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Il Servette è solo la “punta dell’iceberg”

Non bastano i trofei per sopravvivere, come lo ha constatato a sue spese il Servette Keystone

La squadra di calcio ginevrina non è il primo club svizzero che fallisce e secondo un esperto non sarà neanche l'ultimo.

In un’intervista a swissinfo, Rogan Taylor, direttore di un istituto di ricerca inglese sul calcio, afferma che la Svizzera è probabilmente troppo piccola per avere molte squadre di vertice.

La decisione di venerdì della giustizia ginevrina di decretare il fallimento del Servette era praticamente inevitabile, non essendo il club riuscito a coprire un buco finanziario da 10 milioni di franchi.

La squadra avrebbe dovuto iniziare la seconda parte del campionato di serie A (la cosiddetta Super League) il prossimo 20 febbraio, affrontando il Grasshoppers di Zurigo, un club che pure naviga in cattive acque finanziarie.

Il mese scorso, i dirigenti di quest’ultima squadra avevano annunciato un drastico piano di riduzione dei costi per far fronte alle minacce di insolvibilità. Il presidente del club, Walter Brunner, aveva parlato di finanze “disastrate” e aveva ridotto i salari dei giocatori.

Secondo Rogan Taylor, che è alla testa dell’istituto di ricerca sul calcio dell’università britannica di Liverpool, pur riuscendo a controllare la spirale dei costi, i club non saranno mai redditizi.

swissinfo: È sorpreso dalla notizia del fallimento del Servette?

Rogan Taylor: Assolutamente no. Si tratta probabilmente solo della punta dell’iceberg, un iceberg che concerne tutti i club europei. Qui in Gran Bretagna siamo abituati a vedere delle squadre – e non solo piccole – con le spalle al muro dopo essersi a lungo dibattute in una situazione finanziaria calamitosa.

Per anni i club hanno vissuto al di sopra delle loro possibilità, facendo affidamento sui mecenati.

Il Servette ha sperato che il libanese Joseph Ferrayé si presentasse con 147 milioni di franchi per salvare il club, cosa che non è successa e adesso si trova sull’orlo del precipizio.

swissinfo: Cosa avrebbe dovuto fare il Servette per rimanere finanziariamente a galla?

R.T.: È difficile da dire, soprattutto considerando che la squadra nei suoi 115 anni di storia non ha mai registrato degli utili.

Il segreto consiste probabilmente nel provare a gestire una squadra anche con un budget limitato, basato su una valutazione realistica delle entrate e pagare i giocatori di conseguenza. E se non si riesce ad equilibrare i conti, bisogna persuadere un imprenditore locale a colmare la differenza.

In Inghilterra, la maggior parte dei 93 club professionisti sono riusciti a sopravvivere grazie a questo tipo di donazioni. Il problema è che il gioco del calcio in tutta Europa sembra dipendere esclusivamente da questi mecenati.

swissinfo: Altri club svizzeri, in particolare il Grasshoppers di Zurigo, si stanno dibattendo in una situazione non certo facile. Che consiglio potrebbe dare loro?

R.T.: Fate sì che i sostenitori acquistino delle partecipazioni nel club e lasciateli dire la loro su come mandare avanti la squadra. È quanto successo in più di 40 club britannici. Ciò che si è potuto constatare è che i fans fanno di necessità virtù, spendendo solo quello che c’è a disposizione.

Nel caso del Servette, è possibile che la squadra possa rinascere grazie a una sorta di consorzio dei fans, dove i sostenitori possono acquistare una partecipazione e fornire il loro aiuto affinché la società venga gestita in modo corretto.

swissinfo: La Svizzera è troppo piccola per avere una serie A con dieci squadre?

R.T.: È un’ipotesi plausibile. Il problema è che i diritti televisivi oggi coprono circa il 30-40% elle entrate della maggior parte delle squadre europee. Se non si possono generare entrate sufficienti perché il mercato televisivo locale è troppo piccolo, non si può fare molto.

swissinfo: Alcuni paesi hanno provato – finora senza successo – a riunire le risorse unificando i campionati. Potrebbe essere una soluzione se, ad esempio, i club svizzeri giocassero in una lega assieme a quelli austriaci?

R.T.: Senza dubbio. Il problema è però che l’UEFA, l’organo che riunisce le federazioni calcistiche europee, non sembra approvare simili riorganizzazioni. In passato sono stati fatti dei tentativi, ma l’UEFA li ha sempre respinti seccamente. Viste le circostanze attuali, è difficile prevedere cosa succederà.

swissinfo, intervista di Ramsey Zarifeh

(traduzione di Daniele Mariani)

Rogan Taylor è il direttore dell’istituto di ricerche sul calcio dell’Università di Liverpool.
Obiettivo di questo istituto è di condurre delle ricerche accademiche sugli aspetti sociale, economico, storico e politico del calcio nel mondo.

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