«Oggi parleremo di sesso»
La lotta contro l'AIDS passa anche dalla consulenza individuale e dai test su base volontaria. Nel 2007, la Svizzera intende mettere l'accento proprio su questo aspetto.
In occasione del Forum AIDS Svizzera, swissinfo ha potuto vedere da vicino cosa ciò significa.
«In Svizzera, nel 50% circa dei casi quando una persona si sottopone a un test HIV non riceve nessun tipo di consulenza personalizzata», afferma Roger Staub, responsabile della sezione AIDS in seno all’Ufficio federale della sanità pubblica.
Ed è proprio su questo tipo di consulenza che gli attori svizzeri attivi nella prevenzione e la lotta contro l’AIDS hanno deciso di mettere l’accento il prossimo anno. Il 2007 sarà così l’anno VCT, dall’inglese Voluntary Counseling and Testing (consulenza e test su base volontaria).
L’occasione per vedere più da vicino in cosa consiste una simile consulenza ci è stata data dal Forum AIDS Svizzera 2006, organizzato a Berna alla vigilia della giornata mondiale della lotta contro l’AIDS e durante il quale era possibile sperimentare concretamente un VCT.
Anonimato
«Il suo nome non mi interessa», precisa subito Hugo Crevoisier, infermiere e consulente al centro Dialogai di Ginevra. Una mancanza di cortesia? No, semplicemente un modo per sottolineare il completo anonimato della consultazione.
La visita inizia con un questionario da riempire da soli su uno schermo di computer. Data di nascita, avete già fatto un test HIV, preferenze sessuali, eventualmente quanti partner avete avuto negli ultimi mesi e così via.
«Visto che l’AIDS si trasmette con il sesso è di sesso che parleremo; è questo lo scopo del VCT», avverte con franchezza Hugo Crevoisier dopo aver esaminato il questionario.
Maschio, sposato, una serata in discoteca, alcol, una partner occasionale, un rapporto non protetto e successivi rapporti con la moglie senza dire nulla. Il mio «pseudocaso» è abbastanza classico ed è uno dei nuovi modelli tipici di trasmissione della malattia.
«Cosa è successo quella sera? Alcol, problemi professionali, grattacapi nella famiglia, difficoltà con la moglie?». Con queste domande Hugo Crevoisier cerca di «definire il contesto del rischio». «Il mio obiettivo – spiega – è che la persona prenda coscienza da sola di quanto è accaduto, affinché la prossima volta che si trova in una situazione a rischio possa prendere delle contromisure».
L’infermiere rende attenti anche all’esistenza della PEP (Profilaxy Post Exposure, profilassi dopo l’esposizione). Questa profilassi – una triterapia della durata di un mese – permette di diminuire il rischio di infezione da HIV, a patto di iniziarla nelle ore immediatamente successive a un comportamento fortemente a rischio.
«Nel caso di una relazione anale non protetta con un altro uomo, ad esempio, non si deve esitare un secondo. Il problema è che si tratta di un trattamento pesante e molti non riescono a portarlo a termine», spiega Crevoisier.
Test volontario
Prima di proporre il test, Crevoisier valuta se vi è veramente stato un rischio di contagio e se si è veramente pronti. Negli ultimi due anni mi è capitato una volta di cercare di convincere qualcuno che forse non era il momento ideale», spiega Crevoisier. La persona in questione era in una stato psichico tale che l’infermiere temeva un suicidio.
I test rapidi sono efficaci se il comportamento a rischio è avvenuto almeno tre mesi prima. Per periodi di tempo più corti e in caso di grosse prese di rischio, vi è la possibilità di effettuare un test antigene. In questo caso, il campione di sangue viene inviato a un laboratorio e per i risultati bisogna attendere qualche giorno.
La goccia di sangue prelevata da un dito viene posta su una banda di 3-4 centrimetri di lunghezza e di alcuni millimetri di larghezza. Dopo 15 minuti circa, sulla banda appaiono delle barrette: una è sinonimo di test negativo, due di sieropositività.
Pur sapendo di non avere avuto comportamenti a rischio, mi assale comunque una spiacevole sensazione. E se alcuni anni fa…?
Tiro un sospiro di sollievo. Come il 99,7% dei 300’000 test effettuati ogni anno in Svizzera, anche il mio è negativo.
Prevenzione
«Certo, il test è importante, ma ciò che conta è soprattutto la consulenza», afferma Hugo Crevoisier. In altre parole, il VCT serve sì per depistare il virus, ma è soprattutto una forma di prevenzione.
Non sempre però questo sforzo paga: «Capita di essere confrontati a persone che sono sollevate quando scoprono di essere sieropositive o che si dicono ‘non è grave, visto che ci sono delle buone pillole’».
In questi casi, Hugo Crevoisier cerca di renderli attenti agli effetti secondari delle triterapie, al fatto che in molti paesi se si è sieropositivi non si può viaggiare (negli USA, ad esempio, si può essere espulsi) o ai problemi di assicurazione.
«Se una persona esce dal colloquio con un paio di domande in testa – conclude – ho raggiunto il mio scopo principale».
swissinfo, Daniele Mariani
In Svizzera vi sono attualmente 29’149 persone che hanno contratto il virus HIV.
Da gennaio a settembre 2006 si sono registrati 533 nuovi casi di trasmissione del morbo.
Attualmente vi sono 8’369 persone malate di Aids.
Finora 5’600 persone sono morte in Svizzera in seguito a questa malattia, di cui 25 nei primi tre trimestri del 2006.
Nel 1981, il centro di controllo sanitario di Atlanta, negli Stati Uniti, rileva una forma rara di polmonite in cinque omosessuali, due dei quali muoiono. Ulteriori controlli, permettono di ritrovare casi simili risalenti al 1978.
L’anno seguente, questa nuova malattia viene denominata sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS).
Nel 1983, l’istituto Pasteur di Parigi isola il virus.
Nel 1985 vengono effettuati i primi test su campioni di sangue che permettono di depistare il virus.
Nel 1987 viene messo in commercio il primo medicinale contro l’AIDS, l’AZT.
Tra il 1995 e il 1996, le autorità sanitarie autorizzano due nuove classi di farmaci contro la malattia, che permettono delle bi- o delle triterapie.
Nel 1997 per la prima volta il numero dei decessi causati dall’AIDS diminuisce negli Stati Uniti.
Nel 2001, il fabbricante di farmaci indiano Cipla si impegna a produrre dei generici a buon mercato.
Nel 2004, il Sudafrica inizia a fornire gratuitamente degli antiretrovirali negli ospedali.
In conformità con gli standard di JTI
Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative
Potete trovare una panoramica delle discussioni in corso con i nostri giornalisti qui.
Se volete iniziare una discussione su un argomento sollevato in questo articolo o volete segnalare errori fattuali, inviateci un'e-mail all'indirizzo italian@swissinfo.ch.