Niente armi ai belligeranti!
La Svizzera deve interrompere le esportazioni di armi verso i Paesi in guerra, compresi gli Stati Uniti e la Gran Bretagna.
È quanto ritiene il 70 per cento di svizzeri in risposta ad un sondaggio pubblicato dal «SonntagsBlick».
Giovani ed anziani sono nella stragrande maggioranza unanimi nel condannare il commercio di armi con Paesi belligeranti.
Soltanto uno svizzero su quattro, il 25 per cento, approva questo commercio, sottolinea il sondaggio condotto dall’Istituto di ricerca GFS che ha intervistato 1050 persone.
Ma non è tutto, il 77 per cento teme che il terrorismo aumenterà dopo l’intervento militare anglo-americano in Iraq e l’86 per cento ritiene ingiustificata la guerra in corso nel Paese arabo.
Couchepin incontri pure Bush
Poco più della metà degli interrogati (53 per cento) giudica che Pascal Couchepin non debba annullare il programmato incontro con George Bush in occasione del vertuce di Evian in giugno. Il 37 per cento degli svizzeri è invece contrario a questo colloquio.
Giovedì, subito dopo lo scoppio della guerra, il presidente della Confederazione aveva detto dinanzi all’Assemblea federale che in caso di conflitto fra Stati senza l’approvazione delle Nazioni Unite, il diritto di neutralità sarà invocato dalla Svizzera. Questo significa tra l’altro che le esportazioni di materiale bellico verso i Paesi in guerra saranno vietate.
L’intervista di Couchepin
In un’intervista rilasciata al «SonntagsBlick», Couchepin precisa tuttavia che restano autorizzate le esportazioni di materiale bellico verso gli Stati Uniti. In particolare le forniture di componenti elvetiche all’esercito americano per i velivoli da combattimento FA/18 (impiegati soprattutto sulle portaerei) non vengono sospese, poiché gli Usa non avrebbero il tempo materiale di produrre nuovi FA/18 e inviarli in Iraq a combattere.
“Il popolo svizzero – ricorda Couchepin nell’intervista – ha autorizzato l’esportazione di materiale da guerra. Ci sono state varie votazioni popolari su questo tema. Perché non dovremmo rispettare queste decisioni democratiche?”
Ipocrisia?
In un commento sul tema dell’esportazione di armi, l’editorialista del Sonntagsblick si chiede però che differenza ci possa essere tra una granata esportata prima o dopo la guerra e un ordigno esportato durante il conflitto. “In realtà non esiste alcuna differenza: entrambe le granate sono fabbricate per uccidere. In questa o nella prossima guerra”.
Il commentatore ricorda che l’industria svizzera dell’armamento fornisce bombe a mano alla Gran Bretagna, parti dell’aereo da combattimento F/A-18 agli Stati Uniti e materiale da guerra in generale a molti altri paesi.
Per l’autore del commento, l’unica posizione coerente è quella di non più esportare armi in alcun paese.
swissinfo e agenzie
La legislazione svizzera vieta l’esportazione di materiale da guerra verso paesi coinvolti in un conflitto.
Il divieto viene però meno se il materiale esportato non serve direttamente a sostenere lo sforzo bellico.
Questo permette di continuare ad esportare forniture per gli aerei da combattimento americani, perché si presume che non serviranno per i combattimenti in corso.
Il blocco delle esportazioni di armi potrebbe condurre a rappresaglie economiche.
Il 70% degli interrogati dal sondaggio pensa che la Svizzera dovrebbe sospendere tutte le importazioni d’armi verso i belligeranti.
Intervistate 1050 persone
Età da 18 a 85 anni
Sondaggio condotto il 20 e 21 marzo
Realizzato dall’istituto gfs
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