In Giappone il mercato è saturo
Mentre i venti di crisi sferzano l'intero pianeta, nell'ultimo scorcio del 2008 swissinfo ha raccolto le testimonianze – constatazioni, analisi e speranze – degli svizzeri espatriati nei cinque continenti. Oggi, la parola passa a Max Petitjean, distributore di vini a Tokyo.
swissinfo: Ci descriva brevemente la sua vita…
Max Petitjean: Sono il presidente fondatore di ‘Alcotrade Trust Japan Inc’, una società di distribuzione di vini di qualità provenienti da Italia, Svizzera, Francia, Austria, Sudafrica e California.
Alcotrade ha visto la luce dieci anni fa nel cuore di Tokyo, non lontano dal quartiere dei ministeri per assicurarci le licenze di importazione dei nostri prodotti. Il nostro assortimento comprende anche birra e formaggio da raclette. La nostra clientela è formata essenzialmente da alberghi, ristoranti e grandi magazzini.
swissinfo: Che cosa è cambiato nel settore della distribuzione di vini nel corso del 2008?
M.P.: Per una società di importazione come la nostra, il 2008 è stato un susseguirsi di alti e bassi, soprattutto a causa della marcata oscillazione dei tassi di cambio. Per un periodo relativamente lungo, lo yen è stato sottovalutato rispetto alle altre monete. Poi, all’improvviso, quando i mercati si sono resi conto dell’ampiezza della crisi finanziaria, è schizzato alle stelle.
Ovviamente non abbiamo potuto riversare fluttuazioni di una simile portata sui nostri prezzi e pertanto siamo stati costretti ad assorbire gran parte del rialzo dei costi attraverso una riduzione dei margini di guadagno.
Successivamente abbiamo dovuto fare i conti con l’impennata del prezzo del greggio che ha fatto lievitare i costi di trasporto. Tutto è diventato più caro e i nostri proventi hanno continuato ad assottigliarsi.
Questi eventi ci hanno indotti a procedere con maggiore cautela e a rivedere le nostre attività da cima a fondo. Questa crisi ci ha dato l’opportunità di ristrutturarci, riuscendo tuttavia a mantenere il rendimento sui livelli dello scorso anno. In altre parole, abbiamo tagliato i costi e raddoppiato il carico di lavoro di ciascun impiegato.
Attualmente registriamo un calo del volume delle ordinazioni. I nostri clienti tengono in stock il minimo indispensabile e se da un lato il numero di commesse è aumentato, dall’altro la loro entità è diminuita. Nel complesso, quindi, il profitto che ricaviamo da ciascun cliente è più esiguo.
swissinfo: Secondo Lei stiamo entrati in un periodo di crisi? Da che mondo è mondo, l’economia alterna fasi di espansione a momenti di contrazione. Che cosa c’è di diverso questa volta?
M.P.: La nostra generazione non ha ancora vissuto un periodo veramente nero. In generale, abbiamo conosciuto una progressione a ondate, certo, ma sinora nessun tsunami! Rispetto ad altri Paesi, qui in Giappone gli affari vanno ancora leggermente meglio. Ho la sensazione che la crisi non ci abbia ancora colpiti con tutta la sua forza d’urto. Prevedo comunque che la situazione si deteriorerà nei prossimi mesi di febbraio e marzo.
Il mondo di oggi è sommerso dagli eccessi. La gente è viziata all’inverosimile ed esige sempre di più. Le persone che conducono uno stile di vita superiore alle loro possibilità dovranno tornare con i piedi per terra. D’altro canto chi possiede denaro contante se la passa bene. Ma l’interrogativo rimane, tra un anno quanto varranno ancora i nostri soldi?
L’equazione è semplice: attualmente esiste una sproporzione tra il numero di lavoratori e quello degli impieghi disponibili. Meglio sarebbe quindi se le donne restassero a casa ad occuparsi dell’educazione dei figli e ad assicurare ai mariti la tranquillità necessaria per svolgere correttamente il loro lavoro.
swissinfo: È più propenso a credere che il mondo stia precipitando nel baratro oppure che una crisi non sia nient’altro che un malanno passeggero?
