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Domande e risposte

Le economie dell'Europa dell'est sono in espansione: un progetto di grattacielo nel centro di Varsavia Keystone

Delle tante questioni che sono al centro del dibattito sulla Legge sulla cooperazione con gli stati dell'Unione europea (UE) ne abbiamo scelto cinque, le più rilevanti.

Il tentativo di dare una risposta equilibrata alle domande dei cittadini.

1. La legge sulla cooperazione con l’Europa dell’est apre la porta a versamenti continui ai nuovi paesi dell’UE.

La legge fissa il quadro legale per la prosecuzione degli aiuti agli stati dell’est europeo e della Comunità di stati indipendenti e per il contributo allo sviluppo dei nuovi stati dell’UE. Non si esprime però sull’entità dei contributi.

Nel memorandum d’intesa siglato da Svizzera e UE la cerchia dei beneficiari è limitata ai dieci stati che hanno aderito all’UE il 1° maggio 2004. La somma pattuita è di un miliardo di franchi.

Il memorandum non è vincolante dal punto di vista del diritto internazionale. La Svizzera non si è assunta nessun impegno che vada oltre il «miliardo di coesione». La legge lascia però aperta la possibilità di ulteriori contributi. In effetti già si parla di altri 350 milioni di franchi da destinare alla Romania e alla Bulgaria, che stanno sulla soglia dell’adesione.

In ogni caso la legge ha una validità limitata a dieci anni. La definizione dei paesi a cui i contributi sono destinati esclude la possibilità che possa servire da base ad un contributo alla Turchia, se questo paese dovesse aderire all’Unione.

2. Se la legge è approvata, il popolo non potrà più esprimersi su eventuali nuovi contributi ai paesi dell’Europa dell’est che aderiranno all’UE.

Una volta approvata, la legge sulla cooperazione con l’Europa dell’est non potrà essere sottoposta ad un altro referendum. Un nuovo credito, per esempio in favore di Romania e Bulgaria, dovrà tuttavia essere approvato e discusso dal parlamento.

Poiché la costituzione federale non prevede il referendum finanziario, il decreto relativo al finanziamento non sarebbe sottoposto al referendum.

3. I soldi destinati ai nuovi paesi dell’UE saranno sottratti ai fondi destinati all’aiuto allo sviluppo.

All’inizio delle discussioni sul «miliardo di coesione», molte organizzazioni umanitarie avevano espresso il timore che il contributo ai nuovi paesi dell’UE andasse a scapito dell’aiuto ai paesi in via di sviluppo.

Il progetto di finanziamento presentato dal governo tiene conto, almeno parzialmente, di questi timori. 400 milioni dovrebbero provenire dalle casse della Confederazione, e in particolare dai ricavi della tassazione dei risparmi di cittadini europei in Svizzera.

Altri 600 milioni dovrebbero essere compensati dal Dipartimento degli affari esteri (DFAE) e dal Dipartimento dell’economia (DFE). Tra i tagli previsti dal governo per compensare il miliardo di coesione vi è quello degli aiuti a Russia, Romania e Bulgaria.

Questi tre paesi non rientrano nella categoria dei paesi in via di sviluppo definita dall’OCSE. Tuttavia, anche con la loro esclusione dagli aiuti elvetici, 45-50 milioni l’anno destinati ai nuovi paesi UE sarebbero sottratti ai paesi in via di sviluppo. Per questo il parlamento preferirebbe far compensare solo 500 milioni al DFAE e al DFE.

4. Un no alla legge sulla cooperazione con l’Europa metterebbe in pericolo le relazioni bilaterali tra Svizzera e UE.

Dal punto di vista strettamente legale, la Svizzera non ha stipulato nessun accordo vincolante con l’UE per il versamento del «miliardo di coesione». Manuel Barroso, presidente della Commissione europea, ha tuttavia lasciato intendere che un no svizzero sarebbe recepito molto negativamente.

Ci si può aspettare una minore disponibilità al compromesso da parte di Bruxelles nelle questioni bilaterali. Anche le aziende svizzere che operano nell’Europa dell’est potrebbero scontrarsi con maggiori ostacoli.

Tuttavia le relazioni bilaterali dipendono anche dagli interessi delle due parti a trovare un terreno d’intesa. Svizzera e UE continuerebbero ad avere interesse ad una buona collaborazione.

5. Le imprese svizzere trarranno profitto dall’aiuto ai nuovi paesi dell’UE.

La cooperazione bilaterale con i nuovi paesi dell’UE genera anche commesse per l’economia svizzera. Stando al DFAE, dal 1990 le aziende svizzere hanno ricevuto commesse per 780 milioni di franchi nell’ambito degli aiuti per la realizzazione di infrastrutture nei paesi in via di transizione dell’est europeo.

L’impegno finanziario della Confederazione potrebbe inoltre favorire l’accesso di imprese svizzere ai concorsi banditi nell’ambito dei programmi delle banche internazionali di sviluppo e dei fondi strutturale e di coesione dell’UE.

L’economia svizzera è già oggi presente nell’Europa dell’est. Anche se gli scambi con quest’area rappresentano solo il 3% del commercio estero della Svizzera, sono maggiori di quelli con la Cina. Questi scambi non si interromperanno neppure con un no al «miliardo di coesione». Tuttavia l’immagine delle aziende elvetiche potrebbe soffrirne.

swissinfo, Andrea Tognina

Nel corso degli ultimi 17 anni, la Confederazione ha stanziato circa 3,4 miliardi di franchi per l’aiuto ai paesi dell’Europa orientale e dell’Asia centrale.
Di questi, circa 700 milioni sono andati ai paesi che fanno ora parte dell’UE.

Il miliardo di franchi destinato ai nuovi paesi dell’UE nell’ambito della legge sulla cooperazione con l’Europa dell’est non andrà ad alimentare direttamente il cosiddetto «fondo di coesione» dell’UE.

La Svizzera ha ottenuto di trattare in via bilaterale con ogni stato beneficiario le modalità degli aiuti e di scegliere autonomamente i progetti da sostenere. Solo le linee generali del contributo svizzero sono state negoziate con l’UE e fissate in un memorandum d’intesa.

Fra i maggiori beneficiari del sostegno elvetico vi sarebbero la Polonia, a cui sono destinati circa 490 milioni di franchi, l’Ungheria (130 milioni) e la Repubblica ceca (110 milioni).

I progetti che il governo intende finanziare riguardano ambiti come la sicurezza, la riforma amministrativa, le infrastrutture, l’ambiente, le piccole e medie imprese, la ricerca e la sanità.

Sebbene il periodo di impegno svizzero sia fissato a 5 anni, la diversa durata dei progetti farà sì che in realtà il miliardo di franchi previsto sia speso sull’arco di 10 anni.

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