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La saga del prezzo dei libri si conclude alle urne

Troppo alto per i consumatori, troppo basso per i librai e gli editori: il prezzo fisso dei libri in Svizzera divide Keystone

Per i sostenitori, garantisce la pluralità dell'offerta e protegge il mercato librario indigeno. Per gli oppositori, favorisce i grandi gruppi editoriali e i venditori online esteri. Sull'introduzione della legge sul prezzo fisso dei libri si vota l'11 marzo.

La Svizzera non ha un mercato nazionale del libro completamente autonomo e omogeneo. Le tre grandi regioni linguistiche della Confederazione costituiscono tre mercati librari con caratteristiche diverse, legati ai rispettivi paesi confinanti che hanno lo stesso idioma. È da questi che proviene l’80% dei libri venduti in Svizzera.
 
In tutti i paesi confinanti attualmente il prezzo dei libri è disciplinato da una legge, seppur con modalità diverse. In Svizzera no. Almeno non per ora. Spetterà all’elettorato decidere se mettere in vigore la Legge federale sul prezzo fisso dei libri (LPLib), adottata nel marzo 2011 dal parlamento, dopo sette anni di animate discussioni, e combattuta da un referendum.

Prezzi liberi in tutta la Svizzera

La genesi della LPLib riflette la diversità fra le regioni linguistiche. È infatti dalla Svizzera francese che si sono levate molte voci per reclamarla. Ed è un’iniziativa parlamentare depositata nel 2004 dall’allora deputato nazionale ginevrino Jean-Philippe Maitre che ha portato alla LPLib.

Il popolare democratico ha chiesto di creare le basi legali per disciplinare il prezzo del libro in Svizzera, osservando che in Romandia, con la pressione sui prezzi provocata dall’arrivo di una grande catena di negozi francese, numerosi librai indipendenti erano scomparsi e parecchi altri erano in pericolo.
 
Da notare che un accordo interprofessionale sul prezzo fisso era già stato introdotto alcuni anni fa nella Svizzera tedesca. La Commissione federale della concorrenza aveva però vietato questo accordo, ritenendo che violava la legge sui cartelli.

Da allora i prezzi dei libri sono liberalizzati in tutte le regioni della Svizzera. Ma una maggioranza parlamentare composta di socialisti, verdi, popolari democratici, evangelici e borghesi democratici ha deciso di capovolgere la situazione, presentando una legge che riconosce il libro come bene culturale, del quale si devono promuovere la varietà e la qualità.

Bibliodiversità

La LPLib, che mira a garantire “l’accesso ai libri a condizioni ottimali al maggior numero possibile di lettori”, propone di introdurre una regolamentazione dei prezzi. In base alle sue disposizioni, il prezzo di vendita finale deve essere fissato dall’editore o dall’importatore e tutti i librai devono rispettarlo. Sono ammessi sconti, ma a condizioni ben precise.

“Il libro non è un qualsiasi bene di consumo: la sua natura mista di bene economico e culturale autorizza uno statuto giuridico speciale, come riconosciuto dall’UNESCO”, dichiara a swissinfo.ch il deputato nazionale Dominique de Buman, sostenitore della nuova legge.
 
“Vi sono due interessi fondamentali che spiegano la legge elaborata dal parlamento. Si tratta da una parte di assicurare la diversità dei libri e dei punti di vendita e d’altra parte di avere una vigilanza sui prezzi praticati”, aggiunge il deputato popolare democratico friburghese.

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Referendum

Questo contenuto è stato pubblicato al Il referendum (facoltativo) permette ai cittadini di chiedere che sia il popolo a pronunciarsi su una legge accettata dal Parlamento. Se i promotori del referendum riescono a raccogliere 50’000 firme in 100 giorni viene organizzata una votazione. Nel caso in cui il Parlamento modifica la Costituzione è previsto invece un referendum obbligatorio. Il referendum facoltativo…

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Referendum del centro-destra

Contro la nuova legge si batte un comitato composto prevalentemente di esponenti del Partito liberale radicale (PLR, centro destra) e dell’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice), che ha lanciato con successo il referendum. Da notare che sulle oltre 60mila firme raccolte, soltanto poco più di 1200 provengono dai cantoni romandi e 400 dal Ticino.
 
Particolare non irrilevante: il comitato referendario ha ricevuto il sostegno attivo della filiale operativa nel comparto dei libri del più grande gruppo di vendita al dettaglio del paese, che ha raccolto le firme nei suoi negozi nella Svizzera tedesca. Difesa da librai indipendenti, editori e autori svizzeri, la legge è infatti combattuta dai negozi discount e dalle grandi catene di diffusione.

