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La diplomazia dei diritti umani di Walter Kälin

Il professor Walter Kälin, incaricato dall'ONU di occuparsi del problema dei profughi interni Keystone Archive

Da metà ottobre, il professore di diritto dell'Università di Berna Walter Kälin svolge le mansioni di incaricato speciale dell'ONU per i diritti dei profughi interni.

In un’intervista a swissinfo, l’esperto di diritti umani illustra le sue attività al servizio di Kofi Annan.

swissinfo: Da dove proviene la sua sensibilità per le questioni legate ai diritti dell’uomo e, in particolare, dei rifugiati?

Walter Kälin: A sviluppare questa sensibilità sono state esperienze pratiche, ma anche attività accademiche.

Durante il periodo in cui ero assistente universitario, mi occupavo dei problemi dei rifugiati e dei richiedenti l’asilo presso Amnesty International. In quest’ambito ho avuto l’occasione di entrare in contatto con vittime di violazioni dei diritti umani e di confrontarmi con il loro destino.

Ho quindi deciso di approfondire queste problematiche anche a livello accademico, dapprima con una tesi di dottorato dedicata al diritto dei rifugiati.

swissinfo: Nel quadro della sua nuova attività deve affrontare grandi sofferenze e miserie umane. Riesce a superare queste terribili emozioni?

W.K.: Non è sempre facile. Ancora oggi, ad esempio, mi ritornano regolarmente in mente i racconti delle vittime dell’occupazione irachena in Kuwait, che ho interrogato nel 1991, durante il mio mandato di relatore speciale per la Commissione dei diritti umani dell’ONU.

Per superare queste emozioni bisogna mantenere un atteggiamento professionale e ricordarsi il senso del proprio lavoro.

swissinfo: La sua nomina è legata anche alla crisi nella regione del Darfur, in Sudan?

W.K.: No, il posto di incaricato del segretario generale dell’ONU per i rifugiati interni è già stato creato nel 1992. Ma recentemente era giunto a scadenza il mandato del mio predecessore, il sudanese Francis Deng, con il quale ho già collaborato strettamente negli ultimi anni.

Le ragioni della mia nomina vanno ricercate piuttosto nel fatto che posso garantire una certa continuità e che disponevo già di una buona esperienza in questo campo.

Deng ed io abbiamo cercato assieme di “distillare” i diritti dei profughi interni dall’insieme del diritto internazionale. Abbiamo elaborato delle direttive – i cosiddetti “Guiding Principles” – che fissano i diritti fondamentali di queste persone.

swissinfo: Che cosa prevedono queste direttive?

W.K.: Uno degli elementi centrali è costituito dal divieto di scacciare arbitrariamente delle persone. Molti sfollati sono costretti a fuggire soltanto perché le forze statali o ribelli considerano che appartengono ad una minoranza etnica o religiosa nemica.

In secondo luogo regolano i diritti di tutte le persone che hanno dovuto rifugiarsi da qualche parte ed attendono di poter ritornare a casa.

Si tratta in particolare di proteggere in quest’ambito i bambini, spesso sfruttati come soldati da parte di bande armate, e delle donne, facili vittime di abusi sessuali nei campi per rifugiati.

Senza dimenticare che generalmente gli sfollati perdono anche i diritti elettorali, dal momento che in molti paesi si può votare soltanto nel proprio luogo di domicilio.

Il terzo punto concerne il diritto di ritorno. I profughi devono poter scegliere liberamente, quando la situazione lo permette, di ritornare a casa loro oppure di rimanere dove si trovano.

swissinfo: Vi sono delle direttive particolari che valgono soltanto per i profughi interni rispetto ai rifugiati in generale?

W.K.: Come tutti i rifugiati, anche i profughi interni sono costretti a fuggire da persecuzioni, attacchi o altri pericoli che minacciano la loro vita. Rimangono però nel loro paese e, finora, nessuna convenzione è stata adottata a livello internazionale per garantire i loro diritti.

Vi è invece una convenzione sui rifugiati, in base alla quale hanno ad esempio il diritto di asilo negli altri paesi. Grazie a questo strumento, l’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati può intervenire in loro favore.

swissinfo: In che cosa consiste esattamente il suo compito?

W.K.: Devo assumere diverse funzioni. Innanzitutto devo cercare di propagare le direttive internazionali sulla protezione dei profughi interni. Bisogna convincere i governi ad adottare e rispettare queste direttive anche se non rappresentano un trattato internazionale vincolante.

Inoltre sono chiamato a visitare dei paesi, per verificare direttamente la situazione sul posto. Queste visite servono tra l’altro a formulare delle raccomandazioni concrete per aiutare i profughi, all’indirizzo dei governi, delle Nazioni unite e delle sue organizzazioni.

Tra le mie funzioni vi è pure quella di sorvegliare il rispetto da parte degli Stati dei diritti dei profughi interni.

Tutte queste attività si traducono anche in rapporti, che vengono sottoposti all’Assemblea generale dell’ONU o alla Commissione dei diritti umani.

swissinfo: In che modo il suo incarico potrà permettere concretamente di migliorare le condizioni dei profughi?

W.K.: Con un lavoro di diplomazia dei diritti umani e con l’impiego di pressioni politiche.

Spero in ogni caso di poter convincere governi e organizzazioni ad intervenire il più possibile per migliorare la situazione dei profughi interni.

swissinfo, Renat Künzi
(traduzione Armando Mombelli)

Nel mondo vi sono circa 25 milioni di persone, considerate profughi interni.
Il maggior numero di sfollati si ritrovano in Colombia (3,5 milioni), Repubblica democratica del Congo (3,4), Caucaso, Turchia e Iraq.
Negli ultimi mesi è diventata particolarmente precaria la situazione per circa mezzo milione di profughi nella regione sudanese del Darfur.

Docente all’Università di Berna, il 53enne Walter Kälin viene considerato uno dei massimi esperti internazionali di diritti umani.

Nel 2003 è stato nominato membro della Commissione dei diritti umani delle Nazioni unite.

Nel settembre scorso ha ricevuto dal segretario generale dell’ONU Kofi Annan il mandato di incaricato speciale per i diritti dei profughi interni.

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