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«Non possiamo fare a meno degli stranieri»

Keystone

L'integrazione è un'opportunità per l'economia, ha spiegato la ministra di giustizia Eveline Widmer-Schlumpf alla Conferenza internazionale di Lucerna sul tema "Diversità ed Integrazione". Nell'intervista a swissinfo, la consigliera federale si sofferma anche sulla politica d'asilo della Svizzera.

La terza Conferenza internazionale sul pluralismo, svoltasi ad inizio ottobre, è stata promossa dalla Lucerne initiative for peace and security. I partecipanti hanno discusso della diversità culturale e delle sue potenzialità in ambito imprenditoriale ed economico.

swissinfo: Come ha sottolineato nel suo intervento a Lucerna, la forza lavoro straniera contribuisce in modo significativo al benessere della Svizzera. L’integrazione è quindi una questione di interesse proprio?

Eveline Widmer-Schlumpf: Un quinto della popolazione della Svizzera è di origine straniera. È dunque nell’interesse dell’economia – tenuto conto anche dello sviluppo demografico – che il paese possa disporre di questa forza lavoro.

Si tratta però anche di sfruttare la diversità della Svizzera: persone dal vissuto diverso possono fornire un grande contributo allo sviluppo della società.

swissinfo: La politica d’integrazione del Consiglio federale insiste soprattutto sull’apprendimento di una lingua nazionale. È sufficiente?

E. W.-S.: La lingua non è il mezzo per integrarsi, bensì la chiave. Quando si può capire e farsi capire, è anche possibile trovare il proprio posto all’interno della società, sia questo in ambito lavorativo o all’interno di un’associazione sportiva. La lingua è un elemento necessario.

swissinfo: Cosa ci dice dei manager stranieri che occupano le alte sfere dell’economia, i quali parlano spesso soltanto l’inglese?

E. W.-S.: Anche qui è una questione d’integrazione. Un gruppo di persone che non può comunicare con chi lo circonda si auto esclude.

Solitamente quando si parla di integrazione si fa riferimento a manodopera poco qualificata proveniente da Stati terzi o dai Balcani; il concetto d’integrazione concerne però tutta la popolazione straniera della Svizzera.

swissinfo: Quando, secondo lei, una persona è integrata?

E. W.-S.: Quando si china sugli aspetti culturali e sociali locali e quando conosce il modo di vivere del luogo in cui risiede. La conoscenza e l’accettazione dei valori locali, nonché la capacità di farsi capire, sono altri elementi fondamentali: ciò significa essere parte della società.

swissinfo: Come il suo predecessore Christoph Blocher, anche lei persegue una politica d’asilo piuttosto restrittiva. Parlando di forza lavoro straniera, proveniente soprattutto dall’Unione europea, manifesta al contrario una posizione decisamente più liberale. Non sussiste il pericolo di una politica migratoria a due velocità?

E. W.-S.: Non abbiamo una politica d’asilo restrittiva, bensì coerente. Ci atteniamo alle disposizioni legali.

La Svizzera è un paese dalla tradizione umanitaria, un aspetto al quale teniamo molto. Considerato l’alto tasso di domande d’asilo accettate non si può dire che la Svizzera dia prova di eccessiva severità. Con una proporzione di oltre il 25% siamo tra i paesi che accolgono più richieste.

Sono convinta che agiamo conformemente alla nostra tradizione umanitaria. Vogliamo però combattere veementemente ogni forma di abuso, siccome le irregolarità danneggiano anche le persone che chiedono legalmente l’asilo.

Per ciò che concerne la forza lavoro, non possiamo fare a meno degli stranieri. Circa un quarto delle ore lavorative in Svizzera è fornito da lavoratori esteri.

swissinfo: Stando alla NZZ am Sonntag, nel progetto di revisione delle leggi sull’asilo e sugli stranieri lei ha proposto un ulteriore giro di vite…

E. W.-S.: Non si tratta di inasprire le misure nel campo dell’asilo, ma di concretizzare e applicare le disposizioni legali esistenti.

swissinfo: Il numero di richiedenti l’asilo è fortemente aumentato nel 2008, in particolare a causa della situazione critica in Eritrea, Sri Lanka, Nigeria e Somalia. Bisogna continuare a respingere i disertori e gli obiettori di coscienza eritrei?

E. W.-S.: La situazione in Eritrea rimane molto tesa. Ogni richiesta d’asilo è trattata singolarmente e con attenzione. Quando una persona presenta dei motivi validi, allora è considerata come rifugiato. Se non ci sono ragioni per concedere l’asilo, si valuta se un rimpatrio sia ragionevole, ammissibile e possibile. Questo vale per tutte le nazionalità.

Non si può quindi affermare che, per principio, respingiamo o accogliamo i richiedenti in base al paese di origine. Ogni singolo caso viene esaminato. Quando una persona a cui è stato negato l’asilo non può far ritorno nel proprio paese, ad esempio perché è in corso una guerra, rilasciamo un’autorizzazione di soggiorno a titolo temporaneo.

swissinfo, intervista di Corinne Buchser
(traduzione dal tedesco di Luigi Jorio)

Reagendo alle critiche rivolte al Consiglio federale per il suo lungo silenzio sulla crisi, Eveline Widmer-Schlumpf sottolinea che: «È risaputo che abbiamo un’economia forte e differenziata. Soprattutto in campo finanziario disponiamo di una struttura più diversificata rispetto ad altri Stati».

«Anche la Svizzera è confrontata a problemi. Il Consiglio federale ha però preparato una serie d’interventi per affrontarli. Le misure saranno annunciate solamente dopo la decisione del governo».

In un’intervista al Tages Anzeiger, Eveline Widmer-Schlumpf, che sostituisce il convalescente Hans-Rudolf Merz alla testa del Dipartimento federale delle finanze, ha poi detto di volersi impegnare in seno al Consiglio federale per una migliore protezione dei depositi bancari.

Non è tuttavia ancora stato precisato quali saranno i risparmi assicurati (e fino a quale importo). Su questo punto si concentrerà il dibattito politico delle prossime settimane.

Dal gennaio al settembre 2008 sono state presentate 10’351 richieste d’asilo (2’351 in più rispetto allo stesso periodo del 2007). 1’705 domande sono state accolte.

La causa dell’incremento risiede nel peggioramento della situazione in Eritrea, Somalia, Nigeria e Sri Lanka.

La percentuale di richieste accettate dalla Svizzera è salita dal 18,4% al 25,2%.

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