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Appello dei pacifisti svizzeri contro la guerra

Già lo scorso novembre si era tenuta una manifestazione pacifista a Berna Keystone

Una guerra in Iraq non deve aver luogo, nemmeno con il consenso dell'ONU: lo sostengono i rappresentanti di una vasta coalizione pacifista svizzera.

Le 90 organizzazioni organizzano, il 15 febbraio a Berna, una grande manifestazione in contemporanea con azioni analoghe nel resto d’Europa.

L’alleanza pacifista, che raggruppa una vasta gamma di partiti e di organizzazioni umanitarie e di difesa dei diritti dell’uomo, è contraria all’intervento americano nel Golfo, paventando in caso di conflitto una catastrofe umanitaria e la destabilizzazione dell’intera regione.

Basandosi su dichiarazioni di esperti delle Nazioni Unite, il direttore di Caritas, Jürg Krummenacher, ha sostenuto che il conflitto provocherebbe almeno mezzo milione di feriti e circa cinque milioni di rifugiati.

«Questa guerra colpirà un popolo che da anni soffre a causa delle sanzioni imposte all’indomani della guerra del golfo (1991)», hanno dichiarato le organizzazioni alla conferenza stampa di Berna.

All’incontro hanno partecipato anche esponenti del sindacato edilizia e industria e la presidente del partito socialista Christiane Brunner.

Attacco preventivo non conforme al diritto internazionale

Nel mondo, ogni paese è ogni giorno più concretamente confrontato alla questione se appoggiare o no gli Stati Uniti, direttamente o indirettamente, nei propri progetti bellici.

Per iniziativa di verdi e socialisti, l’Europarlamento si è schierato giovedì contro «ogni azione militare unilaterale» nella crisi irachena, affermando che «un attacco preventivo non sarebbe conforme al diritto internazionale».

«Una possibilità, non ancora un progetto»: in tal modo il ministro degli esteri del Vaticano, mons. Jean Louis Tauran ha risposto a chi gli chiedeva della possibilità di un «gesto» della Santa Sede per cercare di fermare la guerra in Iraq. Magari con l’invio di un rappresentante papale a Baghdad.

Due fronti distinti

Offerte specifiche di aiuto agli Stati Uniti in caso decida di attaccare l’Iraq sono per ora pervenute da Australia, Gran Bretagna, Israele, Italia, Giappone, Kuwait, Qatar, Spagna, Portogallo e Danimarca.

Indecisi sono invece la Nato, che rimane divisa sulla possibilità di offrire supporto indiretto agli USA, l’Arabia Saudita e la Turchia.

Contrari, come la Svizzera, restano Canada, Cina, Germania, Russia e Francia. Questi due ultimi paesi sono anche membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu con diritto di veto.

«La forza dell’Unione è nell’avere una posizione comune.» Questo il messaggio di Berlino, che si trova d’accordo con la presidenza greca dell’UE per trovare una soluzione pacifica alla crisi irachena.

Lunedì a Bruxelles i ministri degli esteri UE si erano accordati su un minimo comun denominatore, approvando insieme il principio della concessione di più tempo agli ispettori ONU in Iraq.

Tra chi si oppone alla guerra insieme alla Svizzera c’è la Finlandia, secondo cui bisogna accordare agli ispettori dell’ONU più tempo.

Come ha affermato la ministra degli esteri elvetica Micheline Calmy-Rey a Helsinki, durante la sua prima visita ufficiale all’estero, è pure necessaria una seconda risoluzione delle Nazioni Unite, in cui vi sia un chiaro riferimento al diritto internazionale.

swissinfo e agenzie

Gli USA si stanno preparando a una guerra contro l’Iraq e cercano alleati.

Per giustificare un attacco armato, il prossimo 5 febbraio intendono presentare al Consiglio di sicurezza le prove che l’Irak non rispetta le risoluzioni dell’ONU.

Gli stati europei sono divisi sul da farsi mentre, secondo un recente sondaggio, l’80 percento della popolazione sarebbe contraria alla guerra senza mandato dell’ONU.

In Svizzera, 90 organizzazioni si sono riunite in una “coalizione contro la guerra” e hanno lanciato un appello per la partecipazione alla giornata d’azione mondiale del 15 febbraio.

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