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«Petrolio contro cibo» tra scandali e mazzette

Benon Sevan durante una conferenza stampa nel 2000 a Bagdad Keystone Archive

La Commissione d'inchiesta che sta indagando sul programma ONU «Petrolio contro cibo» ha accusato alti funzionari di malversazione e corruzione.

L’esperto legale svizzero Mark Pieth, membro della Commissione, ha indicato a swissinfo che taluni funzionari avevano sollecitato tangenti in cambio di contratti e avevano accettato pagamenti illeciti.

Il terzo rapporto della Commissione di inchiesta indipendente sul programma delle Nazioni Unite «Petrolio contro cibo», pubblicato lunedì a New York, lancia accuse pesanti.

L’ex responsabile del progetto, il 67enne cipriota Benon Sevan è infatti accusato di aver incassato una «mazzetta» di circa 150’000 dollari (circa 220’000 franchi) e di non aver collaborato con gli inquirenti.

«Si tratta di un chiaro caso di corruzione», ha dichiarato Mark Pieth, membro svizzero della Commissione.

Miglioramento sospetto

Secondo Pieth, la Commissione dispone di indizi solidi contro Sevan. «Ha approfittato della sua posizione per risolvere i propri problemi finanziari», ha indicato a swissinfo il professore di diritto all’Università di Basilea, spiegando che l’ex responsabile avrebbe agito illegalmente durante la vendita di petrolio iracheno alla ditta African Middle East Petroleum (AMEP), un’operazione che ha fruttato 1,5 milioni di dollari (1,9 milioni di franchi).

L’AMEP ha in seguito versato parte del ricavato (580’000 dollari) su un conto privato – appartenente ad un certo Fred Nadler, un intermediario – presso la banca ginevrina «Union bancarie privé». Nadler ha poi a sua volta girato, dal 1998 al 2001, un totale di 150’000 dollari sul conto di Sevan a New York.

Stando al rapporto d’inchiesta, Nadler ha affermato di non avere consegnato soldi a Sevan. Ha pure indicato che nessuno potrebbe fornire prove su pagamenti a Sevan, dal momento che i prelievi avvenivano in contanti, senza tracce scritte.

Revocata l’immunità dopo le dimissioni

La Commissione d’inchiesta, presieduta dall’ex presidente della Banca centrale americana Paul Volcker, ha chiesto al segretario generale dell’ONU Kof Annan di revocare l’immunità di Sevan, in modo da permettere «un’inchiesta di carattere penale».

Non ce ne sarà comunque bisogno, visto che l’accusato si è dimesso domenica dall’ONU, perdendo così automaticamente l’immunità diplomatica.

Il diretto interessato, che ha diretto l’intero programma di 64 miliardi di dollari (quasi 100 miliardi di franchi) dal 1996 al 2003, respinge ad ogni modo le accuse.

Nella sua lettera di dimissioni, Benon Sevan sostiene che il segretario dell’ONU lo ha «sacrificato».

Corruzione

La Commissione d’inchiesta punta inoltre il dito accusatore contro il russo Alexander Yakovlev, alto funzionario delle Nazioni Unite incaricato dell’attribuzione dei contratti ONU per l’Iraq.

«Yakovlev ha riconosciuto di aver tentato di corrompere la Società generale di sorveglianza», ha dichiarato Pieth, precisando che la società ginevrina aveva resistito alle sollecitazioni.

Il funzionario russo è pure responsabile dell’attribuzione di contratti alla società elvetica Cotecna, anch’essa oggetto di un’inchiesta nell’ambito dello scandalo «Petrolio contro cibo».

La scomoda posizione di Annan

Il nome della società svizzera era stato in passato affiancato a quello di Kofi Annan. Tra i dipendenti della Cotecna figurava infatti anche suo figlio Kojo.

Il precedente rapporto intermedio della Commissione Volcker aveva scagionato il segretario generale dell’ONU da qualsiasi pressione, ma gli aveva rimproverato di non essersi assicurato sufficientemente che non esistessero conflitti di interessi negli affari del figlio.

Mark Pieth ha indicato che la Commissione sta ora esaminando informazioni secondo le quali Annan sarebbe stato meglio informato su tali affari di quanto creduto finora.

Questo aspetto rappresenterà uno dei punti forti della prima parte del rapporto finale che la Commissione pubblicherà in settembre. Il documento presenterà anche proposte di riorganizzazione dell’ONU per evitare il riprodursi di scandali simili.

La seconda parte del rapporto finale sarà invece dedicata alle banche e alle società private. «Il numero delle questioni ancora da esaminare è impressionante», ha detto Pieth.

swissinfo e agenzie

Il programma «Petrolio contro cibo» è stato attuato dal 1996 al 2003 per permettere all’Iraq di Saddam Hussein, che si trovava sottoposto ad un embargo dal 1990, di vendere oro nero per acquistare beni di prima necessità per la popolazione.

Del programma – di un valore di 64 miliardi di dollari e a cui avevano partecipato 4’000 ditte – avevano però abbondantemente approfittato i dignitari del deposto regime.

Oggi, il programma è al centro di uno dei più grandi scandali di corruzione delle Nazioni Unite.

Mark Pieth, professore svizzero di diritto, è uno dei tre membri della Commissione d’inchiesta che indaga sul programma «Petrolio contro cibo» dell’ONU.
La Commissione è presidiata da Paul Volcker, ex presidente della Banca centrale americana.
L’altro membro è l’ex procuratore del Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia Richard Goldstone.

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