Per una sospensione dell’aiuto allo Sri Lanka
I tamil in Svizzera chiedono di interrompere gli aiuti internazionali allo Sri Lanka. Dopo il recente cessate il fuoco sull'isola dell'Oceano indiano, temono che questi fondi servano a finanziare la guerra.
La Svizzera, che in passato ha svolto un ruolo importante fra le parti in conflitto, nel 2007 ha investito 10 milioni di franchi in progetti di sviluppo nello Sri Lanka.
Il Forum Tamil Svizzera – un’organizzazione mantello che riunisce 27 associazioni tamil presenti nella Confederazione – teme che la popolazione civile sia abbandonata all’esercito srilankese quando gli osservatori internazionali e i sorveglianti della tregua se ne andranno. Il fatto che Colombo abbia denunciato il cessate il fuoco indica che “il governo progetta una guerra o addirittura un genocidio”, scrive il Forum in un comunicato.
La fine della tregua fra il governo dello Sri Lanka e le Tigri di liberazione dell’Eelam tamil (Ltte), firmata il 23 febbraio 2002 con la mediazione della Norvegia, è stata proclamata ufficialmente mercoledì scorso. All’indomani della fine del cessate-il-fuoco, l’esercito ha lanciato l’offensiva nei territori tamil nell’est e nel nord dell’isola.
Appello alla comunità internazionale
Il Forum deplora l’assenza di reazioni internazionali, e in particolare delle autorità elvetiche. “I tamil sono delusi, tristi e si sentono isolati” afferma l’organizzazione. “Un paese neutrale come la Svizzera ha una parte di responsabilità nel genocidio. La mancata reazione in questo contesto equivale ad un accordo tacito” per le autorità di Colombo, lamenta. Secondo l’organizzazione, la comunità internazionale “deve capire che singalesi e tamil non possono vivere insieme”.
Lo Sri Lanka, che conta circa 20 milioni di abitanti, è “completamente” dipendente dall’aiuto internazionale, sostiene l’organizzazione. Perciò sarebbe facile esercitare pressioni sul governo.
Sospensione coordinata degli aiuti
Giappone, Unione europea (Ue), Cina e Stati Uniti sono i maggiori donatori per lo Sri Lanka, ha precisato Anton Ponrajah del “Center for just Peace and Democracy”, che ha sede in Svizzera. A suo avviso, la sospensione dell’aiuto internazionale deve essere coordinata. “Non serve a nulla che un donatore si ritiri se altri lo sostituiscono”.
Il sospetto che il governo dello Sri Lanka possa utilizzare denaro dell’aiuto internazionale per scopi bellici è alimentato dal fatto che Colombo ha aumentato il budget militare del 45% per il 2008, osserva Ponrajah.
L’Ue e gli Stati Uniti hanno già minacciato di tagliare i loro aiuti. Il Giappone si mostra riservato, mentre dalla Cina non si è avuta alcuna reazione.
Opinioni divergenti in Svizzera
In Svizzera i pareri divergono sulla strategia da adottare. Presente dal 1978 nello Sri Lanka, l’organizzazione Helvetas è contraria a chiudere i rubinetti. “Se si taglia l’aiuto umanitario, ne soffriranno coloro che già si trovano nelle condizioni più miserabili, non i dirigenti delle parti in conflitto”, rileva il portavoce di Helvetas Andreas Friolet. A suo avviso, gli aiuti dovrebbero servire a rafforzare la società civile, in modo che riesca a ottenere una soluzione politica.
Dal canto suo, Berna assicura che né le Tigri né il governo hanno beneficiato dei 10 milioni di franchi di aiuti investiti dalla Confederazione l’anno scorso nello Sri Lanka.
Necessaria una mediazione esterna
Il Forum Tamil Svizzera ravvisa anche un cambiamento nell’interesse della comunità internazionale riguardo al conflitto nello Sri Lanka. All’inizio della tregua, nel 2002, la comunità internazionale si era impegnata moltissimo. “Ma con il passare del tempo, l’interesse è calato”, si rammarica Ponrajah.
Egli è convinto che il conflitto non possa essere risolto senza un intervento esterno. Le parti in causa “non hanno la forza di trovare da sole una soluzione”.
Una situazione sempre più drammatica
Intanto la situazione sul posto diventa sempre più tragica. I combattimenti si sono moltiplicati da quando è formalmente finita la tregua, lasciando dietro di sé una scia quotidiana di morti.
Il Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR) ha deciso di proseguire le attività, ma si è detto molto preoccupato per la sicurezza degli operatori umanitari.
L’assassinio di un delegato della Croce Rossa srilankese, ritrovato morto il 16 dicembre, aveva procurato uno shock alla comunità umanitaria sull’isola. Lo Sri Lanka è uno dei paesi in cui il CICR svolge le dieci maggiori operazioni, con 69 espatriati e 520 dipendenti locali.
swissinfo e agenzie
La guerra civile nello Sri Lanka è scoppiata negli Anni ’70. Il conflitto oppone il governo dominato dalla maggioranza cingalese buddista alle Tigri di liberazione dell’Eelam tamil (Ltte), induisti.
Una fragile tregua era stata stipulata nel febbraio 2002 sotto l’egida della Norvegia. Berna ha sostenuto attivamente il processo di pace.
In realtà il cessate il fuoco era già saltato alla fine del 2005 con l’elezione a presidente di Mahinda Rajapakse, nazionalista fautore della linea dura contro i separatisti, che egli definisce terroristi.
Dal canto loro, le Tigri continuano a chiedere uno Stato indipendente per la minoranza tamil. Il governo rifiuta la divisione del Paese, ma si dice disposto ad accordare l’autonomia ai tamil.
Si stima che in tutti questi anni il conflitto abbia fatto fra i 60mila e i 70mila morti.
In Svizzera vivono più di 35mila srilankesi, in maggioranza tamil.
La guerra civile che sta dilaniando l’isola si è tradotta l’anno scorso in un forte aumento delle richieste di asilo srilankesi in Svizzera.
Fino alla fine di novembre 2007, avevano già depositato una domanda 570 persone provenienti da quel paese, contro 328 per l’intero 2006.
L’Ufficio federale delle migrazioni constata che il numero di richiedenti l’asilo srilankesi è progredito costantemente da circa due anni.
La maggior parte dei richiedenti sono tamil provenienti dal nord o dall’est dell’isola.
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