Il dilemma del suicidio assistito
Aiutare chi decide di mettere fine alla propria vita è un argomento controverso, tra una morte dignitosa e dilemmi etici.
La capsula “Sarco” ha riportato il tema del suicidio assistito in primo piano. Le autorità svizzere finora hanno rifiutato di autorizzare il dispositivo, che rilascia azoto al suo interno portando alla morte semplicemente premendo un pulsante.
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Quando una persona gravemente malata decide di porre fine alla sua vita, normalmente ha affrontato un viaggio lungo e faticoso, difficile da comprendere per chi non l’ha dovuto vivere.
Due articoli di swissinfo.ch mostrano quanto possono essere difficili questi ultimi passi, tramite la storia di due giapponesi. Entrambi malati terminali, entrambi maggiorenni ma completamente dipendenti dalle cure dei genitori. Yoshi e Aina si sono registrati presso l’organizzazione basilese Lifecircle. Il suicidio assistito è infatti vietato in Giappone, ma legale in Svizzera.
Due storie simili con due finali completamente diversi: mentre Yoshi, che soffriva di sclerosi laterale amiotrofica, ha deciso di porre fine ai suoi giorni, Aina all’ultimo momento ha deciso di non suicidarsi ed è tornata in Giappone con il padre.
La morte come atto politico
Un caso che ha fatto discutere di suicidio assistito è stato quello del regista franco-svizzero Jean-Luc Godard. Considerato uno dei registi più influenti della storia, nel 2022 ha deciso di porre fine alla sua vita all’età di 91 anni a Rolle, nel canton Vaud.
“Se sono troppo malato, non voglio essere trascinato in carriola” aveva detto in un’intervista alla RTS poco prima della morte, che può essere letta come un atto politico, visto l’intenso dibattito sul tema del suicidio assistito in quel periodo in Francia.
Accesso alle case anziani
Il numero di suicidi assistiti in Svizzera ha fatto segnare una crescita costante negli ultimi anni, e l’età media di chi vi ricorre è attorno agli 80 anni. Un’età alla qual spesso si dipende da un aiuto esterno, da parte di familiari o di istituti.
Alcune case di cura vietano in Ticino però l’accesso alle organizzazioni di suicidio assistito anche, se un ospite desidera porre fine ai suoi giorni. Un problema simile si presenta anche nelle strutture grigionesi, alle cui autorità è stato chiesto di disciplinare la questione, per evitare un patchwork legale.
Libertà di scelta
Il suicidio assistito, per chi sceglie questa via, vuol dire anche libertà di scelta. Questa è anche la motivazione che spinge Alois Carnier, coordinatore regionale di Exit della Svizzera orientale, che assiste le persone che hanno deciso di porre fine alla loro vita. In un’intervista a SRF approfondisce il lato emotivo del suo lavoro, così come i casi in cui viene rifiutata una richiesta di suicidio assistito.
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