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Aiutare i civili, ma come?

L'invio di aiuti umanitari in Iraq pone numerosi problemi Keystone

Riunitosi mercoledì a Ginevra «Il gruppo di contatto Iraq» non ha saputo risolvere i problemi d'accesso alle zone colpite dalla guerra.

Restano gli interrogativi sui corridoi umanitari, ma si spera di poter trovare delle soluzioni in tempi brevi.

I problemi d’accesso delle organizzazioni umanitarie alle vittime del conflitto iracheno sono stati discussi mercoledì a Ginevra. Numerose difficoltà sono emerse e le discussioni dovranno continuare anche in futuro.

Al termine della prima riunione del gruppo di lavoro umanitario sull’Iraq, convocato su iniziativa della Svizzera, il capo della Divisione «aiuto umanitario» del Dipartimento federale degli affari esteri (Dfae) Toni Frisch ha indicato che soluzioni concrete saranno studiate per far pervenire gli aiuti all’interno del paese mediorientale.

Conferenza ben frequentata

La creazione del gruppo di lavoro umanitario sull’Iraq era stata decisa durante la conferenza organizzata il 15-16 febbraio, sempre a Ginevra, su iniziativa della ministra degli esteri elvetica Micheline Calmy-Rey. L’incontro di mercoledì aveva lo scopo di coordinare gli sforzi in modo da facilitare e rendere più efficaci gli interventi umanitari.

Ai lavori hanno preso parte i rappresentanti di 30 Stati e 21 organizzazioni umanitarie, una novantina di persone in tutto. Sono intervenuti anche gli Usa, mentre l’Iraq non è stato invitato per non politicizzare l’incontro. Il Dfae è comunque in contatto con i rappresentanti della missione permanente irachena all’Onu.

Ostacoli e incertezze

A questo stadio della guerra, i convenuti non sono stati in grado di prendere delle decisioni in merito alla creazione di corridoi umanitari. Tutti sono però concordi sulla necessità di realizzarli al più presto. In particolare le organizzazioni umanitarie hanno espresso le loro preoccupazioni e il desiderio di raggiungere la popolazione civile.

Numerosi sono gli ostacoli all’inoltro degli aiuti: ostacoli militari, politici e pratici. Le questioni di sicurezza non sono le sole in causa. Bisogna ottenere il consenso delle autorità irachene, ha sottolineato un responsabile del ministero della pianificazione giordano, Hala Bsaiso Lattouf.

Responsabilità da assumere

Toni Frisch ha ricordato che la responsabilità di occuparsi della popolazione civile tocca, in caso di conflitto, ai belligeranti. Le forze della coalizione angloamericana devono assicurare i bisogni d’acqua e cibo ai civili nelle zone che occupano.

L’alto funzionario elvetico ha ricordato che l’assistenza all’interno dell’Iraq corrisponde al mandato del Comitato internazionale della croce rossa (Cicr). In una fase successiva, il compito di coordinare gli sforzi umanitari spetterà all’Onu.

La Svizzera stilerà un rapporto sui risultati delle discussioni entro la fine della settimana, ha indicato il responsabile del Dfae, e le consultazioni proseguiranno. Obiettivi e risultati dei lavori saranno comunicati anche alla missione permanente irachena a Ginevra.

Indispensabile collaborare

L’organizzazione dei trasporti a partire dai paesi confinanti dovrebbe essere il primo passo per arrivare all’ inoltro degli aiuti in Iraq. Tuttavia, afferma Frisch, la Svizzera esclude per il momento di ripetere l’operazione Focus lanciata con la Grecia e la Russia durante la guerra del Kosovo.

In quell’occasione camion di aiuti erano stati inviati nella regione balcanica in pieno conflitto, in modo indipendente da Onu e Cicr.

I partecipanti hanno inoltre discusso della ripresa del programma Onu «Petrolio in cambio di cibo», decisa venerdì dal Consiglio di sicurezza. L’iniziativa delle Nazioni unite si era scontrata con il rifiuto di cooperare delle autorità irachene.

Non dimenticare l’emergenza profughi

Il direttore generale della Mezzaluna rossa iraniana, Mostafa Mohaghegh, ha sottolineato che il fatto che non ci siano ancora profughi iracheni non vuol dire che l’esodo non possa prodursi fra qualche settimana.

Egli ha ricordato che il suo paese aveva accolto nel 1991, dopo la guerra del Golfo, più di un milione di rifugiati.

La piattaforma di scambio d’idee e informazioni voluta da Micheline Calmy-Rey e istituzionalizzata col nome «Humanitarian Issues Group Iraq» (gruppo di contatto Iraq) continuerà ad essere attiva. Per il momento però non è ancora stata stabilita una data per la ripresa dei lavori.

swissinfo e agenzie

All’incontro di Ginevra hanno partecipato una novantina di persone
Presenti i rappresentanti di 30 nazioni
21 organizzazioni umanitarie

L’incontro internazionale organizzato dal Dipartimento federale degli affari esteri per discutere del problema degli aiuti umanitari alla popolazione civile irachena, non ha raggiunto i risultati sperati.

In particolare non si è riusciti a prendere una decisione in merito all’apertura dei cosiddetti «corridoi umanitari».

L’emergenza profughi, che interessa soprattutto i paesi confinanti, è un altro dei temi ampiamente discussi. I lavori del «gruppo di contatto Iraq» continueranno anche in futuro.

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