La Svizzera del futuro nasce a Bümpliz
Berna, capitale della Svizzera, patrimonio mondiale dell'umanità, ha un volto meno noto all'estero. Si chiama Bümpliz ed è uno dei quartieri più urbani e multiculturali della Svizzera.
A chi la osservi dal cielo, Berna appare una sorta di clessidra. A est c’è la città vecchia, chiusa in un’ansa del fiume, circondata a ventaglio dai quartieri più recenti. A ovest, oltre la strettoia tagliata dall’autostrada A12, c’è Bümpliz.
Il passaggio tra i due bulbi della clessidra ha la forza evocativa di un simbolo. Ad Ausserholligen, nella piazza d’Europa, il bus si ferma sotto le quattro corsie dell’autostrada, in uno scenario da modernità novecentesca, inquietante e promettente.
Alle spalle c’è la vecchia città di Berna, con la sua fama di città di burocrati, lenta e bonaria. Davanti si apre il quartiere di Bümpliz, con i suoi grattacieli, le sue case a schiera, le sue residenze patrizie settecentesche, le sue officine, i suoi supermercati turchi, i suoi negozi dell’usato.
Città nella città con oltre 31’000 abitanti, 31% dei quali di nazionalità straniera, con punte del 50% circa in alcune aree e un profilo socioeconomico da quartiere popolare, Bümpliz è il laboratorio multietnico di Berna, uno specchio della capitale proiettato verso il futuro, il suo gemello diverso.
Dipinta talvolta dai media come ghetto urbano in preda agli scontri fra civiltà o crogiolo delle culture sulla via di un’arcadia postmoderna, Bümpliz è in realtà una cittadina europea qualsiasi, confrontata tuttavia prima e più di altre con dinamiche demografiche, sociali e culturali che preconizzano i paesaggi urbani del futuro.
L’uomo nuovo delle città
«Bümpliz è il futuro della Svizzera», afferma Hans Stucki, un omone gioviale, per 21 anni segretario della commissione di quartiere di Bümpliz-Betlehem, che si affretta a menzionare i nonni materni italiani, giunti in Svizzera nel 1908 («Sono uno svizzero normale, insomma», dice sorridendo).
La tesi non è sua. L’ha ripresa da un libro della giornalista svizzera Susan Sitzler sul quartiere zurighese di Schwamendingen, ammette (il libro si intitola «Vorstadt-Avantgarde», edito da Limmat). Ma Stucki ci aggiunge del suo, attingendo alla sua esperienza decennale di lavoro nel quartiere.
«Qui, come a Schwamendingen, a Renens o a Meyrin, c’è l’humus su cui cresce l’uomo nuovo urbano», donne e uomini che si muovono in un ambiente cittadino, confrontati con le rapide mutazioni della società contemporanea.
Cosa sia – o cosa possa essere – questo uomo nuovo urbano, Stucki lo spiega con un esempio. «La mia generazione non sapeva cosa fosse il ramadan. Oggi i bambini di Bümpliz lo imparano a scuola, dai compagni. E i loro compagni imparano cosa sia il natale». Queste esperienze, nella scuola e nella vita di tutti i giorni, rappresentano a suo avviso un’opportunità per i bambini. «Si preparano così in modo ottimale al futuro».
Né ghetto né crogiolo
Il quartiere non è però un melting pot, non è un crogiolo di culture, avverte Stucki. Le culture a Bümpliz vivono l’una accanto all’altra, senza mescolarsi, almeno non nella prima generazione di migranti. E cita l’esempio degli italiani, i primi stranieri ad arrivare a Bümpliz e a prendere casa a fianco degli operai svizzeri.
«Su oltre 3000 migranti con radici italiane nel quartiere, tra un terzo e un quarto non è integrato dal punto di vista linguistico». Molti operai hanno imparato la lingua franca dei cantieri, poche centinaia di parole e niente più. E dopo la pensione si sono ritrovati a vivere in un paese di cui parlano sì una lingua nazionale, ma a malapena quella della città in cui vivono.
Ma Bümpliz non è neppure un focolaio di tensioni sociali a causa dell’immigrazione, sottolinea Hans Stucki. A suo avviso, la città ha fatto un buon lavoro nel quartiere. Esistono luoghi di ritrovo «dove le comunità possono essere sé stesse», centri di quartiere, biblioteche, scuole, progetti di integrazione.
«È il quartiere con il maggior numero di spazi socio-culturali di Berna», ricorda «E nonostante l’indubbia differenza di reddito tra l’est e l’ovest della città, la società di Bümpliz è molto più variegata di quanto generalmente si creda».
Lavoro quotidiano
«È vero, tra le varie comunità che vivono a Bümpliz spesso manca la comunicazione», ammette Guglielmo Grossi, 62 anni, uno di quelli che della loro storia d’emigrazione hanno fatto una vocazione e che sono diventati figure di mediazione importanti fra i migranti e la società di arrivo. Da 8 anni vive a Bümpliz. «Per caso», dice.
Voce importante fra gli italiani, Grossi ha cercato di far fruttare l’esperienza dei suoi compatrioti, «arrivati qui negli anni Sessanta e oggi pensionati», anche a vantaggio delle altre comunità di migranti. Per esempio presiedendo durante due anni il Forum dei migranti o impegnandosi per la partecipazione degli stranieri alla vita del quartiere.
Oggi, tra le tante altre cose, siede nel consiglio comunale di Berna, dove, sia detto per inciso, parla buon tedesco, contro il costume svizzero di usare il dialetto, «un’abitudine che rende difficile l’integrazione».
A Bümpliz è riuscito a realizzare un progetto singolare: l’apertura di un «reparto mediterraneo» in una casa anziani, in cui i pensionati, soprattutto italiani, possono passare gli ultimi anni della loro vita in un ambiente a loro familiare, con cibi e orari che rispettino la loro cultura.
Un progetto minore e poco spettacolare, certo. Ma che è un piccolo tassello di un quartiere in continua evoluzione in cui è possibile far accettare l’idea che la dignità di un anziano possa passare anche da un piatto di pastasciutta non scotta e che la convivenza tra le culture non è né un sogno né un incubo ma un lavoro quotidiano.
swissinfo, Andrea Tognina, Bümpliz
Sede per secoli delle residenze di campagna dei patrizi bernesi, comune autonomo fino al 1919, Bümpliz è diventato nel corso del XX secolo uno dei quartieri più urbani e multiculturali di Berna.
Se nel 1910 contava poco più di 5’000 abitanti, oggi ne conta oltre 31’000, di cui quasi il 31% di nazionalità straniera. Dopo quella svizzera, la comunità più grande è costituita dai cittadini di paesi dell’ex Jugoslavia (2425 persone nel 2000). Seguono gli italiani (2089) e gli spagnoli (1054).
L’immagine di Bümpliz è caratterizzata dai grandi complessi residenziali sorti a partire dagli anni Cinquanta, ma anche da estese aree verdi e dalle vecchie ville patrizie. Dal 2011 il quartiere sarà collegato a Berna con il tram. Nel quartiere esistono 16’000 posti di lavoro.
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