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Gloria e declino d’una commissione screditata

Commissione o Consiglio, la sede ginevrina dell'ONU resta un cardine dei diritti dell'uomo Keystone

La Commissione dei diritti dell'uomo, che si riunisce la settimana prossima a Ginevra, è chiamata a garantire la transizione verso il Consiglio dei diritti umani.

Rievocazione dei fallimenti, ma anche dei successi della più vecchia commissione dell’ONU, in seno alla quale la Svizzera ha sviluppato la sua politica internazionale dei diritti umani.

Dopo l’adozione da parte delle Nazioni Unite il 15 maggio scorso della risoluzione fondatrice del Consiglio dei diritti umani, il suo predecessore deve ora accontentarsi di liquidare gli affari correnti.

La 62esima ed ultima sessione della Commissione dei diritti dell’uomo non è più legittimata ad intervenire nei dossier di cui finora era competente, secondo Louise Arbour.

L’Alto Commissario per i diritti dell’uomo vuole che durante questa ultima sessione la Commissione non prenda alcun iniziativa che possa nuocere al futuro Consiglio.

Per giungere alla dissoluzione definitiva del vecchio organismo dell’ONU e alla creazione del Consiglio bisognerà però aspettare ancora una settimana: lunedì i lavori della Commissione sono stati rinviati al 27 marzo.

Azione di sabotaggio

La canadese precisa che tutte le decisioni in sospeso alla Commissione saranno trasferite al Consiglio. “Non ci sarà un vuoto, ma un ritardo sarà comunque inevitabile per alcuni soggetti”, ha aggiunto Louise Arbour.

In altre parole, gli Stati che violano i diritti umani e che fanno parte di questo organismo delle Nazioni Unite non dovrebbero più poter proseguire la loro azione di sabotaggio. Sono infatti proprio questi Stati – e i loro diplomatici a Ginevra – che hanno rovinato la reputazione di questa venerabile istituzione.

Unica commissione espressamente menzionata nella Carte delle Nazioni Unite adottata nel 1945 a San Francisco, la Commissione dei diritti dell’uomo è tuttavia riuscita ad elaborare i punti essenziali del sistema internazionale di protezione delle vittime degli Stati liberticidi. Pietra miliare è la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, trattato adottato a Parigi nel 1948.

In seguito, la Commissione ha proseguito a costruire il suo castello giuridico, malgrado i tumulti della Storia, a cominciare dalla Guerra fredda e dalla decolonizzazione.

La svolta di Vienna

Secondo Adrien-Claude Zoller, per la Commissione l’inizio della fine risale al vertice dell’ONU sui diritti dell’uomo svoltosi a Vienna nel 1993. “Durante questa conferenza, gli Stati ostili a questi diritti si sono resi conto che potevano formare delle maggioranze”, ricorda il direttore dell’organizzazione non governativa Ginevra per i diritti dell’uomo.

Ragion per cui il vertice di Vienna ha rischiato di condurre ad una regressione in materia di protezione dei diritti umani.

Una minaccia che è planata pure quando è stato costituito il Consiglio dei diritti umani.

Come ha ricordato recentemente la ministra degli esteri svizzera Micheline Calmy-Rey, la difesa dei diritti dell’uomo è in effetti una lotta il cui esito non può mai darsi per scontato.

Impegno elvetico

La Svizzera, da parte sua, si è impegnata veramente a partire dagli anni ’80. All’epoca la Confederazione, che non faceva parte delle Nazioni Unite, si era associata al Costa Rica per proporre la sua prima risoluzione alla Commissione, un testo relativo alla prevenzione della tortura che data del 1979.

Dopo la caduta del Muro di Berlino nel 1989, la Svizzera si è implicata maggiormente. Questo impegno si è tradotto nella nomina di diversi cittadini elvetici in qualità di relatori speciali (inquirenti indipendenti) per la Commissione, come ricorda Jean-Daniel Vigny, responsabile dei diritti dell’uomo della missione svizzera presso le organizzazioni internazionali a Ginevra.

Dopo l’adesione all’ONU (accettata nel 2002 dal 54,6% della popolazione elvetica), la diplomazia svizzera è riuscita a far fruttare le competenze acquisite in seno alla Commissione riuscendo a far iscrivere nell’agenda delle Nazioni Unite la creazione del Consiglio dei diritti umani.

swissinfo, Frédéric Burnand, Ginevra
(traduzione di Daniele Mariani)

La 62esima ed ultima sessione della Commissione dei diritti dell’uomo dell’ONU, prevista per il 20 marzo, è stata spostata di 7 giorni e passerà il testimone al Consiglio dei diritti dell’uomo.
Il 9 maggio, l’Assemblea generale dell’ONU eleggerà i 47 membri di questo Consiglio. La Svizzera intende candidarsi.
Il 19 giugno a Ginevra si aprirà la prima sessione il Consiglio dei diritti umani.
Questa nuova istanza delle Nazioni Unite si riunirà almeno tre volte l’anno e potrà convocare delle riunioni d’urgenza in caso di crisi.

La Commissione dei diritti dell’uomo dell’ONU è stata creata nel 1946.

Ha redatto la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, che è stata adottata il 10 dicembre 1948.

Nel 1966, è riuscita a far adottare dall’Assemblea generale dell’ONU due trattati che completano la Dichiarazione del 1948: il patto dei diritti civili e politici e quello dei diritti economici, sociali e culturali.

Dal 1967, la Commissione si è concentrata sullo sviluppo dei meccanismi e delle procedure d’inchiesta per combattere le violazioni di questi diritti.

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