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I pericoli di una vendita di blindati all’Iraq

Albert Stahel auspica una Svizzera neutrale nei confronti del mondo arabo Keystone

Albert Stahel, esperto di sicurezza, ammonisce il governo: vendere materiale militare all'Iraq mina la neutralità e aumenta il rischio di attentati in Svizzera.

La decisione del Governo svizzero di vendere blindati e altro materiale militare a paesi come l’Iraq e il Pakistan non cessa di riscuotere critiche.

A fine giugno, il Governo svizzero ha approvato la vendita di 180 cingolati M113 agli Emirati arabi uniti, i quali, a loro volta, ne faranno dono all’Iraq. L’esportazione di blindati leggeri verso il paese orientale ha suscitato qualche polemica in Svizzera. Le voci critiche ritengono inammissibile il fatto di vendere materiale militare ad una regione ricca di conflitti. Inoltre, questa decisione violerebbe la neutralità elvetica.

Gli attentati del sette luglio a Londra – che hanno fatto più di 50 morti e 700 feriti – hanno riacceso il dibattito: gli M113 finiranno in Iraq e un coinvolgimento nel conflitto iracheno potrebbe esporre la Confederazione ad attacchi terroristici.

Rimanere neutrali

Albert Stahel, esperto di strategia militare del Politecnico federale di Zurigo, ha definito «un errore» la decisione di esportare gli M113 svizzeri verso l’Iraq. A suo avviso, la Svizzera deve restare neutrale in merito al conflitto iracheno e deve far attenzione a non lanciare messaggi che potrebbero essere mal interpretati.

«In questa guerra dobbiamo rimanere neutri», ha dichiarato sabato in un’intervista rilasciata alla Radio della Svizzera tedesca. Se la Confederazione acconsente all’esportazione di blindati per il governo iracheno, sceglie la strada sbagliata e invece di ribadire la sua neutralità prende partito.

Il professore zurighese ha aggiunto che la Svizzera deve curare le sue relazioni con il mondo islamico se non vuole finire nel mirino di terroristi. Al centro degli attentati si è sempre trovata la problematica dell’Iraq, problematica che rimanda agli attriti tra il mondo occidentale e quello islamico.

Proprio il coinvolgimento nel conflitto iracheno fa dell’Italia e della Polonia – Stati che come Gran Bretagna e Spagna hanno o hanno avuto truppe in Iraq – due tra i paesi più a rischio d’attentati.

Alternative

I 180 carri blindati in questione, che il governo elvetico sembra intenzionato a voler lasciare arrivare in Iraq per il tramite degli Emirati arabi uniti, potrebbero essere usati per altri scopi. Stahel cita ad esempio la protezione delle rappresentanze diplomatiche straniere in Svizzera.

L’esperto di strategia militare non è il solo a pensarla a questo modo. Sempre sabato, sul quotidiano zurighese Blick, sono state pubblicate le opinioni di Boris Banga (partito socialista) e di Ulrich Schlüer (Unione democratica di centro, destra). Secondo i due politici la vendita di armamenti potrebbe aumentare il rischio di attacchi terroristici in Svizzera.

Dal canto suo Stahel giudica ancora relativamente contenuto il rischio di attacchi. Nel mondo arabo, la Svizzera godrebbe di un’immagine positiva, dovuta a molti fattori, per esempio al bene fatto attraverso il Comitato internazionale della Croce rossa.

All’alba delle esplosioni nella metropolitana di Londra, il presidente della Confederazione Samuel Schmid aveva affermato che nessuno può sentirsi al sicuro e che nemmeno la Svizzera può dormire sonni tranquilli, vista la minaccia del terrorismo.

Per Stahel fino a quando la Svizzera si dimostrerà neutrale in merito al conflitto iracheno, la Confederazione continuerà solo ad essere una «terra tranquilla e di transito» per i militanti islamici.

swissinfo e agenzie

L’esercito svizzero deve liquidare materiale per 10 miliardi di franchi (valore all’acquisto) entro il 2010. Tra il materiale in vendita ci sono 1200 blindati leggeri, del tipo M109 e M113.

Gli Emirati arabi uniti sono intenzionati ad acquistare 180 M113. I blindati verrebbero poi regalati all’Iraq. Il governo svizzero ha dato la sua approvazione di principio il 29 giugno.

I partiti di centrodestra sostengono la decisione governativa, ma la destra dura e la sinistra criticano la vendita, giudicandola lesiva della neutralità elvetica.

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