenza al suicidio passa da porta chiusa a porta chiusa.
Le autorità cantonali, che cercano il dialogo, stanno valutando se mettere a disposizione dei locali.
Da una decina di giorni, l’organizzazione d’aiuto al suicidio Dignitas, che accoglie principalmente degli stranieri, erra da un villaggio zurighese all’altro per ritrovare un luogo dove condurre le sue attività.
Lunedì le autorità di Schwarzenbach hanno risposto negativamente. In precedenza l’organizzazione si era vista opporre un rifiuto pure dai comuni di Stäfa e di Maur, dove vive Ludwig Minelli, fondatore di Dignitas.
Le autorità vietano l’aiuto al suicidio, sostenendo che questa attività deve sottostare ad un’autorizzazione speciale e quindi disporre di un nuovo permesso di costruire. Dignitas ha inoltrato ricorso, ma nel frattempo non ha più una sede.
Vecchia storia
La tensioni fra Dignitas e le autorità zurighesi, soprattutto quelle cantonali, non sono una novità. L’appartamento occupato nella città sulla Limmat dall’organizzazione fondata nel 1998 occupa le pagine di cronaca da anni.
Tuttavia, anche se nel quartiere di Wiedikon il viavai delle ditte di pompe funebri dava fastidio ai vicini dell’appartamento dove Dignitas operava, la disdetta del contratto d’affitto è stata notificata solo dopo otto anni.
Nel 2004, Dignitas ha pure occupato per breve tempo un appartamento nel cantone di Argovia, a Reinach. Ma siccome le autorità si mostravano alquanto puntigliose nell’inchiesta obbligatoria aperta dopo ogni decesso straordinario, l’organizzazione aveva deciso di continuare la sua attività unicamente nell’appartamento di Zurigo-Wiedikon.
Lo scorso anno, delle 195 persone alle quali Dignitas ha prescritto e fornito il barbiturico pentobarbital-natrium, 120 provenivano dalla Germania, dove l’assistenza al suicidio è vietata.
Per bloccare questo “turismo della morte”, gli zurighesi chiedono da tempo l’adozione di una legge federale. Ma il consigliere federale Christoph Blocher, che lo scorso anno ha commissionato un rapporto sul tema, ritiene che le leggi in vigore bastino.
Locali dello Stato?
“Se penso che la Confederazione prevede autorizzazioni per ogni cosa ma lascia ampia libertà all’aiuto al suicidio, sono scioccato”, afferma Christian Zünd, segretario generale del Dipartimento zurighese della giustizia e degli interni.
“Siccome si autorizza, a talune condizioni, l’assistenza al suicidio, ritengo si debbano al contempo fornire le condizioni per esercitare tale attività nel rispetto della dignità”, sostiene Zünd. “Lo Stato potrebbe anche prevedere di mettere dei locali a disposizione, ad esempio nei pressi dei cimiteri”.
Un problema, quello dei locali, che per contro non conosce l’altra organizzazione di aiuto al suicidio, Exit. Essa infatti non accetta fra i suoi membri persone che non vivono in Svizzera e quindi fornisce i suoi servizi direttamente presso l’appartamento dell’interessato o la casa per anziani dove risiede.
Progetti e direttive
Sotto la guida del procuratore Andreas Brunner, il cantone di Zurigo ha elaborato delle direttive nelle quali fissa alcuni limiti entro i quali operare, soprattutto per quanto riguarda il controllo della qualità. Per discutere del loro contenuto, Ludwig Minelli è stato ricevuto dalle autorità la scorsa primavera. Nuovi colloqui con i responsabili di Dignitas – così come con quelli di Exit – sono previsti prossimamente.
Entrambe le organizzazioni hanno rifiutato la prima bozza del testo cantonale. “Speriamo che Berna decida di cambiare idea riguardo la necessità di una legge federale”, aggiunge Zünd.
Sembra però piuttosto improbabile che le cose prendano la piega auspicata da Zünd. “I casi recenti rafforzano la nostra posizione”, afferma Bernardo Stadelmann, vicedirettore dell’Ufficio federale di giustizia e responsabile del dossier. “I comuni zurighesi hanno infatti potuto agire efficacemente basandosi sulla legislazione in vigore per punire gli abusi nell’ambito dell’assistenza al suicidio”.
Rischio per i medici
Nell’attesa del dibattito alle Camere sul rapporto del Dipartimento federale di giustizia e polizia e del suo complemento, Dignitas si ritrova senzatetto e si batte per convincere i medici a collaborare con lei.
“Dalla pubblicazione del rapporto complementare sulla prescrizione e la distribuzione del pentobarbital-natrium, sembra che Dignitas incontri qualche difficoltà a reclutare dei medici”, aggiunge Bernardo Stadelmann. Le condizioni previste sono infatti assai restrittive.
swissinfo, Ariane Gigon Bormann, Zurigo
Traduzione, Anna Passera
La disdetta dal contratto d’affitto dell’appartamento che Dignitas occupava da otto anni nel quartiere zurighese di Wiedikon, è stata notificata lo scorso mese di luglio.
L’organizzazione ha allora affittato un appartamento in zona residenziale a Stäfa, sempre nel canton Zurigo. Ma alla fine del mese di settembre i vicini si sono lamentati per l’andirivieni di bare sul posto.
Le autorità locali hanno fatto porre dei sigilli sulle porte dell’appartamento. Ritengono infatti che questa attività debba sottostare ad un’autorizzazione speciale (permesso di costruzione o nuova destinazione dei locali), un diritto che Dignitas contesta.
Nell’arco di pochi giorni, Dignitas ha assistito alcuni suoi membri a Forch, in un albergo di Winterthur e in un locale nella zona industriale di Schwarzenbach. Ma le autorità sono intervenute per bloccare l’attività dell’organizzazione.
Ludwig Minelli ha fondato Dignitas nel 1998 a Forch, nel canton Zurigo. L’organizzazione si occupa soprattutto di casi di persone residenti all’estero che desiderano porre fine ai loro giorni ma che non possono ottenere un’assistenza al suicidio perché la legislazione in vigore non lo permette.
Il fondatore di Dignitas è un ex giornalista e giurista poliglotta, specializzato nel settore dei diritti umani. Da anni milita in favore dell’autodeterminazione del malato. Un diritto che nel 2006 il Tribunale federale ha riconosciuto anche per quanto riguarda il desiderio di morire.
Minelli lamenta una lacuna a livello di istituzioni per quanto riguarda l’ascolto e la prevenzione del suicidio. La sua organizzazione, sostiene, cerca sempre di dissuadere il malato dal porre fine ai suoi giorni.
L’equipe di Minelli è composta da pochi membri e pubblica dei rapporti annuali solo dal 2004. “Prima d’allora mancavano i mezzi e il tempo a disposizione”, afferma.
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