I diritti dell’uomo alla prova della realtà
La creazione del Consiglio per i diritti dell'uomo è stata definita un trionfo per la diplomazia svizzera. La nuova istanza potrà ora soddisfare le aspettative?
Interrogativi rimangono aperti sul ruolo degli Stati Uniti. Si teme inoltre che nella fase di transizione, quando il Consiglio rimpiazzerà la discreditata Commissione, vengano lasciate da parte questioni urgenti.
La creazione del nuovo Consiglio dei diritti dell’uomo, che dovrebbe riunirsi a Ginevra per la prima volta il 19 giugno, è stata approvata massicciamente mercoledì dagli Stati membri delle Nazioni Unite riuniti in Assemblea generale a New York.
Gli Stati Uniti – e ad altri tre paesi, tra cui Israele – si sono opposti alla risoluzione, sottolineando che non era stato fatto abbastanza per impedire a degli Stati che violano i diritti umani di occupare uno dei 47 seggi del Consiglio.
Gli ambienti diplomatici e le organizzazioni non governative hanno però relativizzato il voto negativo di Washington, che sarebbe da interpretare piuttosto come un «no moderato» e non come un’opposizione di fondo.
«Ho sempre detto di desiderare una partecipazione attiva degli Stati Uniti. Se si fossero veramente opposti all’idea stessa di un Consiglio sarebbe stato un segnale pessimo. Certo, gli americani si sono opposti, ma lo hanno fatto in maniera costruttiva, senza cercare di demolire tutti gli sforzi compiuti finora», ha dichiarato la ministra degli esteri svizzera Micheline Calmy-Rey in un’intervista a Le Temps.
Riserve
Malgrado le riserve espresse, Washington ha del resto indicato di voler cooperare affinché il Consiglio possa lavorare in maniera efficace. Finora, gli Stati Uniti non hanno comunicato se si candideranno per un seggio o meno.
Comunque, Washington ha indicato che non ridurrà il suo contributo al budget dell’ONU, budget che dovrà finanziare i 4,3 milioni di dollari (5,56 milioni di franchi) iniziali previsti per il nuovo Consiglio.
«È importante che gli Stati Uniti si siano detti disposti a lavorare con la nuova istanza», commenta Iain Levine, direttore di programma di Human Rights Watch.
Un’opinione condivisa anche dall’ONG ginevrina UN Watch, che fa parte di una coalizione di circa 45 organizzazioni non governative impegnate nel dossier.
Il suo direttore Hillel Neuer indica a swissinfo che l’opposizione degli Stati Uniti è soprattutto di «principio», ma che verosimilmente adesso Washington si impegnerà per questo Consiglio. «Non penso che il voto americano indebolirà il nuovo organismo. Del resto hanno già detto che lo finanzieranno».
«Siamo anche dell’opinione che questa risoluzione sia insufficiente, ma questo dibattito è ormai chiuso. Dobbiamo metterla in pratica nel migliore dei modi possibile e far sì che vengano eletti paesi impegnati nella difesa dei diritti umani», aggiunge Neuer.
Le stesse vecchie facce
Neuer si dice però preoccupato dal fatto che «facce conosciute» come la Cina, Cuba o lo Zimbabwe possano comunque far parte del Consiglio.
Daniel Bolomey, segretario generale di Amnesty International Svizzera, spera dal canto suo che nel nuovo consiglio siano eletti anche paesi non irreprensibili dal punto di vista del rispetto dei diritti umani.
«Penso che la partecipazione di paesi come la Cina, la Russia, Cuba o gli stessi Stati Uniti sia necessaria. Gli Stati che fanno parte del Consiglio sono obbligati a comunicare i loro risultati in materia di rispetto dei diritti dell’uomo e le ONG non mancheranno di assicurarsi che i loro rapporti siano credibili», afferma.
Processo di transizione
Secondo Amnesty, la Svizzera e Ginevra saranno ora confrontate ad una grossa sfida per garantire che le aspettative riposte nel nuovo organismo siano confermate. Inoltre, si tratterà di far sì che nella fase di transizione non finiscano nel dimenticatoio delle questioni urgenti legate ai diritti umani.
Al pari di altri gruppi di difesa dei diritti dell’uomo, Amnesty teme inoltre che dei mandati attribuiti ai relatori speciali della commissione siano soppressi.
Micheline Calmy-Rey ha da parte sua indicato a Le Temps che l’ultima sessione della Commissione dei diritti umani, che riprende lunedì dopo essere stata aggiornata per una settimana, sarà probabilmente ridotta a tre settimane e si concentrerà sul processo di transizione.
«L’obiettivo – afferma la ministra degli esteri elvetica – è che il Consiglio funzioni al più presto e nelle migliori condizioni possibili. È cruciale che il 2006 non si trasformi in un ‘buco nero’».
swissinfo, Adam Beaumont e Frédéric Burnand, Ginevra
(traduzione di Daniele Mariani)
La 62esima e ultima sessione della Commissione dei diritti umani dell’ONU riprenderà lunedì.
Il 9 maggio l’Assemblea generale eleggerà i 47 membri del nuovo Consiglio.
La prima riunione si terrà a Ginevra il 19 giugno.
Il Consiglio si riunirà tre volte l’anno per almeno 10 settimane e potrà convocare delle sessioni speciali in caso di crisi.
L’idea di un Consiglio dei diritti umani era stata lanciata nel marzo del 2004 dalla ministra degli esteri svizzera Micheline Calmy-Rey.
Nel marzo del 2005, il segretario generale dell’ONU aveva proposto a sua volta la creazione di una simile istanza.
Nel settembre del 2005, durante il vertice consacrato agli obiettivi del Millennio, l’ONU aveva adottato il principio di un Consiglio dei diritti dell’uomo.
Il 15 marzo l’Assemblea generale dell’ONU ne ha approvato la creazione in sostituzione della Commissione dei diritti umani basata a Ginevra.
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