Dall’EPO alla nicotina, le sfide dell’antidoping
Dotata di un'agenzia antidoping indipendente, la Svizzera può contare sulle competenze di un laboratorio di fama internazionale. Il suo direttore, Martial Saugy, illustra le nuove sfide che lo attendono.
Antidoping Svizzera, l’agenzia elvetica di lotta contro il doping, ha recentemente organizzato a Losanna la seconda conferenza stampa della sua giovane storia. Grazie a un budget in crescita di un milione – su un totale di cinque – l’agenzia potrà finalmente effettuare dei controlli del sangue sugli sportivi d’élite.
«Siamo riusciti a convincere i parlamentari della nostra utilità e ad uscire da una situazione finanziaria critica. Ora si tratta di trovare il personale adeguato per i controlli del sangue e di guadagnare credibilità a livello internazionale», ha dichiarato Matthias Kamber, direttore di Antidoping Svizzera.
Dopo una partenza piuttosto zoppicante, l’agenzia nazionale di lotta contro il doping è ormai sulla buona strada. Nella sua inarrestabile battaglia contro i truffatori, Antidoping Svizzera può contare sul prezioso sostegno del Laboratorio di analisi del doping (LAD) di Losanna, che gode di un’ottima reputazione a livello mondiale. Il suo direttore Martial Saugy ci parla delle sfide che lo attendono e degli ostacoli che restano da superare.
swissinfo.ch: Quali sono le priorità nella lotta contro il doping?
Martial Saugy: Lavoriamo a diversi progetti. Il primo riguarda l’EPO, che resta uno dei prodotti dopanti maggiormente utilizzati. Si tratta di migliorare le tecniche utilizzate per arrivare in un’aula di tribunale con delle prove giuridicamente inconfutabili. Attualmente stiamo valutando un metodo di immunoestrazione, che si basa sull’utilizzo di anticorpi per purificare i campioni di CERA, l’EPO di terza generazione.
Per quanto concerne il passaporto biologico, siamo incaricati di implementare la rete a livello mondiale. È un lavoro enorme: bisogna ripensare tutta la logistica e l’organizzazione affinché le prove scientifiche vengano riconosciute in tribunale.
Il laboratorio si occupa anche della cannabis, il cui consumo durante le competizioni è proibito dal 2004. È difficile valutare il momento in cui questo prodotto è stato assunto perché la sostanza attiva rimane a lungo nell’organismo. Non si tratta di una problematica puramente scientifica, ma anche socio-politica. Gli europei sarebbero favorevoli a stralciare la cannabis dalla lista dell’Agenzia mondiale antidoping (AMA), mentre i paesi asiatici e gli Stati Uniti vi si oppongono, costi quel che costi.
swissinfo.ch: La nicotina invece non fa parte dei prodotti vietati dal codice mondiale antidoping. È una scelta problematica?
M.S.: Dall’introduzione del divieto di fumo nei locali pubblici, abbiamo osservato un aumento del consumo di snus, una polvere di tabacco umida, da masticare, proveniente dalla Svezia. Questa sostanza viene utilizzata soprattutto negli sport invernali, fino a toccare un picco del 50% tra i giocatori di hockey d’élite. Si tratta di un prodotto con proprietà sia stimolanti che rilassanti, su un breve arco di tempo.
La nicotina provoca dipendenza e per questo molti genitori di giovani sportivi sono preoccupati da questo fenomeno in crescita. Lo snus è pericoloso per la salute e il suo consumo va contro i principi sportivi. Insomma, risponde già a due dei tre criteri che definiscono un prodotto dopante… Quanto al terzo, ossia il miglioramento delle performance, il dibattito resta aperto. Ma a seconda di come viene consumata, la nicotina è un agente stimolante che ha gli stessi effetti dell’anfetamina.
Più in generale, nello sport ad alto livello vengono usati anche altri “aiuti” farmacologici, come ad esempio gli antidepressivi. Questi prodotti non sono compatibili con la mia visione dello sport. Attraverso una strategia della tolleranza, stiamo creando delle dipendenze.
