Amianto, la causa di un dramma senza fine
In 1500 chiedono nuovamente giustizia per l’amianto che uccide.
A Casale Monferrato, in Piemonte, l’associazione delle famiglie delle vittime dell’amianto ha fatto partire in questi giorni la raccolta delle firme per far riaprire il processo a carico della Eternit Spa appartenuta allo svizzero Stephan Schmidheiny.
Una catastrofe, un dramma senza fine di cui poco si parla. Ma a Casale Monferrato, una zona più conosciuta per il vino e la buona cucina, da anni si muore di mesotelioma. Un male terribile che colpisce la pleura, dovuto alla contaminazione da amianto.
A tenere la macabra contabilità è Bruno Pesce, presidente dell’associazione delle vittime dell’ amianto. “Negli ultimi vent’ anni abbiamo contato tra i 25 e i 30 morti l’anno direttamente o indirettamente collegati alla fabbrica”.
Il pulviscolo killer
Sì perché ad ammalarsi e poi morire non sono solo gli ex-operai della Eternit. Molte sono infatti le giovani vittime, in genere figli di chi lavorava all’interno dello stabilimento. Il pulviscolo di amianto circolava dappertutto.
“I camion, ad esempio, che portavano la materia prima alla fabbrica, dovevano attraversare l’abitato e lasciavano dietro di loro una scia di morte” dice ancora a swissinfo Bruno Pesce.
Ma non solo. I genitori che lavoravano in quella che oggi viene chiamata fabbrica della morte portavano dentro casa i filamenti appiccicati su tute, grembiuli e capelli.
Una lunga incubazione
In famiglia, quotidianamente ognuno aveva la sua dose di veleno. Dopo 15-20 anni di incubazione, operai ma anche le mogli e i figli si ritrovano il male dentro i polmoni.
“Si figuri, dice ancora Pesce, che la direzione della fabbrica permetteva agli operai di portarsi a casa gli scarti”.
Sottotetti, isolazioni interne, i vialetti dei giardini erano così ricavati con gli scarti della fabbrica.
“La situazione si fa sempre piu’ drammatica. Ormai ci stiamo avvicinando al picco. Solo nel 2003 i morti sono stati 32. Tra gennaio e marzo di quest’ anno sono già 12 i casi di mesotelioma diagnosticati. Di questo passo, a fine anno, arriviamo a 40 ammalati con il destino segnato.”
Responsabile di questo disastro, dicono a Casale, è la Eternit Spa, appartenuta al gruppo svizzero di Stephan Schmidheiny, che aveva rilevato la fabbrica nel 1973 da una società belga. Durante gli anni del boom, nella fabbrica hanno lavorato fino a 2000 persone.
Nel 1983, dopo le denunce dei sindacati, il tribunale di Casale confermava che le misure di sicurezza contro le polveri di amianto all’interno della fabbrica erano insufficienti e aveva condannato i vertici dell’ azienda a risarcire le vittime.
Nel 1986, la fabbrica, dichiara fallimento e chiude definitivamente gli stabilimenti.
Dalla massa fallimentare, le famiglie delle vittime recuperano 5 milioni di franchi quale risarcimento danni -circa 3000 franchi per ogni vittima. Cifra meramente simbolica, quando la giurisprudenza prevede almeno 850 mila franchi per ogni caso di malattia seguita da morte.
Nel 1993, in prima istanza, i dirigenti della Eternit Spa vengono condannati per omicidio colposo plurimo ma si vedono riconosciute le attenuanti.
Nel 2000 la corte di Cassazione, dopo anni di ricorsi, conferma in modo definitivo la sentenza di primo grado.
L’associazione delle vittime vuole riaprire la vertenza
“Vogliamo che sia fatta giustizia, che vengano colpiti i veri responsabili di questo massacro cioè i vertici svizzeri della Eternit da cui la direzione locale prendeva gli ordini”, dice Pesce.
Alcuni giorni fa è partita la raccolta di firme che dovrebbe coinvolgere circa 1500 persone tra familiari delle vittime e abitanti di Casale.
Una denuncia che potrebbe assumere dimensioni mai raggiunte dalla giurisprudenza italiana e forse europea.
Una questione giuridica che si presenta però tutt’ altro che semplice. In primo luogo perché dagli inizi degli anni novanta la Eternit è stata inglobata nel gruppo Holcim appartenente al fratello di Stephan, Thomas Schmidheiny. Nel novembre scorso, la Eternit è stata addirittura ceduta a un gruppo di investitori di Zugo.
Tuttavia, l’avvocato Sergio Bonetto, che rappresenta le famiglie delle vittime di Casale, si dice fiducioso. “Stiamo raccogliendo un corposo dossier su quanto è avvenuto a Casale durante gli anni. Se riuscissimo a provare che Eternit-Svizzera prendeva le decisioni sulle modalità produttive di Casale, allora i vertici di quel tempo sarebbero chiamati a rispondere penalmente. Se poi in seguito la Eternit ha cambiato titolari, i nuovi controllori, saranno chiamati a rispondere civilmente”.
swissinfo, Paolo Bertossa, Roma
L’asbestosi ha causato oltre 500 morti negli ultimi 20 anni a Casale Monferrato
La malattia può restare in incubazione per 20 anni
Negli anni 70/80, nella fabbrica lavoravano fino a 2000 persone
Oltre che a Casale, anche a Siracusa, dove fino al 1986 la Eternit possedeva una fabbrica di prodotti in amianto, è in corso un processo contro i vertici italiani della multinazionale. In Sicilia le vittime di asbestosi sono circa 500. L’accusa è di omicidio colposo.
Pochi giorni fa (come ha riferito la rivista sindacale Work di Zurigo) la parte civile ha chiesto di mettere sotto accusa anche i vertici della casa madre svizzera della Eternit fra i quali anche l’attuale consigliere federale Hans-Rudolf Merz.
Il ministro ha però già risposte alle accuse siciliane sostenendo di aver svolto per il gruppo Schmidheiny (fra gli anni ’70 e ’80) in prevalenza attività di consulenza esterna.
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