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Quando sposarsi non è una libera scelta

Un matrimonio non voluto si trasforma in un calvario

Anche la Svizzera deve fare i conti con il fenomeno dei matrimoni forzati, diffuso soprattutto in seno alle comunità d'immigrati di stampo patriarcale.

Secondo Lathan Suntharalingam, attivo nella lotta contro questa piaga sociale, si tratta di un problema d’integrazione che non può essere affatto liquidato ricorrendo a un diffuso «buonismo multiculturale».

Convolare a nozze contro la propria volontà, per assecondare scelte effettuate da terze persone, può costituire una tragedia. Queste situazioni sfociano spesso in prevaricazioni e violenze che comportano gravi conseguenze fisiche e psichiche.

La Svizzera non è risparmiata dal fenomeno: secondo l’unica indagine finora effettuata, realizzata nel 2006 dalla Fondazione Surgir di Losanna, nella Confederazione esisterebbero circa 17’000 matrimoni forzati. Un terzo delle vittime sarebbe minorenne, d’età compresa tra 13 e 18 anni. Inoltre, queste costrizioni non riguardano unicamente le donne ma anche i maschi.

Lathan Suntharalingam – d’origine srilankese, parlamentare a Lucerna e membro di un’associazione attiva contro le unioni forzate – sottolinea che i matrimoni forzati costituiscono prevalentemente un problema delle comunità d’immigrati, segnatamente quelle tradizionaliste e di stampo patriarcale.

Un problema d’integrazione

«Anche se non possono essere associati sistematicamente a un’area di provenienza o a una religione, è innegabile che i matrimoni forzati rappresentano un problema d’integrazione», afferma Suntharalingam. Il fenomeno è riscontrabile soprattutto presso i tamil induisti, gli aramaici, i kosovari musulmani e cattolici, gli ebrei ortodossi, i turchi sunniti e i curdi.

In particolare, spiega Suntharalingam, «l’imposizione delle nozze con una persona della medesima origine è spesso il risultato della lontananza dalla cultura del paese d’emigrazione. Molti tamil, per esempio, svolgono lavori modesti e padroneggiano scarsamente le lingue nazionali: sono quindi distanti dai modelli di vita occidentali che giudicano con scetticismo e timore».

«Pianificando il matrimonio dei propri figli, i genitori sono convinti di aiutarli», sottolinea. Infatti, le nozze con persone esterne al gruppo etnico sono viste come un azzardo che rischia di concludersi con un divorzio. I famigliari vogliono inoltre evitare «la disapprovazione da parte dei membri della comunità, i quali esercitano un forte controllo sociale», aggiunge Suntharalingam.

«Troppo buonismo»

Secondo Lathan Suntharalingam, una delle difficoltà maggiori nell’affrontare questa delicata tematica è costituita dal «buonismo di certi ambienti politici che fingono di ignorare la gravità del problema, trattandolo alla stregua di una semplice diversità culturale».

Ciò ha gravi conseguenze: «Parecchie persone che si occupano professionalmente delle questioni legate all’immigrazione, in realtà si astengono dall’agire contro il preoccupante fenomeno dei matrimoni forzati, per non essere accusati di discriminazione».

«Noi giovani svizzeri d’origine straniera non vogliamo ignorare il problema, bensì riconoscerlo e lavorare seriamente al fine di porvi rimedio: è questa la reale uguaglianza nei nostri confronti, non l’atteggiamento contrario», ribadisce Suntharalingam.

Governo sollecitato

Quali sono le soluzioni auspicate da Suntharalingam? «È necessario che i matrimoni forzati siano considerati come una vera e propria violazione e che vengano quindi adottate le necessarie disposizioni giuridiche».

Una richiesta, questa, condivisa da diversi esponenti politici. La senatrice Trix Heberlein, in una mozione presentata a fine 2006 – il cui oggetto sarà discusso durante la prossima sessione del parlamento nazionale – esortava il governo ad adottare senza indugio tutte le misure legislative necessarie, nonché una strategia globale finalizzata a impedire i matrimoni forzati, tutelando nel contempo le vittime.

Diritto e sensibilizzazione

A metà novembre 2007, l’esecutivo ha adottato il Rapporto sulla punibilità dei matrimoni forzati. In sintesi, il Consiglio federale riconosce la necessità di agire, ma ritiene necessario intervenire soltanto nell’ambito del diritto civile: «L’introduzione di una norma penale relativa al matrimonio forzato potrebbe rendere l’opinione pubblica più sensibile al problema. È tuttavia poco probabile che un siffatto segnale raggiunga gli autori e le vittime».

Inoltre, continua il governo, i problemi nell’accertamento del reato – legati ad esempio al rifiuto di deporre delle vittime – non sarebbero risolti. Come provvedimento immediato, le autorità intendono in futuro non più riconoscere i matrimoni contratti dai minori di 18 anni.

Secondo il Consiglio federale, possono essere prese in considerazione misure preventive, di competenza della Confederazione e dei Cantoni. In particolare: campagne di sensibilizzazione rivolte alle comunità d’immigrati e a chi opera a stretto contatto con loro, informazione mirata ai futuri sposi durante la procedura preliminare al matrimonio, offerte di assistenza per le persone vittime o minacciate di matrimonio forzato.

Coinvolgere gli interessati

Lathan Suntharalingam saluta questi progetti, ma aggiunge: «Alla loro pianificazione strategica devono partecipare attivamente anche i cittadini di origine straniera ben integrati». A suo parere, è paradossale che le questioni relative all’integrazione siano spesso discusse (e a volte strumentalizzate) da persone o partiti con scarsa esperienza pratica.

«Sarebbe come disporre di un ufficio per la parità tra i sessi gestito unicamente da uomini!», conclude.

swissinfo, Andrea Clementi

In Svizzera non esiste una definizione giuridica del matrimonio forzato e di quello di compiacenza. Tuttavia, si considera come forzata l’unione conclusa senza l’approvazione di uno o entrambi i coniugi. Il secondo caso si verifica invece quando il matrimonio è organizzato da terzi, ma concretizzato con il consenso di entrambi i coniugi.

Il Codice penale elvetico non contiene alcuna disposizione che punisce i matrimoni forzati, i quali sono tuttavia contemplati dalla fattispecie della coazione e quindi perseguiti d’ufficio. Sono inoltre sanzionati i reati spesso commessi nel quadro dei matrimoni forzati: la minaccia, il rapimento di persona e il ricorso alla violenza (fisica, sessuale o psichica).

Nato in Sri Lanka nel 1974, Lathan Suntharalingam e i famigliari arrivano nella Confederazione nel 1988, come rifugiati in fuga dalla guerra civile. Diventato svizzero, nel 2004 Suntharalingam è stato eletto – per il partito socialista – in seno al parlamento cittadino di Lucerna, tre anni dopo in quello cantonale.

Attualmente Suntharalingam lavora come infermiere di cure intense all’ospedale di Lucerna ed è pure titolare di una specializzazione in «comunicazione interculturale». Unitamente ad altri giovani d’origine straniera, ha fondato la piattaforma «zwangsheirat.ch» contro i matrimoni forzati. È sposato e padre di una figlia.

La mozione «Contro i matrimoni forzati e i matrimoni combinati», depositata nel dicembre del 2006 dalla liberale radicale Trix Heberlein al Consiglio degli Stati, sarà discussa dal Consiglio nazionale il prossimo 12 marzo. Il Governo ha risposto alla parlamentare il 14 febbraio 2007.

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