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L’ONU mostra i denti alla Libia

La Libia di Gheddafi è sempre più isolata Keystone

Venerdì a Ginevra, il Consiglio dei diritti umani ha condannato le violenze e ha deciso di istituire una commissione di inchiesta internazionale, raccomandando la sospensione della Libia dallo stesso organo.

Swissinfo.ch ha discusso i recenti sviluppi con Adrien-Claude Zoller, presidente di “Ginevra per i diritti umani”, un’organizzazione non governativa attiva nella formazione degli operatori umanitari.

swissinfo.ch: L’entrata della Libia al Consiglio dei diritti umani aveva sollevato molte perplessità, ma il paese era in fin dei conti stato accettato. Ora si direbbe che il vento è cambiato.

Adrien-Claude Zoller: Il Consiglio dei diritti umani è un’organizzazione che funziona come le Nazioni Unite. I suoi organi principali sono composti di Stati: se togliessimo tutti i “cattivi”, non resterebbe nessuno.

Il problema non è quindi il fatto che la Libia è membro del Consiglio; il problema è che i paesi membri si impegnano a rispettare meglio i diritti umani, mentre Tripoli fa proprio il contrario.

Esiste una disposizione – nella risoluzione del 2006 dell’assemblea generale – che consente di sospendere un membro, ed è la prima volta che si fa ricorso a questo meccanismo. In ogni caso, la decisione spetta all’Assemblea generale, non al Consiglio. Va poi ricordato che sono necessari due terzi dei voti: una quota importante, poiché due terzi dei paesi del mondo violano su larga scala i diritti umani.

swissinfo.ch: Pensa che la risoluzione sarà accettata dall’Assemblea generale?

A.-C. Z.: Sì, perché ciò offrirà un capro espiatorio ai paesi che non rispettano i diritti umani. Inoltre, per i paesi arabi questa è un’occasione di prendere la parola contro il colonnello Gheddafi.

In questo modo essi danno un segnale forte non al Consiglio dei diritti umani, bensì alle loro opinioni pubbliche, dicendo per esempio: «Noi in Qatar, noi in Arabia saudita abbiamo condannato Gheddafi e non seguiremo il suo esempio». Persino l’Iran si permette di esprimersi così. Si tratta dunque di una strategia per calmare la popolazione.

swissinfo.ch: Il Consiglio dei diritti umani è stato spesso oggetto di critiche. Questa risoluzione gli permetterà di migliorare la propria immagine?

A.-C. Z.: No, dal momento che le critiche in questione erano infondate. Infatti, dal momento che quest’organo è formato da Stati, le critiche dovrebbero essere rivolte agli Stati e alle loro votazioni in seno al Consiglio, non al Consiglio stesso. Ciò non toglie che il Consiglio sta adottando una misura storica, che equivale a un segnale molto forte.

swissinfo.ch: Mediante la sua risoluzione, il Consiglio dei diritti umani sta prendendo delle decisioni di cui Consiglio di sicurezza non osa assumersi la responsabilità? Vi è un’interazione tra i due organi?

A.-C. Z.: Le cose si sono svolte in modo differente. A Ginevra, l’Alto commissariato dei diritti umani ha fatto una dichiarazione molto forte, affermando che gli avvenimenti in Libia costituiscono dei crimini contro l’umanità, e chiedendo di fare tutto il possibile per bloccarli.

In seguito, il segretario generale dell’ONU ha telefonato al colonnello Gheddafi e il Consiglio di sicurezza si è riunito. È dunque la riunione di quest’ultimo che ha spinto il Consiglio dei diritti umani a incontrarsi a sua volta.

L’Alto commissario per i diritti umani, Navi Pillay, ha d’altronde domandato l’apertura di un’inchiesta, che ritengo essere l’elemento fondamentale della risoluzione. Tale indagine sfocerà infatti in un rapporto che arriverà sul tavolo del procuratore generale della Corte penale internazionale. Si tratta di una decisione storica nella giusta direzione, quella di far progredire il diritto penale internazionale.

swissinfo.ch: Il progetto di risoluzione è stato presentato dall’Unione europa. Come giudica la posizione europea nel dossier libico?

A.-C. Z.: L’Europa ha una sola preoccupazione, ovvero i tantissimi rifugiati che rischiano di arrivare nel continente; avrebbe invece potuto interessarsi maggiormente al destino delle vittime. Se ci fosse davvero una politica europea, essa dovrebbe allora prendere in considerazione ciò che accade fuori dai propri confini, per esempio nella regione del Mediterraneo.

Quello che sta accadendo dal profilo geopolitico e militare è una vera e propria “somalizzazione” della Libia. Più il colonnello Gheddafi resiste con le sue truppe, più le regioni del paese che si liberano andranno verso l’autogestione. Tutto questo alle frontiere del Ciad, di un’Algeria già instabile e del Darfur. Se l’Unione europea vuole una nuova Somalia dall’altro lato del Mediterraneo, non ha che da continuare così…

swissinfo.ch: Cosa fare per evitare questo scenario?

A.-C. Z.: Si doveva picchiare subito i pugni sul tavolo. Ma l’Europa non ha fatto nulla dall’inizio dei disordini, tre settimane or sono. Il Consiglio dei diritti umani sbaglia quando indica la grande Europa come colei che ha preso l’iniziativa.

Ora è necessario aumentare le pressioni su Gheddafi e il suo clan. Occorrono in particolare delle misure da parte del Consiglio di sicurezza, soprattutto per quanto concerne lo spazio aereo e lo spazio navale. Se ciò avverrà, il colonnello avrà meno forza d’urto.

Muammar Gheddafi è comparso venerdì sulla piazza verde a Tripoli: «Preparatevi a difendere la Libia», ha detto rivolgendosi alla folla.

«Io non merito di vivere se voi non mi amate. I depositi di armi sono aperti per armare il popolo e assieme combatteremo, sconfiggeremo e uccideremo chi protesta. Sarà un inferno», ha aggiunto in un discorso trasmesso pure in diretta televisiva.

«Lotteremo, lotteremo fino a riconquistare ogni pezzo del territorio libico. Li sconfiggeremo, come abbiamo sconfitto il colonialismo italiano. Guarda Europa, guarda America, questo è il popolo libico, questo è il frutto della Rivoluzione. Sono tra voi: ballate, cantate e siate felici», ha concluso.

Alla luce di quanto sta avvenendo in Libia, più di 70 organizzazioni non governative hanno chiesto che la Libia sia esclusa dal Consiglio dei diritti dell’uomo dell’Onu.

La loro richiesta si rifà all’articolo 8 della risoluzione sulla creazione del Consiglio dei diritti dell’uomo del marzo 2006.

L’Assemblea generale dell’Onu può, con una maggioranza di due terzi, sospendere a causa di gravi violazioni dei diritti dell’uomo un membro del Consiglio.

traduzione e adattamento: Andrea Clementi

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