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I profili genetici, arma assoluta contro il crimine?

Quanti prelievi di saliva ci vorranno? Keystone

L'analisi del Dna per identificare gli autori di certi crimini non è contestata, ma il campo di applicazione divide il Parlamento.

La sinistra teme gli abusi, ma la destra sdrammatizza e paragona i profili genetici alle classiche impronte digitali.

È ormai vicinissima la codificazione legale del DNA nell’ambito delle inchieste giudiziarie. Martedì il Consiglio nazionale ha rivisto per la seconda volta il testo della legge, avvicinandosi ulteriormente alla versione dell’altra camera, il Consiglio degli Stati.

Il profilo genetico, già impiegato a titolo di prova, dovrebbe permettere un’identificazione affidabile degli autori di un delitto e scagionare con certezza i semplici sospettati. In linea di principio l’accordo è raggiunto, ma è nel dettaglio che si scontrano gli animi.

Limiti d’applicazione

La divergenza fra le due camere è essenzialmente legata alla gravità del delitto necessaria per passare alla catalogazione e alla gestione successiva dei dati. Per chi difende la sfera privata, come il garante della protezione dei dati, Hanspeter Thür, la conservazione in vasta scala di dati tanto sensibili non è giustificata.

Nei dibattiti degli ultimi mesi c’è anche chi ha profetizzato uno scenario apocalittico: attraverso una catalogazione estensiva, lo Stato conosce tutto dei propri cittadini. Dalle malattie genetiche a ipotetici geni che indicano la predisposizione al crimine. Non ci saranno più segreti.

Ma il profilo realizzato nei laboratori non permette (ancora) di identificare tutte le caratteristiche dell’individuo. Nell’aula è stato ricordato: il profilo DNA è analogo alle impronte digitali.

Soprattutto a destra si lotta contro la demonizzazione dello strumento: le indagini in grande stile saranno limitate a fatti straordinari, come nel caso di violenze sessuali, e ci vorrà un’autorizzazione del giudice competente.

La radicale argoviese Dorle Vallender ha ricordato che le indagini senza persone sospette rimangono troppo spesso senza risposte: «Il DNA offre uno strumento per trovare una soluzione in situazioni in cui gli inquirenti brancolano nel buio». E la maggioranza della camera ha seguito la sua posizione, lasciando aperta la possibilità di prelievi a tappeto.

Modelli europei

La maggior parte dei paesi europei si è già dotata di un sistema legislativo che regola l’utilizzazione del profilo genetico. Nel Regno unito, per esempio, basta ignorare un semaforo rosso per autorizzare il poliziotto a prelevare il necessario campione di saliva. Si calcola che entro il 2004 Scottland Yard disporrà di un archivio con tre milioni di profili.

In Francia ci vuole invece l’espressa volontà di un giudice e l’archiviazione è strettamente definita. Nel progetto svizzero si segue però una pista di tipo anglosassone in cui gli inquirenti avrebbero grande libertà nella gestione dei dati. Ma sui dettagli c’è ancora da limare.

Verso un accordo?

Per la sinistra, le garanzie non sono sufficienti. Attualmente le disposizioni legali sarebbero evasive e creerebbero precedenti inutili. Il gruppo socialista vuole per questo impedire la raccolta su vasta scala di dati che integrino anche persone non sospette.

Il Consiglio degli Stati voleva evitare anche l’archiviazione di ulteriori dati che potrebbero risultare discriminatori nella combinazione, come la razza, la lingua o la religione, collegati ai dati DNA. Ma il Nazionale non ha voluto riprendere la norma. Si confida nella capacità e nella professionalità degli inquirenti.

Adesso il testo ritorna all’altra camera per appianare le divergenze.

swissinfo e agenzie

La Svizzera sperimenta una banca dati di profili dna dal luglio 2000
Al febbraio 2003, vi erano registrati 27.863 profili e 4.638 tracce
In 2.313 casi è stata trovata una corrispondenza tra profilo dell’imputato e tracce raccolte sul luogo; di queste 1950 riguardano furti e rapine
Stabilire un profilo costa circa 300 franchi, analizzare una traccia 700.

L’assenza di un catalogo di delitti, confermata dal Consiglio nazionale, lascia agli ufficiali di polizia la decisione se sottoporre al test del DNA una persona arrestata, in stato di fermo o da identificare. L’esperienza fatta finora nei cantoni evidenzia alcuni rischi.

Il caso più citato in Parlamento è quello di Zurigo, che ha finora raccolto una cifra record di profili DNA applicando un’ordinanza cantonale che autorizza il prelievo «ogni volta che sia opportuno e necessario».

Il rischio è di trovarsi invischiati in una vicenda kafkiana: immaginate per esempio di andare a comprare una videocassetta e che poco dopo quel negozio venga svaligiato.

Il vostro DNA sarà trovato vicino alla cassa, insieme a quello del ladro: starà a voi dimostrare, con un alibi e un buon avvocato, che con il crimine non avete niente a che fare. Nel frattempo, sarete inseriti a pieno titolo nella rosa dei sospetti.

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