“Si può promuovere il libro come bene culturale. Ma tramite la legge sulla promozione della cultura. Non con una distorsione del mercato così grossolana come quella del prezzo fisso del libro, che oltre tutto non consente di raggiungere l’obiettivo perseguito, poiché ci guadagnerebbero i grandi editori e i grandi distributori esteri”, dichiara il deputato nazionale Christian Wasserfallen, membro del comitato referendario.

Come tutelare i consumatori?

Agli occhi degli oppositori alla nuova legge, i grandi perdenti alla fine sarebbero i consumatori. I cartelli faranno aumentare i prezzi, pronostica Wasserfallen. Secondo il parlamentare liberale radicale bernese, il libero mercato permette, invece, anche “lo sviluppo di tutta una serie di piccole librerie e piccoli editori con specializzazioni di nicchia”.

Il fatto che “oggi i prezzi dei libri in Svizzera siano eccessivamente elevati è la prova che il libero mercato non funziona e che il consumatore paga troppo”, ribatte de Buman, a nome dei sostenitori della legge.

“È vero che al momento i prezzi dei libri in Svizzera sono generalmente più elevati che nei paesi di provenienza. Ma il problema è dovuto ai canali di diffusione esclusivi: se in Svizzera c’è un unico diffusore per un editore, può chiedere quanto vuole. Si devono dunque spezzare queste strutture. Mentre con il prezzo fisso si cementano, perché nessuno ha interesse a far abbassare i prezzi”, afferma invece Wasserfallen.

Davide contro Golia

Per de Buman, invece, la LPLib combatte gli abusi, poiché affida il compito di vigilare al sorvegliante federale dei prezzi, il quale può anche proporre al governo di stabilire le differenze massime di prezzo rispetto al paese di provenienza del libro, tenendo conto delle specificità delle regioni linguistiche.
  
Con questa legge, secondo il parlamentare popolare democratico, si impedirebbe ai giganti internazionali delle vendite online di soppiantare le piccole librerie indigene in Svizzera. “È per questo che è necessaria la legge: per difendere la vera libera scelta”, sostiene de Buman.
 
“È assolutamente impossibile controllare il mercato internazionale online e dell’e-books con il prezzo fisso in Svizzera”, afferma invece Wasserfallen. “Perciò dobbiamo rafforzare il mercato indigeno, renderlo più competitivo, ma avvalendoci di altri strumenti di promozione, facendo in modo che presenti prodotti d’avvenire, non con il prezzo fisso”.

L’11 marzo si saprà quali argomenti avranno prevalso per l’elettorato.

I sostenitori della Legge sul prezzo fisso dei libri minacciano di ricorre alla Corte suprema per chiedere di invalidare il voto, se l’11 marzo dalle urne uscisse un no di stretta misura. Motivo: accusano il ministro dell’economia Johann Schneider-Ammann di aver diffuso un’informazione sbagliata.

Nella conferenza stampa di presentazione dell’oggetto in votazione, in rappresentanza del governo, Schneider-Ammann ha affermato che la legge non si applicherebbe agli acquisti online presso venditori esteri effettuati direttamente da privati.

Secondo i fautori della legge, si tratta di un’interpretazione contraria agli intenti del parlamento, che quando ha adottato la legge ha chiaramente manifestato la volontà di sottoporre alla normativa anche i libri acquistati tramite internet.

Da notare che il governo era contrario al prezzo fisso del libro, ma il parlamento ha deciso diversamente. L’esecutivo è dunque obbligato a raccomandare all’elettorato di votare sì.

In parlamento, il Consiglio nazionale ha approvato la legge con 96 voti contro 86, il Consiglio degli Stati con 23 voti contro 19.

La legge è stata sostenuta da socialisti, verdi, una maggioranza di popolari democratici, evangelici, borghesi democratici e singoli democratici di centro.

L’hanno invece combattuta liberali radicali, verdi liberali, la stragrande maggioranza dei democratici di centro e singoli popolari democratici.

L’idea di vincolare i libri a prezzi fissi germogliò già nel XVIII secolo nel Nord Europa, con la separazione delle attività di edizione e di diffusione. Fu concretizzata per la prima volta nel 1829 in Inghilterra. In seguito fu applicata in molti paesi in vari modi: tramite leggi o per mezzo di accordi interprofessionali.
 
Negli anni 1960-1970, la comparsa di nuovi canali di distribuzione del libro (grandi catene di supermercati e grandi catene specializzate) e il rafforzamento del diritto della concorrenza rimettono in questione il prezzo fisso dei libri. Questa tendenza si accentua ulteriormente negli anni ’80 con l’influsso crescente della Commissione della concorrenza europea.
 
Di fronte a questa evoluzione, diversi paesi reagiscono creando le basi legali che riconoscono uno statuto giuridico speciale al libro, in virtù del quale il prezzo di vendita al pubblico è regolamentato. L’obiettivo è di garantire la sopravvivenza ai piccoli editori e alle librerie indipendenti che offrono la diversità culturale.

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