Berna collabora all’inchiesta dell’ONU sull’Iraq
La Svizzera ha deciso di accordare assistenza amministrativa all'ONU nell'inchiesta su casi di corruzione relativi al programma "cibo contro petrolio".
Gli inquirenti intendono verificare se anche aziende o cittadini in Svizzera hanno violato l’embargo internazionale decretato contro l’Iraq.
Le autorità svizzere intendono sostenere concretamente l’inchiesta avviata dalle Nazioni unite in merito a presunti casi di corruzione nell’ambito del programma “cibo contro petrolio”.
Con questo programma, iniziato nel 1996 e concluso nel 2003, il governo iracheno aveva ottenuto il permesso di vendere ogni anno delle quote di petrolio per acquistare cibo e medicinali.
L’obbiettivo era di alleviare le sofferenze della popolazione irachena, sulla quale pesava l’embargo decretato dalla comunità internazionale in seguito all’invasione del Kuwait, nel 1990, da parte delle truppe dell’ex presidente Saddam Hussein.
Diversi miliardi intascati
Secondo quanto emerso negli ultimi mesi, alcuni ex dirigenti iracheni, tra cui lo stesso Saddam Hussein, avrebbero dirottato nelle loro tasche diversi miliardi di franchi provenienti dalle vendite di petrolio.
Per far luce in quest’ambito, nell’aprile scorso le Nazioni unite hanno incaricato un Comitato d’inchiesta indipendente (IIC) d’indagare sull’impiego dei fondi e su eventuali vendite abusive di petrolio, in violazione all’embargo internazionale.
L’IIC, presieduta dall’ex presidente della Banca centrale americana Paul Volcker, si è rivolta alcuni mesi fa anche alla Svizzera per chiedere assistenza ammnistrativa.
L’inchiesta riguarda qualsiasi azienda o persona che abbia commesso azioni illegali, violando le direttive dell’ONU sull’embargo contro l’Iraq.
Un caso già punito
Il segretariato di Stato dell’economia (seco) ha deciso di concedere assistenza amministrativa all’IIC, ha comunicato domenica Othmar Wyss, responsabile del controllo delle esportazioni e delle sanzioni presso il seco.
Wyss non ha voluto fornire informazioni sul numero delle persone o delle aziende interessate da questa inchiesta dell’IIC, per la quale lavora tra l’altro anche il professore di diritto penale svizzero Mark Pieth, docente all’Università di Basilea ed esperto di corruzione.
Finora, soltanto un caso di partecipazione alla violazione dell’embargo internazionale è stato sanzionato dal seco.
Nell’ottobre scorso, il responsabile di una società ginevrina era stato condannato al pagamento di una multa di 50’000 franchi per una transazione illecita di 60’000 dollari destinata all’acquisto di petrolio iracheno.
Fondi iracheni restituti
Nel corso della settimana, il seco aveva annunciato che la Svizzera verserà una prima quota dei 180 milioni di franchi di capitali iracheni bloccati in Svizzera.
Questo importo, da 6 a 8 milioni di franchi, sarà trasferito entro la fine dell’anno al Fondo per la ricostruzione del paese mediorientale.
Finora, soltanto una piccola fetta pari a 70’000 dollari è già stata versata.
Gli averi bloccati in Svizzera appartengono a imprese e persone che avevano legami con il deposto presidente Saddam Hussein. I nomi figurano su una lista delle sanzioni dell’Onu.
swissifo e agenzie
Le Nazioni unite hanno imposto un embargo contro l’Iraq nel 1990, in seguito all’invasione del Kuwait da parte delle truppe di Saddam Hussein.
Per alleviare le sofferenze della popolazione, nel 1995 l’ONU ha varato il programma “petrolio contro cibo”, destinato all’acquisto di generali alimentari e medicinali.
Nel 2004, il segretario generale dell’ONU Kofi Annan ha istituito un comitato d’inchiesta per appurare eventuali casi di corruzione o di violazione di quest’embargo.
Le autorità svizzere hanno congelato circa 180 milioni di franchi appartenenti a imprese o persone legate all’ex presidente iracheno Saddam Hussein.
Da 6 a 8 milioni di franchi dovrebbero venir restituti entro la fine dell’anno per alimentare il fondo di ricostruzione dell’Iraq.
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