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Aiuto svizzero al Ruanda da rivedere

Fra i problemi del paese c'è il ritorno coordinato dei rifugiati della guerra civile Keystone Archive

Una delegazione svizzera si trova in questi giorni in Ruanda; il suo compito è ridefinire il futuro dell'aiuto umanitario al paese uscito dalla guerra civile.

Walter Fust, direttore dell’aiuto allo sviluppo, visita il paese all’inizio dei grandi hearings destinati a giudicare i colpevoli del genocidio.

Nel 1994, sanguinosi combattimenti fra etnie e fazioni hanno sconvolto il Ruanda. Nel genocidio hanno perso la vita almeno 800’000 persone, il ritorno alla quotidianità ha richiesto lunghi anni di lavoro.

Nel concerto delle nazioni, anche la Confederazione ha contribuito alla ricostruzione del paese. Nel 1998, quando i riflettori dell’attualità internazionale erano ormai spenti, il parlamento svizzero ha definito una strategia per accompagnare il passaggio alla democrazia.

Il paese centrafricano figura da decenni fra le priorità dell’aiuto allo sviluppo elvetico. Il bilancio delle azioni, gestite anche da organizzazioni indipendenti, si è aggirato sui cinque milioni di franchi l’anno.

Un impegno per la stabilità

Con un programma legato alla riorganizzazione amministrativa locale, alla gestione della giustizia e al rispetto dei diritti umani, gli esperti della Direzione per lo sviluppo e la cooperazione (DSC) hanno offerto un contributo alla transizione. L’altro punto forte sono le strutture sanitarie.

Le elezioni presidenziali e legislative del settembre 2003 hanno conferito al presidente Kagamé un mandato di sette anni con il 95% dei suffragi. Il suo partito, l’FPR, ha raccolto il 70 percento dei voti e la maggioranza assoluta dei seggi all’Assemblea nazionale, mettendo fine a nove anni di transizione (1994-2003).

Per questo l’intervento della Confederazione va ora rivisto. Parallelamente alla fine naturale dei crediti previsti dal parlamento, Walter Fust, Direttore della DSC, e il presidente della Commissione esteri del Consiglio nazionale, Erwin Jutzet, visitano il Ruanda per analizzare la situazione.

Ridefinizione dell’aiuto

Nei quattro giorni previsti dal viaggio, i due delegati visitano i progetti svizzeri sul campo. Il loro compito è quello di formulare necessità e desideri per la continuazione dell’impegno nei prossimi anni.

Il Ruanda è stato uno dei primi paesi a beneficiare dell’aiuto allo sviluppo elvetico. Prima della guerra civile, fra il 1963 e il 1993, l’impegno svizzero ha raggiunto i 300 milioni di franchi. Un’analisi del successo dei programmi di intervento è dunque necessaria per garantire l’efficacia al servizio della democrazia e della stabilità.

Negli scorsi mesi, alcune organizzazioni non governative (ONG) attive nel paese ha però denunciato l’intromissione delle truppe ruandesi nel vicino Kongo-Kinshasa. Anche lo stile autocratico del nuovo governo è nel mirino della critica.

Le ONG chiedono al Consiglio federale un impegno notevolmente superiore a quello prestato fin ora. Ma al Dipartimento degli affari esteri non ci si sbilancia: un contributo che rimanga nelle dimensioni di quanto prestato negli anni scorsi potrebbe trovare un consenso. Dopo il rapporto della delegazione, il governo sarà chiamato ad esprimersi.

swissinfo e agenzie

Dopo la guerra civile del 1994, l’aiuto è ripreso nel 1998
Contributi federali per il 2002: 4,2 milioni; 2003: 6,8 milioni; 2004: 5,9 milioni
Fra il 1963 e il 1993 la Svizzera ha sostenuto il Ruanda con 300 milioni di franchi

A inizio 2005, la giustizia sta formulando i capi d’accusa per il genocidio del 1994 nel quale furono trucidati 800.000 tutsi e hutu moderati.

Vi sono già 80.000 persone incriminate; un ulteriore milione aspetta un procedimento per corresponsabilità.

Per questo molti di questi casi saranno trasferiti a tribunali «gacaca», una combinazione fra tradizionali istituzioni locali e standard moderni. Negli ultimi due anni migliaia di persone sono stati ascoltati da 751 gacaca.

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