Esperti divisi sui militari svizzeri in Kosovo
La proclamazione unilaterale dell'indipendenza, decisa dal parlamento di Pristina il 17 febbraio, riapre la discussione sulla presenza militare svizzera in Kosovo (Swisscoy).
Una questione giuridica e diplomatica che divide esperti e politici. Alcuni di loro ritengono che non ci siano più le basi legali per proseguire la missione di Swisscoy nell’ex provincia serba.
La Svizzera è presente nel Kosovo dal 1999. Il contingente elvetico Swisscoy è integrato alla KFOR, la forza multinazionale di pace guidata dalla NATO sotto l’amministrazione dell’ONU.
Swisscoy comprende attualmente 220 persone. La maggior parte di loro è attiva a Suva Reka ed opera unitamente alle forze austriache e tedesche. La missione del contingente svizzero consiste nel fornire prestazioni a favore dell’intera KFOR in quattro settori: logistica, fanteria, polizia militare e trasporto aereo (tramite elicotteri).
Alla vigilia della dichiarazione d’indipendenza diversi esperti e politici si sono interrogati sulla legittimità della presenza militare svizzera dopo una tale svolta, divenuta realtà il 17 febbraio 2008.
Un pericoloso precedente
Per il professor Thomas Fleiner – costituzionalista e direttore dell’Istituto sul federalismo dell’Università di Friborgo e già consulente giuridico della delegazione serba nel quadro dei negoziati sul Kosovo – la questione è chiara. “Con la proclamazione unilaterale di indipendenza – ci dice – vengono a mancare tutte le basi legali del diritto internazionale per proseguire la missione”.
“Senza contare – prosegue Fleiner, già consulente del governo serbo nell’ambito dei negoziati sullo statuto del Kosovo – che questa proclamazione unilaterale rischia di creare un pericoloso precedente”. I serbi di Bosnia potrebbero ad esempio sentirsi autorizzati a reclamare la secessione e chiedere la loro annessione al resto della Serbia. La stessa cosa potrebbero fare i croati di Bosnia.
“Tutto questo potrebbe destabilizzare l’intera regione. Senza contare che il fenomeno secessionista potrebbe investire anche altre altri paesi: l’Ossezia, l’Abcazia, la Moldavia o altri continenti, come l’Africa e l’Asia”.
Per il costituzionalista friborghese fa stato unicamente la risoluzione 1244 dell’ONU del 1999, che concede una vasta autonomia alla provincia kosovara, ma punta a salvaguardare l’integrità territoriale serba e giustifica la presenza delle truppe internazionali.
Neutralità in pericolo
Un’interpretazione condivisa anche dal professor Albert A. Stahel, docente di sicurezza e strategia militare presso l’Università di Zurigo. A suo avviso, il mantenimento di Swisscoy in Kosovo metterebbe in serio pericolo la neutralità svizzera.
Pure alcuni partiti come i Verdi o l’Unione democratica di centro (UDC, destra nazional-conservatrice) premono per lo stop della missione Swisscoy. Il consigliere nazionale J. Alexander Baumann afferma senza mezzi termini che le truppe svizzere vanno ritirate immediatamente senza attendere che la situazione degeneri.
“La nostra presenza in Kosovo non ha più senso e mette in pericolo la nostra posizione internazionale”, sostiene il deputato democentrista.
Basi legali immutate
Affermazioni inequivocabili che non corrispondono alla decisione presa dalla Commissione della politica di sicurezza del Consiglio nazionale (camera bassa) a fine gennaio. La Commissione è favorevole al prolungamento di Swisscoy fino al termine del 2011 e ritiene rispettate le condizioni poste dal diritto internazionale anche nel caso di un’indipendenza del Kosovo.
Secondo la Commissione e il governo svizzero l’indipendenza di Pristina da Belgrado non influisce sulla risoluzione 1244 dell’ONU, la quale manterrebbe così tutta la sua validità benché il contesto sia profondamente cambiato.
“Solamente il consiglio di sicurezza dell’ONU ha la facoltà di annullare la risoluzione” – spiega Bruno Roesli della Direzione della politica di sicurezza al Dipartimento militare federale. “Solo in questo caso, o se il consiglio di sicurezza optasse per una nuova risoluzione, il Consiglio federale dovrebbe valutare se esistono ancora le condizioni giuridiche per mantenere i nostri militi in Kosovo”.
Se il parlamento svizzero dovesse privilegiare questa interpretazione, la questione potrebbe considerarsi risolta. Tuttavia, osserva il consigliere nazionale verde Jo Lang, la dichiarazione di indipendenza potrebbe innescare una spirale di violenza in Kosovo.
In un simile scenario si porrebbe la questione del coinvolgimento di reparti militari, anche svizzeri, in situazioni di guerriglia o guerra. Un coinvolgimento però vietato dal codice militare elvetico.
Interessi economici in gioco
La questione non è unicamente giuridica. Serbia, Azerbaigian, Khirgizistan, Polonia, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan fanno parte del gruppo che la Svizzera rappresenta in seno alla istituzioni di Bretton-Woods: Banca Mondiale e Fondo monetario internazionale.
Il riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo, che il governo svizzero dovrebbe concedere, rischia d’indispettire i serbi, i quali potrebbero ritirarsi dal gruppo, indebolendo la posizione elvetica.
“La preoccupazione è lecita”, sottolinea Tanja Kocher, responsabile della comunicazione al Dipartimento federale delle finanze. “Tuttavia, il nostro rapporto con la Serbia è ottimo. Belgrado è molto soddisfatta del lavoro che svolgiamo presso le istituzioni monetarie internazionali. Escludo quindi la possibilità di una loro defezione”.
Tanta sicurezza contrasta, però, con le accese critiche che il ministro delle finanze Hans-Rudolf Merz, avrebbe espresso nei confronti della collega Calmy-Rey e della sua determinazione a volere far riconoscere lo stato appena nato.
swissinfo, Paolo Bertossa
Il 23 giugno 1999, in base alla risoluzione 1244 delle Nazioni Unite, il Consiglio federale ha adottato la decisione di principio di partecipare militarmente alla Forza multinazionale di pace attiva in Kosovo (KFOR).
Si tratta di un provvedimento nell’ambito di un pacchetto di misure volte a garantire un aiuto immediato al Kosovo nonché un contributo alla stabilizzazione della regione.
Il Parlamento svizzero ha deciso di limitare l’impiego fino al termine del 2008. Il budget per il 2006, 2007 e 2008 ammonta a 37,5 milioni di franchi all’anno.
Il 21 dicembre 2007, il Consiglio federale ha approvato il prolungamento dell’impiego Swisscoy fino alla fine del 2011. Sul tema si dovranno ora esprimere le due camere del parlamento. Il Consiglio nazionale (camera bassa) si chinerà sulla proposta nella sessione di marzo 2008.
Il riconoscimento del nuovo Stato da parte della Svizzera è di competenza del governo, che si esprimerà dopo aver sentito il parere delle commissioni di politica estera delle due Camere.
La commissione del Consiglio degli Stati (camera alta) discuterà il tema il 21 febbraio, quella del Consiglio nazionale il giorno seguente.
Teoricamente, il Consiglio federale non sarà chiamato a esprimersi in merito prima del 27 febbraio, ma si riserva comunque la possibilità di farlo – se necessario – a partire dal 22 febbraio.
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