Libia: pagati 18’000 franchi per il rilascio degli svizzeri
Il Dipartimento svizzero degli affari esteri ha reso noto che la cauzione versata per liberare i due cittadini elvetici detenuti a Tripoli ammonta a 10'000 dinari libici (ossia circa 9'000 franchi) a persona.
La somma è stata versata – tramite gli avvocati locali – dalle aziende presso cui i dipendenti lavorano, ha indicato mercoledì il Dipartimento federale degli affari esteri (Dfae) in una conferenza stampa a Berna.
Il pagamento della cauzione era una condizione posta dal giudice incaricato del caso, ha spiegato il portavoce del Dfae Jean-Philippe Jeannerat.
I due svizzeri – un dipendente dell’azienda elvetica ABB e una seconda persona d’identità non comunicata – erano stati arrestati lo scorso 19 luglio. ABB ha espresso soddisfazione per il rilascio del suo dipendente che era stato fermato e incarcerato in Libia. «Siamo molto sollevati» ha dichiarato Thomas Schmidt, portavoce del gruppo.
Massimo riserbo
Secondo quanto rivelato a swissinfo da fonti diplomatiche in una capitale magrebina, l’Algeria, l’Egitto e la Francia avrebbero avuto un ruolo importante negli sforzi volti a risolvere la crisi tra Svizzera e Libia. In particolare, i presidenti Bouteflika, Mubarak e Sarkozy si sarebbero adoperati per cercare di far calare la tensione.
A questo proposito, Jean-Philippe Jeannerat ha affermato che il Dfae non fornisce né informazioni né commenti sulle ipotesi o speculazioni in relazione all’offerta di buoni servizi.
Egli ha inoltre aggiunto che la Libia e la Svizzera hanno preferito privilegiare la via bilaterale per risolvere i problemi attuali: «Questi scambi a livello diplomatico proseguono e richiedono la massima discrezione».
Valutazioni in corso
Il portavoce ha poi aggiunto che i due cittadini svizzeri rilasciati martedì sera stanno bene e sono liberi di muoversi all’interno della Libia, anche se non possono abbandonare il paese. L’ambasciata svizzera a Tripoli assicura loro la necessaria protezione consolare.
Per quanto riguarda gli altri svizzeri attualmente in Libia, il DFAE «mantiene il contatto» e non dispone attualmente di alcuna informazione relativa a eventuali problemi o pressioni. In merito alla situazione delle imprese elvetiche presenti sul territorio, il Dipartimento sta procedendo a una valutazione della situazione.
Sempre mercoledì, il direttore dell’Unione petrolifera svizzera Rolf Hartl ha affermato che le forniture di greggio verso la Confederazione sono ricominciate. Una petroliera libica avrebbe caricato 80’000 tonnellate di oro nero destinato a essere raffinato a Collombey, in Vallese, dove l’azienda libica Tamoil possiede un impianto.
Nessun rimpianto
Il giudice istruttore ginevrino Michel-Alexandre Graber, che ha incriminato Hannibal Gheddafi e la moglie, proceduto al loro interrogatorio e li ha posti in detenzione, ha dichiarato in un’intervista pubblicata mercoledì da l’Illustré di non rimpiangere quanto fatto.
A suo dire, infatti, le indagini e gli interrogatori «contenevano elementi sufficienti a sostegno dell’incriminazione». Il giudice ha pure giustificato la durata della detenzione preventiva della coppia – 48 ore – criticata dalle autorità libiche: anche le persone che superano certi limiti di velocità sono poste in detenzione preventiva, ha affermato.
La prossima udienza della coppia Gheddafi non sarà convocata prima di settembre: la moglie di Hannibal è incinta di nove mesi e deve prima partorire.
swissinfo e agenzie
15 luglio: Hannibal Gheddafi e la moglie, incinta, vengono arrestati all’hotel Wilson di Ginevra. I coniugi – che respingono le accuse – sono infatti sospettati di avere maltratto i loro domestici (una tunisina e un marocchino).
17 luglio: dopo due notti in detenzione preventiva, la coppia è accusata di lesioni corporali semplici, minacce e coazione; in seguito al pagamento di una cauzione di 500’000 franchi, i coniugi rientrano in Libia.
19 luglio: due cittadini svizzeri residenti in Libia sono arrestati per una presunta infrazione alla legislazione sull’immigrazione e il soggiorno.
22 luglio: la ministra svizzera degli affari esteri Micheline Calmy-Rey protesta presso il suo omologo libico.
23 luglio: Tripoli minaccia la Svizzera di sospendere le forniture di petrolio. Berna invia una delegazione diplomatica in Libia e sconsiglia ai propri cittadini di recarsi nel paese.
26 luglio: la Libia esige che la Confederazione si scusi per l’arresto dei coniugi e sospenda il procedimento nei loro confronti. La Svizzera rifiuta.
28 luglio: il Dipartimento degli affari esteri annuncia che Berna e Tripoli stanno trattando direttamente, senza ricorrere a mediatori esterni.
29 luglio: i due svizzeri sono liberati dopo il pagamento di una cauzione.
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