Anche gli asilanti devono poter lavorare
Lo chiede il municipio di Zurigo in un appello urgente a Confederazione e cantoni, in cui propone «dieci regole per una nuova politica svizzera dell'asilo».
La maggiore città svizzera non vuole più subire le conseguenze di una politica sbagliata, che favorisce la criminalità fra i richiedenti l’asilo.
Il documento, presentato venerdì e firmato dal sindaco Ledergerber e da tutti i membri del Municipio della maggiore città elvetica, denuncia con parole molto esplicite il clima ostile nelle problematiche dell’asilo, dopo la recente bocciatura popolare dell’iniziativa dell’Udc in materia, nonché le conseguenti inasprite condizioni di vita dei profughi.
Una pressione necessaria
Il peso, anche finanziario, di questa situazione ricade soprattutto sulle città e sui comuni elvetici, ai quali Zurigo chiede di unirsi al suo appello che «pone le premesse per mitigare tale problematica e riconosce che i richiedenti l’asilo non causano soltanto costi, ma rappresentano anche un’utilità». Di qui la necessità di esercitare insieme «la necessaria pressione» sui politici e sulle autorità a livello federale e cantonale.
Il punto di partenza dell’analisi, sviluppata dal Municipio di Zurigo, è che dopo la votazione del 24 novembre Confederazione e cantoni hanno dichiarato di voler prendere sul serio le esigenze e le paure della popolazione.
Ciò ha suscitato il timore che la politica d’asilo sarebbe stata inasprita, rendendo sempre più difficile il compito di città e comuni. «È ormai tempo che la Svizzera impari ad affrontare in modo produttivo e socialmente sopportabile i crescenti movimenti migratori».
Condizioni di vita pressoché insopportabili
Oggi invece – denuncia la città di Zurigo – le cose vanno in modo ben diverso. Nel tentativo di rendere poco attrattiva la Svizzera ai potenziali richiedenti l’asilo, non soltanto negli ultimi anni sono state inasprite le condizioni d’accettazione delle domande, ma sono stati anche drasticamente tagliati i mezzi finanziari a disposizione, «riducendo in tal modo le condizioni di vita dei richiedenti l’asilo ad un livello pressoché insopportabile».
Nei centri d’accoglienza c’è meno posto disponibile per persona e l’intimità non esiste. In molti cantoni gli asilanti non possono lavorare fino a 12 mesi, sebbene la legge federali stabilisca un termine di 3 mesi.
Vengono così condannati ad una totale inattività e possono soltanto bighellonare nei luoghi pubblici, poiché strutture diurne adeguate sono raramente disponibili. E ciò li spinge a recarsi nelle località maggiori o nelle città più vicine.
Come la droga negli anni Novanta
D’altra parte, con una diaria di soli 3 franchi al giorno – insufficienti per un caffè, una birra o un pacchetto di sigarette, per non parlare di un biglietto del cinema o di una telefonata a casa – «bisogna dirlo chiaramente: questo non è altro che un invito alla piccola criminalità, al furto e persino allo spaccio di droga», scrivono gli autori dell’appello zurighese.
Secondo i firmatari, «in relazione alla politica dei rifugiati e dell’integrazione, la Svizzera è oggi in una difficile situazione simile a quella della politica della droga all’inizio degli anni Novanta». Come allora, le città ed i comuni devono sopportarne le conseguenze finali.
Per uscirne, occorre «un grande sforzo nazionale di tutte le forze politiche e delle autorità». E tale sforzo viene rappresentato sotto forma di dieci «importanti cambiamenti nella politica svizzera dell’asilo».
Le dieci raccomandazioni
La prima di queste raccomandazioni è quella di obbligare i richiedenti l’asilo a lavorare. La seconda dovrebbe, conseguentemente, impegnare cantoni, città e comuni a mettere a disposizione posti di lavoro di pubblica utilità. Seguono l’esigenza di allestire speciali programmi di formazione per ragazzi e giovani non integrabili nel normale sistema formativo, e la raccomandazione di stabilire chiare regole di autogestione dei centri nei quali pernottano gli asilanti.
Il quinto ed il sesto punto sono due chiari inviti alle autorità: ad impiegare (ed amministrare direttamente) il denaro guadagnato con il lavoro dai richiedenti l’asilo per finanziare il loro mantenimento, ed a richiedere il sostegno di parenti e connazionali che già vivono in Svizzera. Ci sono poi la richiesta di accelerare la procedura di valutazione delle domande d’asilo, e di procedere il più rapidamente possibile con il rimpatrio dei richiedenti la cui domanda è stata respinta.
Urge una conferenza nazionale
Infine, l’appello di Zurigo si conclude con la richiesta di totale copertura finanziaria, da parte della Confederazione e dei cantoni, delle prestazioni dei comuni in questo settore, e con l’invito a convocare «il più rapidamente possibile» una conferenza nazionale sull’asilo a cui partecipino la Confederazione, i cantoni, le città, i comuni e le più importanti organizzazioni attive in questo campo.
swissinfo, Silvano De Pietro
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