M.P.: Da inguaribile ottimista, sono del parere che se anche il tasso di disoccupazione dovesse balzare al 20%, il restante 80% di persone continuerà a lavorare. Certo, questa crisi non risparmierà nessuno, ma credo nella ciclicità degli eventi: se oggi una cosa va bene, domandi andrà peggio e se oggi va male domani andrà meglio.
Non dobbiamo far altro che vivere nell’attesa di giorni migliori. Inoltre, non sono del tutto convinto che il tasso di disoccupazione toccherà quota 20% e ho l’impressione che il Giappone sia meglio preparato ad affrontare la crisi.
swissinfo: Crede che da questa crisi nascerà un mondo migliore? E se ciò fosse il caso, sotto quale punto di vista?
M.P.: Nel peggiore degli scenari, ossia se la situazione dovesse precipitare, allora sì, credo che la crisi potrebbe generare un quadro economico migliore.
Nel caso di un tracollo totale, il mondo dovrebbe creare una moneta unica per porre fine a tutte le oscillazioni e speculazioni sui tassi di cambio.
Per il resto, nel mondo degli affari la concorrenza continuerà a dettare legge e a vincere sarà sempre il migliore. Le banche dovranno tornare ad occuparsi delle loro attività di base e non dovranno più essere autorizzate a speculare con il denaro altrui.
swissinfo: Da molto tempo ormai, il mondo politico-economico ha sposato la teoria e il culto della «crescita». Secondo Lei si tratta di un approccio realista, idealista o ingannevole?
M.P.: Personalmente ritengo sia un errore inseguire ossessivamente l’obiettivo della crescita e forse questa crisi ci insegnerà che nella vita esistono anche altri valori al di là del mero materialismo. Ad esempio la bellezza. Non mi crede? Mi dia un’occhiata!
swissinfo: Per concludere, di quale intervento secondo Lei necessita urgentemente il Paese in cui vive per superare le difficoltà di questo momento?
M.P.: Meno burocrati che sperperano il denaro faticosamente guadagnato dai contribuenti. Credo che se tutto il denaro sprecato dal governo fosse rimasto nelle tasche della gente, oggi non saremmo qui a parlare di crisi.
Anche se, lo ripeto, in Giappone la crisi non è ancora arrivata. Semplicemente il mercato è saturo, perché le persone hanno già tre televisori, cinque telefonini e consumano già tutto quanto di meglio produce il mondo.
swissinfo, Georges Baumgartner da Tokyo
(traduzione e adattamento di Sandra Verzasconi Catalano)
Originario di Basilea, Max Petitjean è giunto in Giappone oltre vent’anni fa.
Durante i primi dieci anni trascorsi nel Paese del Sol levante ha lavorato per un’impresa olandese di trasporti e logistica con sede a Tokyo.
In seguito, ha deciso di fondare la sua azienda, Alcotrade, specializzata nell’importazione e nella distribuzione di vini e altri prodotti alimentari.
Max Petitjean vive a Yukigawa, un quartiere residenziale a sud della capitale nipponica.
Tokyo è la capitale nonché la principale città del Giappone. La metropoli copre una superficie superiore ai 600 km2 dove vivono circa 12 milioni di abitanti. Se si considera il suo agglomerato, Tokyo costituisce la conurbazione più grande del mondo, ossia un tessuto urbano di oltre 10.000 km2, con oltre 30 milioni di abitanti e numerose città satellite.
Oggi, Tokyo e il suo agglomerato costituiscono il polo finanziario, industriale e commerciale numero uno del Giappone. Nel novero delle sue attività industriali figura l’agroalimentare, il tessile e le confezioni, le industrie pesanti, l’alta tecnologia (elettronica, ottica, apparecchi fotografici), le costruzioni meccaniche, il settore automobilistico, chimico ecc.
Nel 2007, i cittadini svizzeri domiciliati in Giappone erano 781.
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