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Kosovo: cosa succederà dopo i festeggiamenti?

Hasan Mehani (con la bandiera svizzera) si é recato appositamente a Pristina, da Friburgo, per lo storico evento. swissinfo.ch

La dichiarazione d'indipendenza del Kosovo è commentata in termini moderatamente positivi dalla stampa svizzera: alla comprensione per le rivendicazioni locali s'aggiunge la preoccupazione per le possibili conseguenze.

In seno alla comunità internazionale, segnatamente Unione europea e Stati Uniti, si tenta di evitare che la situazione degeneri, mentre la Serbia protesta veementemente.

ll Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha aggiornato lunedì le consultazioni sul Kosovo richieste urgentemente dalla Russia dopo la dichiarazione di indipendenza unilaterale di domenica a Pristina, duramente contestata da Belgrado e considerata «nulla» da Mosca.

Al termine della seduta tenutasi durante la notte, il segretario generale dell’ONU Ban Ki-moon ha affermato che la situazione in Kosovo è calma, ma che «le parti devono evitare qualsiasi azione o dichiarazione che possa suonare come una provocazione».

Anche il Consiglio dei ministri degli Esteri dell’Unione europea è chiamato a prendere posizione sulla questione. I 17 devono tentare di raggiungere un compromesso tra i diversi orientamenti: Italia, Francia, Germania e Gran Bretagna propendono per il riconoscimento immediato, mentre gli altri membri sono più prudenti.

Critiche cinesi

Intanto la Cina, uno dei membri del Consiglio di Sicurezza dell’ONU con diritto di veto, ha affermato di essere «profondamente preoccupata» per la dichiarazione d’indipendenza da parte del Kosovo. Il portavoce del ministero degli esteri Liu Jianchao ha sottolineato che ciò «avrà un’influenza negativa sulla pace e stabilità nella regione dei Balcani». La Cina, prosegue la nota, «ha sempre sostenuto» che Serbia e Kosovo devono raggiungere un accordo «attraverso negoziati» e restando all’interno della «legalità internazionale».

Secondo gli osservatori l’evoluzione della situazione del Kosovo è rilevante per la Cina non solo a causa del problema di Taiwan ma anche per quello dello Xinjiang, la regione del nord-ovest con una forte minoranza musulmana.

«Gioia ed euforia»

Lukas Beglinger, capomissione dell’Ufficio di collegamento svizzero presso la Missione delle Nazioni Unite nel Kosovo con sede a Pristina, si è detto «impressionato dalla grande gioia e dall’euforia della popolazione in occasione dei festeggiamenti».

Il diplomatico elvetico ha sottolineato che tutto si è svolto «in un’atmosfera positiva, senza alcuna aggressività». Per quanto concerne la posizione elvetica, Beglinger ha ricordato che l’eventuale riconoscimento rientra nella sfera di competenza del governo, previa consultazione con le commissioni di politica estera delle due Camere del parlamento svizzero.

Secondo Peter Huber, sostituto del comandante del contingente svizzero in Kosovo (Swisscoy), non vi dovrebbero essere problemi per quanto concerne il settore d’impiego delle truppe: «I festeggiamenti si protrarranno verosimilmente ancora per un paio di giorni, poi tutto rientrerà nella normalità».

Opportunità per la Serbia?

In sede di commento, Cyrill Stieger della «Neue Zürcher Zeitung» sottolinea che, con la proclamazione di domenica, è terminato il processo di creazione di nuovi Stati nei Balcani occidentali. Anche se l’evento costituisce una dolorosa sconfitta per la Serbia, secondo il giornalista quanto accaduto rappresenta comunque un’opportunità per Belgrado.

La perdita del Kosovo, spiega Stieger, è l’occasione di un nuovo inizio per la Serbia, anche se le élite politiche percepiscono quanto accaduto come l’ennesima prevaricazione dell’Occidente nei confronti del loro paese. «Il Kosovo è sempre stato un corpo estraneo nello Stato serbo», scrive Stieger: Belgrado può ora abbandonare la funesta fissazione sulla questione nazionale e concentrarsi sui problemi economici e sociali.

Timori non del tutto fugati

Osvaldo Migotto, sul Corriere del Ticino, rileva come l’indipendenza riconosciuta tacitamente dai paesi europei «rappresenti una sorta di dovuta ricompensa alla popolazione kosovara di etnia albanese, per le brutalità subite in passato dai serbi. Ragionando di testa però, si può intuire che l’autoproclamata indipendenza dell’ex provincia non sarà la panacea in grado di porre fine alle tensioni ancora presenti nell’area dei Balcani».

In particolare, secondo Migotto, quanto successo «rischia di favorire le spinte centrifughe già da tempo presenti in altre aree dell’ex Jugoslavia. A cominciare dalla Bosnia, in cui i rancori e le diffidenze presenti tra le tre componenti etniche che formano la federazione sorta al termine della guerra dei Balcani sono tutt’altro che assopiti».

Dalla vicenda kosovara, aggiunge il giornalista, risulta un’ulteriore constatazione: «L’Ue ha mostrato ancora una volta la sua debolezza sul piano diplomatico. Le tradizionali divergenze di vedute esistenti tra gli Stati membri sono venute a galla, offrendo l’immagine di un’Unione che, invece di mostrarsi protagonista nella soluzione di una grave crisi che si gioca alle sue porte, va a traino della politica statunitense.»

swissinfo e agenzie

Dopo la Seconda guerra mondiale, la provincia del Kosovo gode di uno statuto di autonomia, ancorato nel 1974 nella Costituzione della Federazione jugoslava.

1989: il presidente serbo Slobodan Milosevic annulla lo statuto di autonomia e invia l’esercito in Kosovo per sedare le proteste.

1998: decine di migliaia di kosovari abbandonano le loro case in seguito ad un’offensiva condotta da Belgrado contro l’Esercito di liberazione del Kosovo (UCK).

1999: la Nato lancia una serie di attacchi aerei contro la Serbia per porre fine al conflitto tra le forze serbe e gli indipendentisti albanesi. Dopo due mesi e mezzo di bombardamenti, 50’000 soldati della Nato vengono stazionati in Kosovo e la provincia viene posta sotto il protettorato dell’Onu.

2007: il leader separatista Hashim Thaci vince le elezioni parlamentari e preannuncia la proclamazione dell’indipendenza del Kosovo.

In Svizzera vivono da 170’000 a 190’000 espatriati kosovari, ossia quasi il 10% della popolazione residente in Kosovo. Si tratta della la più folta comunità di espatriati kosovari, dopo quella che si trova in Germania.

La Confederazione partecipa dal 1999 alla missione di pace delle truppe internazionali KFOR (Kosovo Force), guidate dalla Nato. Circa 200 soldati svizzeri della Swisscoy sono stazionati in Kosovo.

La Svizzera figura tra i principali paesi donatori del Kosovo. La Direzione della cooperazione e dello sviluppo (DSC) e la Segreteria di Stato dell’economia (SECO) hanno previsto di impiegare 13,9 milioni di franchi per i programmi in Kosovo nel 2008.

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