I soldi per l’aiuto allo sviluppo
L'aiuto allo sviluppo è efficace? E quanto può costare allo stato? Anche in Svizzera, la cooperazione è un tema dibattuto. Nell'ultima settimana di sessione, il parlamento affronta il dibattito sul credito quadro 2009-2012 per l'aiuto allo sviluppo.
Il dibattito al Consiglio nazionale (camera del popolo) si annuncia acceso e interessante. Intanto perché il tema è da anni al centro di polemiche, sia per le frequenti critiche alla cooperazione provenienti dagli ambienti nazional-conservatori, sia per le riserve espresse tempo fa dalla commissione di gestione del Consiglio degli Stati (camera dei cantoni) sul lavoro della Direzione per lo sviluppo e la cooperazione (DSC), l’agenzia elvetica di aiuto allo sviluppo.
A preparare il terreno per un dibattito controverso ci ha pensato anche la commissione per gli affari esteri del Consiglio nazionale. Poco prima della sessione la commissione ha deciso, piuttosto a sopresa e con uno scarto minimo di voti, di proporre un graduale aumento del credito per l’aiuto allo sviluppo dallo 0,4% del reddito nazionale lordo (RNL) voluto dal governo allo 0,7% a partire dal 2015.
La proposta, avanzata dai membri ecologisti della commissione, riprende le raccomandazioni dell’ONU sugli Obiettivi per il millennio e risponde all’appello lanciato dalle organizzazioni svizzere attive nella cooperazione, che all’inizio della sessione hanno consegnato alle camere una petizione in tal senso, firmata da circa 200’000 persone. Un impegno analogo è stato assunto dai paesi dell’Unione europea.
5,3 miliardi di franchi
Lunedì il Consiglio nazionale è chiamato ad esprimersi su due messaggi del governo: il primo riguarda la cooperazione tecnica e l’aiuto finanziario a favore dei paesi in via di sviluppo. Si tratta di un credito di 4,5 miliardi di franchi sull’arco di quattro anni da destinare alle attività della DSC. Il secondo è relativo ad un credito di 800 milioni per le attività di cooperazione allo sviluppo della Segreteria di Stato per l’economia (Seco).
Secondo l’intenzione del governo, i due crediti dovrebbero permettere di portare l’impegno svizzero per l’aiuto allo sviluppo – nel calcolo sono comprese anche le operazioni di mantenimento della pace all’estero e alcune voci di spesa nell’ambito dell’asilo – allo 0,4% del prodotto nazionale lordo.
L’obiettivo non è nuovo, ma non è quasi mai stato raggiunto. Nel 2007 l’aiuto allo sviluppo è stato dello 0,37% del RNL, nonostante comprendesse già peacekeeping e asilo (insieme questi due ambiti corrispondono a circa il 12% della cifra compresa sotto la voce «aiuto allo sviluppo»).
Altri sviluppi
Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC)
Aiuti più concentrati
I messaggi del governo recepiscono anche la già annunciata riorganizzazione dell’aiuto allo sviluppo elvetico. Dal 2012 la DSC concentrerà i suoi aiuti su 12 fra i paesi più poveri del mondo: Benin, Burkina Faso, Mali, Niger, Ciad, Mozambico, Tanzania, Bangladesh, Nepal, regione del Mekong, Bolivia e America centrale.
L’agenzia si ritirerà invece da Buthan, Ecuador, India, Pakistan e Perù, mentre porterà avanti sei programmi speciali nell’Africa orientale e meridionale, in Afghanistan, in Mongolia, a Cuba e nei Territori palestinesi. Il programma d’aiuto speciale nella Corea del nord arriverà a conclusione nei prossimi anni.
La Seco dal canto suo concentrerà le sue attività su sei paesi in uno stadio di sviluppo più avanzato: Egitto, Ghana, Sudafrica, Indonesia, Vietnam, Perù e Colombia.
Altri sviluppi
Segreteria di Stato dell’economia (SECO)
Cantiere aperto
La riorganizzazione risponde parzialmente alle ripetute critiche sulle modalità di funzionamento della DSC e sulla poco chiara ripartizione dei compiti fra DSC e Seco.
La scelta dei paesi di concentrazione della Seco ha però suscitato qualche perplessità da parte delle ONG attive nella cooperazione, che temono una commistione tra obiettivi di sviluppo e interessi economici della Svizzera.
La DSC si prepara dal canto suo ad affrontare un’ampia riforma, annunciata dalla ministra degli esteri Micheline Calmy-Rey negli scorsi giorni, a un mese dall’insediamento del nuovo direttore Martin Dahinden.
La riforma dovrà permettere una migliore integrazione della DSC nel Dipartimento degli affari esteri (DFAE), ha affermato Calmy-Rey domenica in un’intervista alla NZZ am Sonntag.
In questi ultimi anni la DSC si è un po’ ripiegata su sé stessa, nel timore di farsi manipolare dalla politica, sostiene la ministra degli esteri. «Vogliamo che la DSC sia più aperta; auspichiamo inoltre una migliore collaborazione tra il DFAE e il resto dell’Amministrazione federale».
swissinfo, Andrea Tognina
Nel 2006 la Svizzera ha speso oltre 2,5 miliardi di franchi nell’ambito dell’aiuto allo sviluppo. Di questi poco più di 2 miliardi sono di origine pubblica (di cui 23 milioni a carico dei cantoni e 10 milioni a carico dei comuni), mentre le ONG private hanno speso circa mezzo miliardo di franchi.
(fonte: DSC)
Nel 2006 la DSC ha speso complessivamente 1 miliardo e 348 milioni di franchi, ripartiti tra aiuto umanitario (295 milioni), cooperazione con i paesi dell’est (91 milioni) e aiuto allo sviluppo in senso proprio (962 milioni).
Sul totale delle uscite, 427 milioni sono destinati all’aiuto multilaterale, vale a dire ai programmi di aiuto delle organizzazioni internazionali.
(fonte: DSC)
Nel 2004 l’aiuto svizzero pubblico allo sviluppo ha raggiunto quota 0,41% del prodotto nazionale lordo, nel 2005 addiritura quota 0,44%. Il risultato non si spiega però con un improvviso aumento dei crediti per la cooperazione, ma con nuovi sistemi di calcolo.
La Confederazione ha infatti deciso nel 2004 di comprendere nel bilancio dell’aiuto allo sviluppo anche le attività di promozione della pace e le misure per lo sdebitamento. Dal 2005 anche i costi dei richiedenti l’asilo durante il primo anno di soggiorno in Svizzera sono considerati parte della cooperazione svizzera allo sviluppo.
Senza queste misure contabili, nel 2005 la quota di fondi destinati all’aiuto allo sviluppo avrebbe raggiunto solo quota 0,33% del PNL.
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