Atto finale di Helsinki: iniziate a Vienna le celebrazioni per il quarto di secolo
L'Atto finale della Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa fu firmato 25 anni fa ad Helsinki. Mercoledì a Vienna sono cominciate le celebrazioni. La Svizzera ha fatto del suo impegno nell'Osce una priorità della sua politica estera.
Con la firma di quell’atto finale da parte di 35 capi di Stato e di governo, prese vita un forum per il dialogo fra i due blocchi ideologici contrapposti di allora. Oggi, la CSCE, diventata nel frattempo Organizzazione per le sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE), si è trasformata in una sorta di “pompiere” per la prevenzione dei conflitti.
La firma dell’Atto finale di Helsinki, il 1° agosto 1975, costituì il punto culminante del processo di distensione avviato negli anni ’60, per abbandonare il clima nefasto per tutti della guerra fredda.
L’atto finale costituiva così il minimo comune denominatore fra gli interessi dell’Est e dell’Ovest ed era articolato in tre grossi capitoli: la coesistenza pacifica, la cooperazione economica e tecnica, i diritti umani.
L’Unione sovietica e i suoi satelliti mettevano così l’accento soprattutto sugli aspetti tecnici e commerciali, mentre l’Occidente puntava sul rispetto dei diritti umani. Fino al 1989, le conferenze e i seminari per il superamento delle tensioni costituirono gli unici forum d’Europa in cui i rappresentanti dei due blocchi potevano incontrarsi.
L’apertura avviata nel 1985 dal leader sovietico Gorbaciov, la caduta del Muro di Berlino nel 1989, la nascita di nuovi Stati e nuovi conflitti hanno costretto l’OSCE, di cui oggi fanno parte 55 paesi, a rivedere il suo ruolo negli anni ’90.
La prevenzione dei conflitti e la gestione delle crisi sono diventati i suoi compiti centrali. Il conflitto in Kosovo ha dimostrato i limiti dell’OSCE. In quanto organizzazione senza forza militare e priva di un’unità interna, ha dovuto cedere l’iniziativa politica e militare all’Alleanza atlantica.
Dal canto suo, la Svizzera, membro fondatore, ha fatto dell’impegno nell’ambito dell’OSCE una priorità della sua politica estera. Fin dall’inizio ha svolto un ruolo fondamentale insieme agli altri paesi neutrali.
La Confederazione si è adoperata per preparare il primo vertice della CSCE nel 72/73. Nel conflitto est-ovest dell’epoca, la Svizzera, in quanto paese neutrale, poteva un ruolo d’arbitro nelle questioni di procedura.
Nel documento finale firmato a Helsinki il 1° agosto 1975, la Svizzera riuscì a far passare un punto che le stava a cuore: la creazione di un sistema di conciliazione per risolvere le divergenze, che vide la luce nel 1995 con la Corte di conciliazione e di arbitrato dell’OSCE, a Ginevra.
Inoltre, la Svizzera ha promosso progetti in favore degli scambi di informazioni. Tra i principali risultati, le agevolazioni per il rilascio di visti ai giornalisti dei paesi dell’est.
La fine della guerra fredda ha costituito la fine anche del ruolo classico di mediazione dei paesi neutrali. La Svizzera ha però continuato ad impegnarsi nell’OSCE, che oggi, insieme al Consiglio d’Europa, è l’unica organizzazione paneuropea di cui fa parte a pieno titolo.
Il nostro paese si è particolarmente distinto durante l’anno di presidenza, nel 1996. La Svizzera ha definito i diritti dell’uomo, lo Stato di diritto e la difesa delle minoranza quali suoi obiettivi prioritari. Oggi si impegna attivamente anche nei campi della diplomazia preventiva, nella gestione delle crisi e la ricostruzione dopo i conflitti.
In Bosnia la Svizzera ha inviato 160 osservatori elettorali e un contingente di 70 militari (berretti gialli). Tra le personalità impegnate ad alto livello in missioni OSCE segnaliamo Gret Haller, mediatrice per i diritti umani in Bosnia; Peter Arbenz, coordinatore in Bosnia; Tim Guldimann, capo missione in Cecenia e Croazia; Gerald Stoudmann, direttore dell’Ufficio OSCE per le istituzioni democratiche e i diritti umani a Varsavia; Heidi Tagliavini, rappresentante dell’OSCE nel Caucaso.
swissinfo e agenzie
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