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Cheney a Davos: uniti per combattere il terrorismo

L'attesissimo discorso di Dick Cheney ha ricalcato i temi classici della politica estera degli Usa Keystone Archive

Il vicepresidente degli Stati uniti, Dick Cheney, ha scelto il Forum economico monidale di Davos per rilanciare l’invito a combattere insieme «contro il terrorismo».

Quello in Svizzera è solo il secondo viaggio ufficiale all’estero di Cheney da quando, tre anni fa, l’amministrazione Bush si è insediata a Washington.

In un discorso largamente volto alla cura delle relazioni transatlantiche, incrinatesi a proposito dell’intervento in Iraq, il vicepresidente degli Usa ha ribadito che promuovere la democrazia nel mondo arabo è una priorità.

«I popoli civilizzati devono fare tutto quanto è in loro potere per sconfiggere il terrorismo ed impedire la proliferazione delle armi di distruzione di massa», ha detto Cheney in uno dei suoi rari interventi pronunciati davanti ad una platea internazionale.

«Per vincere la lotta contro il terrorismo è necessario contrastare le ideologie della violenza alla fonte, promovendo la democrazia in Medio oriente». Per il numero due americano, la cooperazione internazionale è indispensabile al raggiungimento dell’obiettivo.

Un discorso molto atteso

Il discorso di Cheney, che ha parlato davanti ai duemila leader del mondo economico, politico ed accademico riuniti a Davos per il cosiddetto “vertice dei grandi”, era l’evento più atteso del Forum economico mondiale (WEF), i cui dibattiti si sono concentrati più volte sull’impatto reale della politica estera statunitense.

Inviando a Davos l’uomo più importante dell’amministrazione Usa, dopo il presidente, la Casa bianca vuole mandare all’Europa un chiaro segnale riguardo alla sua volontà di cooperare con il vecchio continente.

Credere nella diplomazia

Cheney ha messo l’accento sul fatto che per combattere il terrorismo, gli Usa si avvalgono anche di mezzi non militari, di un utilizzo “dolce” della forza.

«La nostra strategia per raggiungere la pace ci porta a sostenere tutti quanti lavorano e si sacrificano per mettere in atto delle riforme in Medio Oriente», ha dichiarato Cheney. «Chiediamo a tutti i nostri alleati e a tutti gli amici della democrazia, e all’Europa in particolare, di unirsi ai nostri sforzi».

Il vicepresidente degli Stati uniti ha accennato in particolare alla situazione in Iran e ha pregato i governi europei di adoperarsi affinché il governo di Teheran risponda alle «legittime richieste del popolo iraniano».

Sì alla violenza, se giustificata

Pur predicando metodi dolci, Cheney non ha esitato a difendere l’uso della forza in casi estremi ed ha giustificato la guerra preventiva condotta dagli Usa. «La minaccia del terrorismo deve essere combattuta là dove ha origine, prima che arrivi da noi».

In questo contesto, il vicepresidente degli Usa ha insistito sulla minaccia rappresentata dalle armi di distruzione di massa irachene. Una dichiarazione che va contro quanto affermato venerdì dall’ex capo degli ispettori americani, David Kay, secondo il quale gli iracheni non disponevano di questo tipo di armi.

Per Cheney, senza l’intervento di Washington, Saddam Hussein «avrebbe continuato a sfidare le nazioni unite». Fermarlo era rispondere al dovere di difendere la propria gente. «E a volte il dovere richiede di combattere in modo violento uomini violenti».

Per gli osservatori svizzeri e internazionali, il discorso di Cheney non comporta delle grandi novità. Lo si interpreta piuttosto come una riaffermazione della linea politica estera degli Usa.

swissinfo

La cooperazione internazionale per la lotta al terrorismo passa anche, secondo il vicepresidente degli Stati uniti, per la Nato. L’alleanza atlantica ha bisogno di più soldati europei.

L’Europa e il Canada avrebbero 1,4 milioni di soldati, ma all’estero – Afghanistan, Iraq, ecc. – ne sono dispiegati solo 55’000, un numero insufficiente, secondo Cheney.

Gli Usa vogliono un’Europa forte. Per Cheney, è essenziale che mentre sta sviluppando una sua politica di difesa comunitaria, l’Unione europea continui a collaborare con la Nato, per ripartire al meglio i compiti e le responsabilità ed evitare gli sprechi e i doppioni.

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