Invito dunque l’AMA a prestare maggior attenzione al problema. Quando finalmente si affronterà la questione, si potranno prendere delle misure concrete, come già successo per la pseudoefedrina (ndr. utilizzata come decongestionante nasale) che dal 1° gennaio 2010 è stata reinserita nella lista dei prodotti vietati.
swissinfo.ch: Nello sport ad alto livello il doping continua a perfezionarsi. L’agenzia francese di lotta contro il doping ha recentemente parlato di procedure che permettono agli atleti di risultare negativi ai controlli malgrado il consumo di sostanze vietate. Di cosa si tratta ?
M.S.: Si tratta di modalità particolari di assunzione di prodotti dopanti che permettono di sfuggire ai controlli di laboratorio. Un esempio: un atleta consuma un prodotto illegale alle 23h che non sarà più rintracciabile alle 7h del mattino, ma il cui effetto sarà ancora visibile per diverse ore.
Il consumo leggero e combinato di alcuni prodotti permette inoltre di passare attraverso le maglie dell’antidoping, così come le autotrasfusioni. Alcuni tipi di EPO, sugli ottanta che conosciamo, sono tuttora difficili da scoprire.
L’unica risposta efficace che possiamo fornire è il passaporto biologico. I controlli sanguigni in un arco di tempo lungo permettono di scoprire le diverse anomalie. Anche se il prodotto non è facilmente rintracciabile, induce un cambiamento significativo nei valori sanguigni dell’atleta.
swissinfo.ch: L’interpretazione dei dati del passaporto biologico non rischia di essere combattuta davanti a un tribunale?
M.S.: Attualmente è la nostra preoccupazione maggiore. All’inizio, il codice mondiale antidoping era stato concepito in modo che fossero gli atleti a dover provare la loro innocenza, con – per esempio – dei certificati medici che spiegavano le anomalie riscontrate.
Con l’introduzione del passaporto biologico, invece, spetta alle autorità fornire le prove sufficienti. Qualsiasi dettaglio di procedura può così far cadere le accuse. Bisogna ripensare il sistema a livello giuridico in modo che torni ad essere l’atleta a dover provare la sua onestà.
In tribunale, veniamo attaccati da altri specialisti del mondo scientifico che ci vedono come dei poliziotti dello sport e tentano di discreditarci. Pertanto, le prove scientifiche sono molto solide ed accettate, ad esempio dalle scienze forensi.
La situazione è identica per quanto riguarda gli ormoni della crescita, perché questo prodotto è molto difficile da rivelare. Bisognerebbe introdurre un’analisi longitudinale. Se la situazione non dovesse mutare, le federazioni e i governi che hanno investito in un sistema credibile di lotta contro il doping vedranno i loro sforzi vanificati.
Creazione: L’agenzia svizzera contro il doping è stata creata il 1° luglio 2008. Ha la sua sede a Berna ed è diretta da Matthias Kamber. Il consiglio di fondazione, che riunisce personalità del mondo economico, politico, medico e dello sport, è presieduto dall’ex sciatrice bernese Corinne Schmidhauser.
Finanziamento: Per la prima volta, nel 2010 l’agenzia svizzera contro il doping potrà contare su un budget di 5 milioni di franchi. Il suo finanziamento è assicurato da Swiss Olympic (1,9 milioni), dalla Confederazione (2,7 milioni) e da sponsor privati. Dopo un primo rifiuto nel 2008, il parlamento ha deciso di concedere a fine 2009 un milione di franchi supplementari all’agenzia, permettendole così di effettuare controlli sanguigni e di rispettare le norme internazionali.
LAD: Antidoping Svizzera lavora a stretto contatto con il Laboratorio svizzero di analisi, uno dei 35 laboratori riconosciuti dall’Agenzia mondiale antidoping. Conta una ventina di collaboratori. Il laboratorio è specializzato in EPO, ormoni della crescita, testosterone e doping sanguigno. Il suo direttore, Martial Saugy, è anche collaboratore scientifico delle commissioni antidoping di diverse associazioni sportive internazionali.
Controlli: Nel 2009, Antidoping Svizzera ha effettuato 1479 controlli, di cui 554 durante le competizioni. Sono state riscontrate 24 violazioni delle norme antidoping. La metà dei casi (12) riguarda l’uso di cannabis, 4 di anabolizzanti e 6 di stimolanti.
Web: Il sito antidoping.ch è stato completamente ristrutturato e dispone di una banca dati con oltre 30’000 medicamenti.
Traduzione e adattamento dal francese, Stefania Summermatter
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