I sentieri della memoria
La fascia di frontiera fra Italia e Svizzera si trova al centro di numerose investigazioni storiche per fare luce sul buio che avvolge il periodo 1939-1945.
Anni di guerra, di fughe, di eventi drammatici che hanno segnato tutta la Svizzera italiana.
“I sentieri della memoria nel Locarnese,1939-1945” è anche il titolo del libro di Renata Broggini e Marino Viganò. Una sorta di mappa che coniuga – lungo, appunto, gli itinerari della memoria – ricordi, personaggi, eventi, vicende di frontiera.
Itinerari lungo la frontiera
Diviso in tre capitoli, il volume – che in realtà è anche una vera e propria guida – permette al lettore di inquadrare ampie pagine di storia locarnesi nel contesto più ampio della Seconda guerra mondiale mettendo a fuoco: l’elemento della frontiera (vista dall’Italia e vista dalla Svizzera), i protagonisti delle vicende di frontiera (contrabbandieri, profughi, autorità federali e cantonali).
La terza parte illustra sei itinerari della storia contemporanea tra Svizzera e Italia: sul lago il Gambarogno e la sponda di Brissago; verso i monti del Novarese le Centovalli, la Valle Onsernone e l’alta Valle Maggia; infine la val Bedretto, periferica ma – come spiegano gli autori – coinvolta dagli stessi avvenimenti accaduti nel Locarnese.
Trattative e solidarietà
“La regione – precisano Broggini e Viganò nell’introduzione – non è stata soltanto meta di fuggiaschi. Il Locanernese, in particolare Ascona, nei primi mesi del 1945 è diventato campo neutro di trattative segrete tra nazisti e angloamericani per la resa separata delle armate tedesche nell’Italia del nord con salvaguardia delle industrie di Piemonte e Lombardia”.
Occorre comunque tenere sempre presente che in quel periodo tutta la Svizzera italiana era coinvolta sia nell’accoglienza che nel soccorso. E che alla frontiera sud molte persone furono anche respinte.
Storie vecchie con occhi nuovi
Nell’accettare la sfida dell’Ente turistico del Lago Maggiore, che ha voluto questa pubblicazione, i due storici mettono in evidenza un altro aspetto forse poco conosciuto ai non addetti ai lavori: il nuovo modo di considerare le vecchie frontiere di montagna: “non rappresentano più una separazione, ma un punto di incontro fra comunità con le stesse radici. I confini di Stato sono ormai superati dal concetto di regione transfrontaliera dove le tracce del passato sono sentite come patrimonio comune”.
Nel libro si racconta di quanto fosse dura la vita della guardia di frontiera, pagata 200 franchi al mese al primo impiego (300 franchi per il capoposto nel 1944). Trasferimenti frequenti con preavviso minimo, sanzioni in denaro per chi trasgredisce al divieto di parlare ad estranei durante la pattuglia. La situazione si complica dopo la capitolazione dell’Italia.
Momenti che lasciano il segno
Ma sono anni duri e difficili per tutti. “La costante dei sei anni di emergenza bellica – scrivono gli autori – è la difficile situazione economica svizzera, che colpisce il Canton Ticino forse più di altre regioni”. Il Consiglio di Stato istituisce la Centrale cantonale dell’economia di guerra che regola la distribuzione delle speciali tessere azzurre per l’acquisto di derrate alimentari.
Il ricordo di quel periodo rimane vivo nella popolazione, come testimonia questa voce, una delle tante, raccolta nel libro: “A Locarno, ci soffermiamo alle vetrine dei negozi con sguardo incantato come chi non avesse mai visto nulla in vita sua.”
E a quel periodo a Locarno sarà dedicato un convegno alla fine del mese. Segno tangibile dell’importanza di curare… i sentieri della memoria.
swissinfo, Françoise Gehring, Locarno
Dal settembre 1943 all’aprile 1945 dall’Italia riuscirono a riparare in Svizzera 45 mila persone.
30.000 furono i militari italiani e centinaia i soldati alleati fuggiti dai campi di internamento.
15 mila i civili.
4.200 gli ebrei italiani e 1’800 apolidi e stranieri.
Il libro di Renata Broggini e Marino Viganò, pubblicato da Armando Dadò (193 pagine), è il frutto di una ricerca promossa dall’Ente turistico del Lago Maggiore.
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