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Ed Fagan fa causa all’UBS

L'avvocato americano passa dalle parole ai fatti: la causa contro UBS è stata depositata in tribunale Keystone

L'avvocato americano Ed Fagan chiede indennizzi per 43,6 miliardi di franchi alla prima banca svizzera.

L’UBS respinge le accuse: non c’è collegamento diretto fra l’istituto e la Interhandel/I.G. Farben, azienda macchiata dal collaborazionismo col regime nazista.

L’avvocato americano Ed Fagan, assurto a notorietà internazionale per la vicenda dei fondi ebraici, ha inoltrato giovedì una denuncia alla corte distrettuale di Brooklin contro l’UBS. Chiede indennizzi per più di 35 miliardi di dollari, pari a 43,6 miliardi di franchi.

Fagan sostiene che la banca è il «successore» legale della I.G. Farben, il colosso chimico tedesco che al tempo nel nazismo impiegò migliaia di lavoratori coatti.

UBS respinge l’accusa


La notizia della denuncia era stata preannunciata giovedì da New York dallo stesso Fagan. L’annuncio ufficiale è avvenuto il giorno dopo a Francoforte, davanti alla sede della I.G. Farben, ormai in liquidazione, ma le cui azioni sono tutt’ora negoziate alla borsa locale. Fagan ne rappresenta gli azionisti.

Egli sostiene, documenti alla mano, che l’UBS si è impossessata degli attivi di I.G Farben inglobando nelle sue strutture nel 1967 la Intehandel. Questa holding finanziaria era stata fondata nel 1928/29 a Basilea dalla IG Farben con il nome di IG Chemie ed stata formalmente staccata dalla casa madre ed «elvetizzata» nel 1940.

Per il portavoce dell’istituto di credito Christoph Meier, le rivendicazioni contro UBS non hanno fondamento. La banca, ha aggiunto, non crede che la vicenda possa nuocere alla sua reputazione. Meier ha anche citato uno studio della commissione Bergier sulla vicenda I.G Chemie/Interhandel che conferma il punto di vista.

Questione annosa

La vertenza, esplosa nel Dopoguerra, riguarda il controllo degli stabilimenti chimici negli USA già appartenuti alla IG Farben, riuniti nel 1939 nella GAF (General Aniline & Film Corporation) e confiscati dagli USA nel 1942 come «patrimonio nemico».

Dopo lo scioglimento dell’unione tra la IG Farben e la IG Chemie nel 1940, la parte svizzera dell’azionariato di quest’ultima rivendicava la totale proprietà delle fabbriche statunitensi, cosa che le autorità di Washington non volevano riconoscere, considerando la società basilese un semplice occultamento di interessi tedeschi.

Il lungo braccio di ferro si risolse nel 1965 con un compromesso. La GAF fu messa all’asta: allo stato USA andò il 60 per cento, ai proprietari di Interhandel il 40 per cento, ossia 122 milioni di dollari. Fondi che nel 1967, dopo la fusione con Interhandel, furono inglobati dall’UBS.

La versione ufficiale

Stando alla commissione Bergier, tra IG Chemie e la IG Farben c’erano effettivamente stretti rapporti durante la Seconda guerra mondiale. Tuttavia non sono state trovate prove di un controllo giuridico della IG Chemie da parte del famigerato gruppo tedesco.

La commissione giudicava quindi «ingiustificate» le pretese della IG Farben in Liquidation – che amministra ancor oggi la successione del disciolto gruppo tedesco – che dal 1983 al 1999 aveva chiesto all’UBS la «restituzione» di 4,4 miliardi di marchi.

Nel gennaio scorso, gli stessi liquidatori avevano giudicato non seria la richiesta di risarcimenti miliardari minacciata da Fagan. La società aveva fatto sapere di non aver nulla con tali rivendicazioni.

swissinfo e agenzie

1925 nasce in Germania il gruppo IG Farben, che diventa il più grande colosso chimico industriale del mondo.
1929 IG Farben apre una società finanziaria in Svizzera, la IG Chemie di Basilea.
1940 IG Chemie si stacca dalla casa madre tedesca.
1945 la società finanziaria svizzera viene ribattezzata Interhandel.
1967 UBS assorbe Interhandel.
1988 un tribunale tedesco respinge una denuncia contro l’UBS, chiamata a rispondere per le attività di IG Chemie.

In nome di due liquidatori del moribondo gruppo chimico tedesco IG Farben, Ed Fagan sostiene che la svizzera I.G. Chemie, rilevata da UBS, non si è mai separata dalla casa madre tedesca.

Anzi, la società svizzera avrebbe, sotto false sembianze, continuato ad operare attivamente in favore del gruppo chimico tedesco. IG Farben sarebbe stata in particolare una centrale di riciclaggio di denaro sporco proveniente dalla Germania.

L’avvocato americano afferma di detenere nuove prove a sostegno delle sue accuse.

Le tesi di Fagan non hanno però trovato conferma nel rapporto elaborato dalla Commissione Bergier per far luce sulle attività della Svizzera durante la Seconda guerra mondiale.

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