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Maggiore sorveglianza per le armi biologiche

Un attacco terroristico con armi batteriologiche o tossiche figura tra i principali incubi della comunità internazionale Keystone

Esperti di decine di paesi, tra cui la Svizzera, riprendono le discussioni a Ginevra sulle possibilità di rafforzare la Convenzione sulle armi biologiche.

Da parte svizzera si spera di poter evitare l’insuccesso dell’ultima conferenza, fallita in seguito ai disaccordi sulle misure di controllo.

Due anni fa, la Conferenza delle Nazioni unite sulle armi biologiche era fallita in seguito all’opposizione degli Stati uniti ad un rafforzamento dei meccanismi di controllo degli arsenali biologici.

A detta dell’amministrazione di Washington, la proposta sostenuta dai paesi europei avrebbe minacciato la sicurezza americana, mettendo a nudo i suoi segreti.

Al posto delle auspicate ispezioni, gli Stati uniti avevano proposto di denunciare pubblicamente e punire i paesi che violano la Convenzione sulle armi biologiche, entrata in vigore nel 1975.

Delusione svizzera

Il fallimento della Conferenza aveva suscitato grande delusione da parte della Confederazione, che sperava di poter giungere ad un accordo internazionale.

“Le autorità svizzere erano favorevoli ad un meccanismo di verifica vincolante, sull’esempio di quello applicato per il controllo delle armi chimiche e nucleari”, spiega Francesco Quattrini del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE).

Secondo Quattrini, senza ispezioni è alquanto difficile dimostrare se un paese dispone o meno di armi biologiche.

“Molti paesi non intraprendono nessun passo verso un disarmo dal momento che ‘ufficialmente’ non possiedono armi biologiche”, afferma l’addetto alla politica di sicurezza internazionale del DFAE.

Per Quattrini, la colpa del fallimento dell’ultima conferenza dell’Onu non può essere attribuita soltanto agli Stati uniti.

“Nel 2002 vi erano diversi paesi poveri contrari alle misure di ispezione e quindi ben contenti di poter seguire l’opposizione guidata agli Stati uniti”, spiega il funzionario.

Disarmo in secondo piano

Al centro della riunione in programma questa settimana a Ginevra figurano delle proposte destinate a rafforzare la sorveglianza delle malattie infettive e ad intervenire in caso di impiego di armi biologiche o tossiche.

Da parte svizzera si auspicano però anche maggiori sforzi per giungere ad uno smantellamento delle armi biologiche.

“Il problema è che si preferisce concentrare l’attenzione sulla sorveglianza piuttosto che sul disarmo”, afferma Quattrini. “Un programma simile non permette di migliorare l’efficacia della Convenzione”.

Codice di condotta

Uno dei timori principali dei paesi firmatari riguarda il pericolo di un impiego di armi batteriologiche da parte di gruppi militanti, come quello di Al Qaeda.

Per far fronte a questa minaccia, i governi dei paesi partecipanti alla conferenza di Ginevra intendono stabilire un codice di condotta per tutti gli scienziati che operano in questo settore. Il codice dovrebbe venir discusso nel 2005.

“Agenti patogeni possono venir trasferiti facilmente. Gli scienziati devono quindi essere ben coscienti dell’importanza del loro lavoro”, sottolinea Quattrini.

swissinfo, Scott Capper
(traduzione Armando Mombelli)

La Convenzione sulle armi biologiche è stata adottata il 10 aprile 1972 ed è entrata in vigore il 26 marzo 1975.

Finora quasi 150 paesi, tra cui la Svizzera, hanno firmato questo testo che mira a vietare lo sviluppo, la produzione e l’accumulo di armi batteriologiche e tossiche.

L’applicazione della Convenzione è sempre stata frenata dalla mancanza di un meccanismo di verifica e di ispezione nei paesi sospettati di produrre armi biologiche.

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