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Morto Juan Antonio Samaranch

Juan Antonio Samaranch in una foto scattata durante i giochi olimpici di Pechino, nel 2008 Keystone

Ha guidato per 21 anni il Comitato olimpico internazionale (Cio), tanto da guadagnarsi il soprannome di «Signore degli anelli». Con Samaranch – che ha trasformato il Cio in una macchina da soldi – finisce un'era, fatta di luci, ma anche di tante ombre.

L’ex presidente del Comitato olimpico internazionale era stato ricoverato domenica in ospedale a Barcellona per problemi cardiaci acuti. È deceduto oggi 21 aprile per insufficienza cardio-respiratoria. Aveva 89 anni.

«Il Comitato olimpico internazionale è profondamente rattristato per la morte di Juan Antonio Samaranch», scrive il Cio in una nota. Dal canto suo, la presidente della Confederazione Doris Leuthard ha definito Samaranch un simbolo per tutti gli sportivi che sognano di partecipare alle olimpiadi.

La lunga stagione da «Signore degli anelli» è durata 21 anni. Con Samaranch, il Cio è arrivato a rappresentare più paesi dell’Onu (205 contro i 192). Un risultato che ha fatto arricchire molti, trascinando il movimento olimpico nel lusso fino ad arrivare ad eccessi come le tangenti pagate dal comitato organizzatore di Salt Lake City per ottenere l’assegnazione dei giochi invernali.

In quell’occasione, Samaranch riuscì a salvare la sua poltrona scusandosi di fronte al mondo, ma anche riformando il sistema di scelta delle città: non più il Cio a decidere, ma una commissione elettiva, composta di otto membri eletti dal congresso.

Nato nel 1920 in una famiglia di industriali tessili, Samaranch è stato un abile tessitore di trame politiche. In un qualche modo è riuscito a far dimenticare il suo passato oscuro, la sua gioventù passata combattendo a fianco dell’ex dittatore spagnolo Francisco Franco.

Nel 1980, quando fu eletto presidente, il Cio stava attraversando uno dei momenti più difficili della sua storia, caratterizzato da fratture e boicottaggi. Samaranch iniziò un lento lavoro diplomatico: il suo capolavoro politico avvenne nel 1992 ai giochi della sua Barcellona. Prima di allora lo sport a cinque cerchi poteva essere soltanto un evento ristretto allo sport dilettantistico. In quell’occasione si decise l’abolizione dello status di dilettante.

L’altra guerra che iniziò fu quella al doping, dopo il clamore del caso Ben Johnson a Seul. E forse è stata l’unica che non ha avuto il tempo di vincere. Non tutti però danno un giudizio unanime su questo punto. Il primo direttore dell’Agenzia mondiale anti-doping, Dick Pound, ha affermato che Samaranch non è mai stato un fervente partigiano della lotta contro il doping.

L’anno scorso, Samaranch ha tentato di portare in Spagna le olimpiadi del 2016. Il Cio, però, ha assegnato i giochi a Rio de Janeiro.

Nonostante la sua morte, Juan Antonio Samaranch continuerà ad essere presente nelle stanze segrete del potere sportivo. Lo farà attraverso suo figlio, che porta il suo stesso nome e che è diventato membro del Cio.

swissinfo.ch e agenzie

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