Più suicidi che morti della strada
Negli ultimi vent'anni la mortalità per suicidio è diminuita nei paesi dell'Unione europea. Anche in Svizzera si nota un calo.
Ma con oltre 1’300 morti l’anno, la Svizzera resta fra i paesi maggiormente colpiti da questo fenomeno.
Stando ad uno studio pubblicato recentemente, negli ultimi 20 anni nei paesi dell’Unione europea (UE) la mortalità per suicidio è diminuita del 15 per cento fra gli uomini e del 30 per cento fra le donne. Anche in Svizzera c’è stato un calo ma la Confederazione rimane comunque uno dei paesi con i più alti tassi di suicidi.
Una tendenza opposta si registra invece a est: «Se prendiamo i 10 paesi in testa alla classifica dei suicidi incontriamo oggi esclusivamente paesi dell’ex-blocco sovietico. Questo dato ci lascia capire come il fenomeno sia legato a fattori sociali, alle privazioni e alla disoccupazione che regna dal crollo del sistema», afferma Benedetto Saraceno, uno degli autori dello studio.
Ma il profilo dei suicidi è spesso riconoscibile indipendentemente dal paese in cui vive; la stragrande maggioranza è costituita da giovani maschi. Saraceno li caratterizza così: «Normalmente sono uomini tra i 18 e 44 anni, socialmente isolati, che consumano alcol, spesso colpevoli di violenze domestiche e altrettanto spesso coinvolti in incidenti stradali dovuti ai fumi dell’alcol».
Svizzera in testa
« In Svizzera abbiamo un triste record – afferma Fabio Levi dell’Università di Losanna e coautore dello studio – fra i giovani si tratta di una delle prime cause di mortalità che supera di gran lunga gli incidenti stradali o l’abuso di stupefacenti». I morti sono 1’300 l’anno; le vittime della circolazione, nel 1999, erano 516 .
Su 100’000 uomini si contano in Svizzera 23 suicidi l’anno. Su 100’000 donne, otto si tolgono la vita. Questo bilancio pone il paese in cima alle statistiche dell’Europa occidentale. Vicino si posizionano Finlandia, Belgio e Austria.
Sulle ragioni esatte di questo mal di vivere particolarmente presente in Svizzera non c’è una spiegazione univoca: «Non abbiamo trovato una ragione che spieghi veramente il fenomeno anche perché numerosi fattori sociali e economici sono paragonabili ai paesi vicini», continua Benedetto Saraceno.
Diminuzione progressiva a ovest
Eppure negli ultimi vent’anni le cifre sono in discesa. Come in Europa, anche in Svizzera, fra il 1980-84 e il 1995-96, la mortalità per suicidio è diminuita. Concretamente i casi sono scesi del 23 per cento fra gli uomini e del 27 per cento fra le donne. Ma in Svizzera la diminuzione è inferiore a quella dei paesi limitrofi.
L’unico dato certo è che il suicidio non è un fenomeno principalmente urbano: fra i cantoni più colpiti c’è per esempio Appenzello interno, una regione di campagna dove il numero dei decessi è altissimo.
Per le donne il calo dei suicidi è stato più o meno identico in tutta Europa mentre per gli uomini la riduzione è stata più marcata al Nord e nel Centro. I paesi mediterranei, come la Spagna e l’Italia che storicamente hanno un basso tasso di suicidi, non hanno registrato forti diminuzioni nell’ultimo decennio.
Europa orientale
Nell’Europa dell’Est l’evoluzione è stata in generale positiva. In Ungheria, ad esempio, la mortalità è diminuita del 26 per cento fra gli uomini e del 46 per cento fra le donne, malgrado i timori di sconvolgimenti sociali dovuti alla caduta del comunismo rappresentino un rischio supplementare.
I decessi per suicidio rimangono ancora a livelli elevati in Russia e sono addirittura in aumento fra gli uomini.
La diminuzione dei suicidi ha ragioni molteplici, affermano gli autori dello studio. È certo comunque che è stata influenzata dalla difficoltà a procurasi mezzi adeguati a causa del maggiore controllo sulle armi da fuoco, della detossificazione del gas domestico e dei catalizzatori dei veicoli. È possibile che anche la diffusione dei medicinali antidepressivi abbia avuto un’incidenza positiva.
swissinfo e agenzie
I risultati dello studio, pubblicati nell’ultimo numero della rivista scientifica «European Journal of Public Health», provengono da un’analisi della banca dati dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) sulla mortalità.
La ricerca è stata condotta da Fabio Levi, dell’Università di Losanna, da Carlo La Vecchia, dell’Università di Milano e da Benedetto Saraceno, del dipartimento di salute mentale dell’OMS.
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