Kosovo: decisione tecnica, non “benedizione”
L'indipendenza del Kosovo è valida: la notizia ha suscitato gioia a Pristina e costernazione a Belgrado. Secondo il giurista Jörg Künzli la sentenza della Corte internazionale dell'Aja è sostenibile, ma vi sono ancora questioni aperte.
Esprimendosi in merito alla dichiarazione d’indipendenza del 17 febbraio 2008, i giudici hanno affermato che quest’ultima non ha violato la legge generale internazionale. Inoltre, la proclamazione risulta coerente con la risoluzione ONU 1244, che poneva la regione sotto l’amministrazione provvisoria delle Nazioni Unite, in quanto essa non contiene proibizioni all’indipendenza.
Pur non essendo vincolante a livello giuridico, il parere della Corte costituisce comunque una sconfitta politica per la Serbia: Belgrado sperava infatti che i giudici contestassero la legittimità dell’indipendenza kosovara.
Per analizzare la decisione della Corte internazionale di giustizia, swissinfo.ch ha intervistato Jörg Künzli, professore di diritto internazionale pubblico all’Università di Berna.
swissinfo.ch: La decisione dei giudici è stata espressa in modo chiaro. Una sorpresa?
Jörg Künzli: Sì, poiché non ci si attendeva una formulazione così netta. La chiarezza è comunque spiegabile tenendo conto del fatto che la Corte ha circoscritto molto la questione: i giudici non hanno detto né se il Kosovo ha diritto o meno alla secessione, né se il diritto internazionale pubblico prevede una simile possibilità.
La Corte ha inoltre sottolineato che il suo parere non riguarda le conseguenze giuridiche dell’indipendenza; non dichiara cioé se il Kosovo è uno Stato. Infine, i giudici non si sono espressi sul comportamento dei paesi che hanno riconosciuto l’indipendenza del Kosovo.
swissinfo.ch: Il parere dei giudici è sostenibile dal profilo del diritto internazionale pubblico?
J.K.: Ritengo di sì. Va comunque rilevato che in questo caso si è verosimilmente trattato del massimo risultato raggiungibile con il consenso di tutti i giudici. Nella sua motivazione, la Corte ha infatti cercato di evitare nel limite del possibile gli aspetti più spinosi della questione.
Anche dopo la decisione, infatti, la nascita di un nuovo Stato resta in primo luogo condizionata da decisioni a carattere politico. In questo contesto, il diritto internazionale pubblico ha quindi un peso piuttosto limitato.
swissinfo.ch: La decisione della Corte è una pura valutazione giuridica, oppure tiene anche conto di altri elementi?
J.K.: I giudici si sono concentrati su questo singolo caso, anche se la la motivazione contiene considerazioni più generali legate al diritto internazionale pubblico.
La Corte si è però sostanzialmente limitata a verificare se la dichiarazione d’indipendenza è stata esplicitamente proibita nelle risoluzioni dell’ONU concernenti il Kosovo. Questo modo di procedere è certamente comprensibile, ma evidenza ulteriormente il carattere particolare della decisione.
swissinfo.ch: Lei ha affermato che il Kosovo è caso unico. Ciò significa che la decisione non costituisce un lasciapassare per altre regioni che aspirano all’indipendenza?
J.K.: Ogni dichiarazione d’indipendenza costituisce un caso a sé. In questo caso, si nota lo sforzo della Corte internazionale di giustizia per evitare nel limite del possibile di creare un precedente. E se anche se la decisione costituisce comunque una sorta di precedente, essa non è certamente un avallo per altre dichiarazioni d’indipendenza.
swissinfo.ch: Il presidente della Corte ha comunque dichiarato che il diritto internazionale non proibisce le dichiarazioni d’indipendenza…
J.K.: Di per sé questa considerazione non significa molto. L’elemento decisivo per i movimenti che aspirano all’indipendenza è la creazione di un nuovo Stato, e su tale questione la Corte non ha preso posizione.
swissinfo.ch: Considerato comunque che ci si attendeva dall’Aja una dichiarazione più equidistante dalle parti, la decisione della Corte può essere definita coraggiosa?
J.K.: Sì. Ciononostante, il prezzo da pagare per questa chiarezza è il fatto che la Corte ha evitato di chinarsi sugli aspetti problematici.
In altre parole: i giudici si sono limitati a dire che in questo caso il diritto internazionale ammette le dichiarazioni d’indipendenza, in quanto non sono esplicitamente vietate. La Corte ha peraltro illustrato situazioni in cui analoghe dichiarazioni sono vietate dal Consiglio di sicurezza dell’ONU, per esempio nella regione settentrionale di Cipro.
swissinfo.ch: Un tribunale internazionale può davvero risolvere conflitti di questo genere?
J.K.: Di principio sì. Ci troviamo tuttavia in una situazione delicata nella quale il diritto all’autodeterminazione dei popoli cozza con l’integrità territoriale: il diritto internazionale pubblico – una disciplina giovane – non ha ancora stabilito le regole per tutti i singoli casi.
Esso stabilisce una serie di condizioni quadro, ma all’interno di questo contesto le soluzioni per le situazioni concrete devono risultare in primo luogo da decisioni politiche.
Gaby Ochsenbein, swissinfo.ch
(traduzione e adattamento: Andrea Clementi)
La popolazione del Kosovo è di circa 2,1 milioni (stima del 2007), di cui il 93% è di religione mussulmana e il 5% serbo-ortodossa. La superficie dello Stato balcanico è di 10’887 km2 (Svizzera: 41’285 km2). Le lingue ufficiali sono albanese e serbo.
Dopo la Seconda guerra mondiale: la provincia del Kosovo gode di uno statuto di autonomia, ancorato nel 1974 nella Costituzione della Federazione jugoslava.
1989: il presidente serbo Slobodan Milosevic annulla lo statuto di autonomia e invia l’esercito in Kosovo per sedare le proteste.
1998: decine di migliaia di kosovari abbandonano le loro case in seguito ad un’offensiva condotta da Belgrado contro l’Esercito di liberazione del Kosovo (UCK).
1999: la Nato lancia una serie di attacchi aerei contro la Serbia per porre fine al conflitto tra le forze serbe e gli indipendentisti albanesi. Dopo due mesi e mezzo di bombardamenti, 50’000 soldati della Nato vengono stazionati in Kosovo e la provincia viene posta sotto il protettorato dell’Onu.
2007: il leader separatista Hashim Thaci vince le elezioni parlamentari e preannuncia la proclamazione dell’indipendenza del Kosovo.
17 febbraio 2008: il primo ministro kosovaro Hashim Thaci dichiara il Kosovo uno Stato «indipendente, sovrano e democratico».
27 febbraio 2008: la Svizzera riconosce l’indipendenza del Kosovo e instaura relazioni diplomatiche e consolari con questo nuovo paese dei Balcani.
28 marzo 2008: la ministra degli esteri svizzera inaugura l’ambasciata elvetica a Pristina.
8 ottobre 2008: l’Assemblea generale dell’ONU ha approvato la risoluzione avanzata dalla Serbia di chiedere alla Corte internazionale di giustizia dell’Aja una perizia sulla legittimità dell’indipendenza del Kosovo.
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