La Madonna del Ghisallo, patrona dei ciclisti
Sopra il lago di Como, a due passi dal confine con la Svizzera, un piccolo santuario con una grande storia: la Madonna del Ghisallo, ufficialmente patrona dei ciclisti dal 1949. Reportage da un luogo di leggenda.
Se è vero che il santuario può essere raggiunto da due versanti, quando si parla di Ghisallo o della Madonna del Ghisallo, la strada è una sola: quella che da Bellagio – comune situato al vertice del “triangolo lariano” e punto di incontro dei tre rami del lago di Como – porta a Magreglio.
La salita del Ghisallo è soprattutto una leggenda nel mondo del ciclismo, non solo un tratto classico inserito più volte nel Giro d’Italia e tradizionalmente percorso dal Giro di Lombardia.
Una leggenda che rivive anche quest’anno nella “classica delle foglie morte” (il Giro di Lombardia viene chiamato così perché in autunno chiude la stagione del ciclismo professionista), che passerà davanti al santuario, meta di migliaia di ciclisti che ogni anno fanno visita alla Madonna.
Un simbolo al centro della nuova campagna stampa del Giro di Lombardia: traendo ispirazione dal Ghisallo, l’artista britannico James Dawe ha rappresentato nella sua illustrazione una salita metaforica dall’inferno al paradiso. E c’è da scommettere che alla vigilia del mondiali di ciclismo su strada a Mendrisio, dal 23 al 27 settembre, saranno in molti ad affidarsi alla Madonna.
Quasi la meta di un pellegrinaggio
La strada che porta lassù, sopra Bellagio, sembra non finire mai. Tornanti, salite, brevi tratti di discesa, e di nuovo salite e poi ancora curve sinuose. E all’improvviso, sulla sinistra, ecco la cappella custodita, poco prima dell’ingresso, dai busti di Gino Bartali e Fausto Coppi, che richiamano i leoni delle ville romane. A fianco del santuario il Museo del ciclismo. E davanti agli occhi un panorama mozzafiato.
Quella che lega il ciclismo al Ghisallo, è una storia lunga, appassionata e carica di memorie: è uno dei luoghi più noti e suggestivi per i ciclisti di tutte le età e di tutte le categorie. E’ spesso in cima a questa salita che si sono decise o si sono concluse alcune delle competizioni più famose della storia del ciclismo: dal Giro d’Italia, al Giro di Lombardia.
Il santuario, che custodisce un dipinto della Beata Vergine Maria, risale al XVII mentre la Madonna del Ghisallo è stata ufficialmente proclamata patrona dei ciclisti nel 1949. La notorietà della salita e del santuario – legati da una particolare devozione – richiama moltissimi visitatori da tutta Italia e dal resto del mondo. Lo testimoniano le lettere provenienti dal Brasile, dalla Repubblica Ceca, dagli Stati Uniti d’America, dalla Svizzera, dalla Germania e dalla Svezia.
Il Ghisallo, Girardengo e gli svizzeri
Nell’anagrafe del ciclismo, il Ghisallo coincide con una data precisa: 2 novembre 1919, a un anno meno due giorni dalla fine della Prima Guerra mondiale. Le cronache dell’epoca della Gazzetta dello Sport, riferiscono di un numeroso gruppo di sicuri partecipanti all’imminente Giro di Lombardia, che va alla scoperta del Ghisallo, anche se allora si parla “delle salite di Magreglio”.
Tra di essi ci sono anche tre svizzeri: i fratelli Max e Henri Suter e il campione Oscar Egg, noto a livello internazionale per i suoi record di velocità. Così scrive il cronista: “Sulle salite del Magreglio, Henri Plissier e Max Suter hanno talmente impressionato Oscar Egg, che questi anziché continuare, ha fatto dietro-front ed è venuto dritto a Milano ben deciso a non affrontare avversari così ben allenati”.
Ma a quel Giro di Lombardia che inaugura il Ghisallo, c’è anche “l’uomo che sa vincere sempre”, ovvero Costante Girardengo, il campione amico del bandito Sante Pollastri la cui amicizia è stata narrata dal cantante italiano Francesco De Gregori. La durezza del primo Ghisallo della storia sta tutta nello sparuto numero di corridori – otto – che riescono a concludere quel Giro di Lombardia: si impone Girardengo, Belloni a 8 minuti, lo svizzero Henri Suter terzo dopo 23 minuti, quinto il fratello Max dopo 49 minuti.
