Amnesty International punta il dito contro la polizia svizzera
In Svizzera, le violazioni dei diritti umani perpetrate dai poliziotti rimangono prevalentemente impunite. Lo afferma Amnesty International in uno studio pubblicato lunedì.
Nel suo rapporto, l’organizzazione esige dalle forze dell’ordine un maggiore rispetto dei diritti umani. La conferenza dei direttori cantonali delle polizie ha respinto categoricamente le accuse.
Preoccupata per il numero crescente di testimonianze riguardo trattamenti violenti e ricorso eccessivo alla forza durante gli interventi delle forze dell’ordine, Amnesty International ha condotto una ricerca sul lavoro della polizia in Svizzera.
Il rapporto che ne consegue, intitolato “Svizzera: polizia, giustizia e diritti umani”, è stato presentato lunedì a Berna. Esso riferisce di una trentina di casi avvenuti in 14 cantoni negli ultimi anni e constata “numerose violazioni dei diritti umani commesse dalla polizia elvetica”.
Fatto “più grave”, denuncia Denise Graf, giurista presso la sezione svizzera dell’organizzazione non governativa, “la maggior parte di queste violazioni sono rimaste impunite”. Gli agenti implicati “non sono stati praticamente mai condannati, perché non c’è stata inchiesta o l’inchiesta non è stata indipendente ed esaustiva”.
Gruppi-bersaglio
Fra gli atti “incriminati” si annoverano delle violazioni particolarmente gravi dei diritti umani, che hanno provocato serie lesioni alle persone e in alcuni casi addirittura dei decessi.
Il rapporto critica gli strumenti repressivi pericolosi utilizzati, come i gas lacrimogeni in spazi chiusi, proiettili coloranti e pistole che causano elettrochoc, i cosiddetti “taser”.
Esso menziona inoltre gli interventi contro “gruppi-bersaglio” particolari come richiedenti l’asilo, persone di colore, altermondialisti e tifosi di calcio.
Infine, il testo solleva il problema della delegazione di compiti di polizia a imprese di sicurezza private, il cui personale “non è assolutamente formato al rispetto dei diritti umani”.
Campagna di sensibilizzazione
Prendendo lo spunto da questo rapporto, Amnesty lancerà nei prossimi mesi una campagna in sei cantoni – Ginevra, Vaud, Zurigo, Berna, Soletta e Basilea – e organizzerà tavole rotonde in agosto settembre con i responsabili della polizia.
Oltre a chiedere loro di agire in modo da migliorare il rispetto dei diritti umani (attraverso l’adozione di un codice di deontologia e formazioni appropriate), l’organizzazione esige l’istituzione di autorità di investigazione e di istanze di ricorso indipendenti, che permettano un esame libero da ogni condizionamento delle azioni dei corpi di polizia.
Tali richieste possono essere sottoscritte in una petizione online disponibile sul sito di AI.
Critiche respinte
Da parte loro, i responsabili delle polizie cantonali hanno reagito alle critiche di Amnesty International, definendo il rapporto “poco serio”.
Respingiamo in modo categorico le accuse, secondo le quali i poliziotti agirebbero in modo sproporzionato ed evidenzierebbero un razzismo latente, ha dichiarato Karin Keller-Sutter, vice-presidente della conferenza dei direttori cantonali di giustizia e polizia.
A suo avviso, è inoltre assolutamente sbagliato affermare che le trasgressioni dei membri delle forze dell’ordine resterebbero sistematicamente impunite.
“Non conosco nessun altro organo pubblico, in cui l’operato dei collaboratori viene controllato e sanzionato in modo così preciso”, ha aggiunto Karin Keller-Sutter.
Secondo Max Hofmann, segretario dell’Unione dei funzionari svizzeri di polizia, i 30 casi presi in esame non possono essere considerati rappresentativi, tenendo conto del fatto che in Svizzera vi sono circa 16’000 poliziotti in attività.
swissinfo e agenzie
Amnesty International è un’organizzazione non governativa fondata nel 1961 dall’avvocato inglese Peter Benenson.
Nel 1977 le è stato attribuito il premio nobel per la pace per la sua campagna contro la tortura.
Attualmente, AI conta circa 2,2 milioni di soci in oltre 150 paesi.
Istituzione di un codice etico, una migliore formazione dei poliziotti e regole chiare o divieti riguardo l’utilizzo di strumenti repressivi come le pistole che causano elettrochoc.
Investigazioni indipendenti e istanze di ricorso a livello cantonale o regionale, dove potere denunciare gli atti commessi dai corpi di polizia e ottenere una decisione celere, indipendente e imparziale.
Regole chiare riguardo la delegazione di compiti di sicurezza a imprese private.
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