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Incidente diplomatico a sorpresa tra Svizzera e Italia

Enrico Nan (a sinistra) e Giovanni Kessler: rocambolesco viaggio di due deputati in Ticino Keystone

Fermati a Lugano due parlamentari italiani che cercavano prove sul versamento di tangenti. Arrestato per riciclaggio anche un ex-faccendiere.

Il Ticino ancora alla ribalta quale piattaforma di operazioni poco chiare. Sullo sfondo, la grande tensione politica in Italia.

Un arresto per riciclaggio e cinque indagati per spionaggio economico e atti compiuti senza autorizzazione di uno Stato estero.

È il caotico epilogo della missione di due parlamentari italiani, Enrico Nan di Forza Italia e Giovanni Kessler dei Democratici di Sinistra, recatisi giovedì a Lugano alla ricerca di documenti comprovanti il coinvolgimento, in un affare internazionale di tangenti, di nomi eccellenti del centro-sinistra italiano.

La delegazione si è mossa sulla base delle dichiarazioni fornite da un discusso testimone, Igor Marini. Secondo lui, avrebbero ricevuto tangenti Romano Prodi, ex-premier e attualmente a capo della Commissione europea, Lamberto Dini, ex-ministro degli Esteri, e l’attuale segretario dei Democratici di Sinistra Piero Fassino.

Telekom Serbia

L’ambito è quello del processo per la vicenda Telekom Serbia, acquistata in parte da Telecom Italia nel ’97 quando era ancora pubblica. Un affare che pare proprio essere stato agevolato da un notevole giro di mazzette.

Fin da subito Prodi, Fassino e Dini hanno respinto le accuse e minacciato querele. Dal canto suo, Marini sosteneva che le prove delle tangenti legate a Telekom Serbia fossero a Lugano, in 40 scatoloni, contenenti documenti affidati ad un notaio, Gianluca Boscaro – morto un anno fa – e ora custoditi nell’Ufficio fallimenti di Lugano.

Sorpresi all’uscita

La delegazione italiana, giunta a Lugano con Igor Marini, è stata fermata dalle autorità ticinesi dopo aver visionato documenti all’Ufficio esecuzioni e fallimenti di Lugano. Mossasi forse un pò troppo velocemente e non troppo ufficialmente, la delegazione non aveva chiesto, come vuole il diritto internazionale, l’assistenza da parte svizzera.

Sono quindi stati tutti denunciati – i due parlamentari, due agenti di scorta, un magistrato consulente e il Marini – in base agli articoli 271 e 273 del codice penale svizzero, per “atti compiuti senza autorizzazione per conto di uno Stato estero” e per “spionaggio economico”.

Per Marini, inoltre, è scattato l’arresto: secondo i magistrati svizzeri, in base alle dichiarazioni da lui fornite in commissione parlamentare riguardanti movimenti di denaro di provenienza illecita, sarebbe responsabile di riciclaggio in territorio elvetico.

Il caso passa a Berna

Il Procuratore generale ticinese Bruno Balestra ha subito informato il Ministero pubblico della Confederazione, che ha assunto il caso.

E che ha immediatamente puntualizzato, alla Radio della Svizzera italiana, che “non è un caso di spionaggio ma una violazione della sovranità della Svizzera in caso di assistenza giudiziaria. Si tratta di una violazione del codice penale.”

Prima di lasciare l’Ufficio fallimenti, la delegazione aveva controllato una decina dei 40 scatoloni. Visto quanto accaduto, è prevedibile che passeranno diversi giorni, forse mesi, prima che il regolare iter burocratico permetta l’acquisizione degli eventuali documenti trovati.

Le reazioni dei due parlamentari al loro rientro

«Neanche a Cuba accadono certe cose, siamo stati trattati da prigionieri!». Nel suo studio legale di Pietra Ligure, il deputato di Forza Italia e membro della commissione d’inchiesta parlamentare su Telekom Serbia Enrico Nan si è sfogato così con i giornalisti per il trattamento riservatogli a Lugano. «Ma quale spionaggio e spionaggio – è sbottato Nan -. Il nostro viaggio in Svizzera, come semplici accompagnatori di Marini, era stato annunciato dai giornali italiani e svizzeri. Siamo andati lì come osservatori in forma privata».

«Io ritenevo, come rappresentante dei Ds nella commissione, questa immediata visita di Marini a Lugano assolutamente affrettata, inopportuna e sicuramente non il mezzo migliore per assicurare l’autenticità e la completezza delle acquisizioni di documenti che lui diceva di avere a Lugano», ha dichiarato da parte sua al Tg1 il parlamentare dei Democratici di sinistra Giovanni Kessler, l’altro componente della commissione Telekom Serbia fermato a Lugano.

Benzina sul fuoco

La vicenda arroventa ulteriormente il clima politico in Italia, alle prese con una serie di processi che coinvolgono nomi altisonanti – vedi il premier Silvio Berlusconi – avvocati e magistrati, accusati principalmente di aver pagato o intascato tangenti.

Accesissime le reazioni italiane alla vicenda luganese. Il Ministero degli Esteri italiano ha protestato per il trattamento riservato ai deputati.

Il presidente della Commissione d’inchiesta, Trantino, si è detto molto contrariato dalla decisione dell’autorità svizzera di intervenire, anticipando che pretenderà chiarimenti.

Ma gli animi si sono infuocati soprattutto tra i politici della maggioranza di centro-destra. Per l’avvocato Carlo Taormina, parlamentare di Forza Italia, le autorità ticinesi sono state pilotate dall’Italia. Ora bisognerà, secondo lui, individuare i mandanti.

swissinfo, Maddalena Guareschi, Lugano

La delegazione italiana è giunta a Lugano giovedì alla ricerca di presunti documenti scottanti
Il viaggio era in relazione alle tangenti nel processo Telekom Serbia
La Svizzera non ha gradito l’assenza d’informazione

Due parlamentari italiani, due agenti di scorta, un magistrato consulente e un testimone sono stati fermati a Lugano mentre cercavano prove su un traffico di tangenti in Italia.

La delegazione non si è mossa secondo la prassi ufficiale delle rogatorie prevista a livello internazionale in questi casi.

Secondo l’ambasciatore della Svizzera in Italia Alexis Lautenberg, questo episodio non dovrebbe ripercuotersi sulle relazioni bilaterali né pregiudicare il clima della visita di Stato che il presidente italiano Azeglio Ciampi si appresta a compiere in Svizzera, mercoledì e giovedì prossimi.

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