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La Svizzera condanna la presa d’ostaggi di Mosca

Il ministero svizzero degli affari esteri chiede al commando ceceno di liberare le centinaia di persone che detiene in un teatro di Mosca.

Per Berna questa presa d’ostaggi nuoce gravemente alla soluzione del conflitto ceceno

La presa di posizione della Svizzera è condivisa da molti altri Paesi. Fra le 700 e le 1’000 persone, tra cui un cittadino con la doppia nazionalità svizzera e tedesca, si trovano nelle mani dei ribelli. Un’azione che, ricorda il ministero degli esteri, è assolutamente contraria al diritto umanitario.

Un messaggio che la Svizzera ripete regolarmente: sia nei confronti degli indipendentisti ceceni che delle autorità russe. Infatti – e tutte le organizzazioni non governative lo confermano – le atrocità vengono commesse da entrambe le parti.

Decine di migliaia di morti

Questo secondo conflitto russo-ceceno (iniziato nel 1999) è particolarmente sanguinoso. Mosca parla di 5’000 morti nei suoi ranghi, ma il comitato russo delle madri dei soldati valuta a 11’000 il numero dei militari russi morti negli ultimi tre anni.

Oltre 200’000 personne sono fuggite e hanno trovato rifugio nel Caucaso del Nord. Per venire incontro a questi profughi la Svizzera ha sbloccato quest’anno 7 milioni di franchi.

Sul piano diplomatico, lo scorso luglio, a Mosca, il ministro degli esteri svizzero ha auspicato una soluzione pacifica e politica del conflitto ceceno.

Joseph Deiss ha pure ricordato che la soluzione deve essere elaborata nel quadro della Federazione russa.

La Svizzera si accontenta di osservare

Attualmente la Svizzera non si sta occupando di alcuna iniziativa di pace significativa, spiega Muriel Berset Kohen, portavoce del ministero degli esteri. Eppure, nel 1996, la Svizzera aveva contribuito a far adottare un cessate-il-fuoco dai
belligeranti.

E questo, fra l’altro, grazie all’impegno e al talento dell’ambasciatore Tim Guldimann, allora capo della missione dell’OSCE in Cecenia. Ma la ripresa della guerra, tre anni dopo, proverà i limiti di questo accordo, dichiara il professor Georges Nivat.

“Oggi i Paesi europei non hanno alcun influsso su questo conflitto”, prosegue Nivat, “soprattutto perché il presidente Vladimir Putin è diventato uno degli alleati privilegiati del presidente Bush nella sua guerra contro il terrorismo”.

Frédéric Burnand, Ginevra

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