Pagine di storia nel santuario e nel museo
Dalle strade sterrate che diventavano scivolosi ruscelli di fango quando pioveva, le cose sono cambiate. Allora pregare la Madonna per terminare la competizione sani e salvi, era un rituale che ogni corridore consumava in perfetta solitudine. Forse i burroni lungo le tappe in montagna oggi fanno meno paura e le condizioni di gara sono cambiate. Ma le insidie si possono celare dietro ogni curva, così la devozione per la Madonna continua a vivere.
Molti campioni del ciclismo, soprattutto italiani, usano donare i propri cimeli al santuario del Ghisallo. Anche solo restando sulla soglia della cappella, lo sguardo si riempie di ex voto, fotografie, medaglie, lumini accesi. Appese alle pareti, anche le biciclette usate da Bartali, Coppi e Merckx nelle loro vittorie al Tour de France. C’è poi la bici speciale usata da Moser per il record dell’ora, diverse maglie rosa, gialle e iridate.
Talmente numerosi da non trovare più posto nella piccola chiesetta, i cimeli hanno trovato con il tempo un’altra destinazione: il Museo del ciclismo, eretto a fianco del santuario e inaugurato nel 2006. Un museo dedicato agli uomini e alle donne che hanno usato e usano la bicicletta nella vita quotidiana e nelle competizioni sportive.
Concepito come un vero e proprio circuito, il Museo si sviluppa su uno scivolo a tornanti, che ricordano l’ultimo tratto della salita del Ghisallo e l’andamento di molti percorsi di montagna. Avvolto da immense vetrate, illumina con la luce della passione la storia di uno sport incredibilmente popolare.
Françoise Gehring, Magreglio (Como), swissinfo.ch
Prima dei mondiali 2009 a Mendrisio, in Ticino i campionati del mondo di ciclismo su strada si sono tenuti nel 1953 a Lugano (vittoria di Fausto Coppi), nel 1971 a Mendrisio (vittoria di Eddy Merckx), nel 1996 di nuovo a Lugano, (vittoria di Johan Museeuw).
Nel 2003, sul Monte Tamaro, sono pure stati organizzati i campionati del mondo di mountainbike.
In concomitanza con i mondiali di ciclismo su strada a Mendrisio, dal 23 al 27 settembre, il capoluogo ticinese propone altre attività, tra cui alcune mostre.
Antichità
L’esposizione Gli atleti di Zeus. Lo sport nell’antichità (dal 12 settembre 2009 al 10 gennaio 2010) presenta reperti e opere archeologiche provenienti dai musei di Basilea, Monaco, Francoforte, Karlsruhe, Kassel, Würzburg, Dresda, Ginevra, Losanna e Zurigo.
Società
Casa Croci presenta fino al 17 ottobre, la mostra A due ruote, la storia della bicicletta fra competizione e vita quotidiana partendo dagli albori del ciclismo, fino ai mondiali 2009. Presta particolare attenzione all’impatto sociale del “cavallo di acciaio” in Svizzera e in Ticino e alla dimensione associativa.
Cultura
Presso la Biblioteca dell’Accademia di architettura, invece, una mostra di libri accuratamente selezionati per il loro valore storico, annedottico, illustrativo e letterario. Dalla bicicletta nella lotta partigiana in Italia, al ciclista della domenica o al ciclista viaggiatore.
Se in Italia la patrona del ciclisti è la Madonna del Ghisallo, anche il Ticino ha il suo santuario, dal 1994: l’oratorio di San Nicolao della Flue si trova a Rivera, ai piedi del Monte Ceneri.
I ciclisti spagnoli chiedono protezione a Nuestra Senora de Dorleta, il cui santuario è situato vicino a San Sebastian, nei Paesi Baschi. Notre-Dame des Cyclistes è invece la protettrice dei ciclisti francesi; il santuario si trova vicino a Mont-de-Marsan, nella regione dell’Aquitania.
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