Raul Castro: attese elvetiche sulla sua presidenza
Cuba ha ufficialmente concluso l'era di Fidel Castro: il lider maximo ha rinunciato alla presidenza e al suo posto è stato eletto il fratello Raul, che già lo sostituiva ad interim da quando si era ammalato.
Intervista incrociata ai rappresentanti di due organizzazioni elvetiche attive a Cuba su fronti diversi: Federico Jauch dell’Associazione Svizzera Cuba e Andrea Vosti di Amnesty International.
Dal 24 febbraio 2008 il provvisorio a Cuba è diventato stabile: Fidel Castro ha rinunciato definitivamente alla presidenza, che per motivi di salute alla fine di luglio del 2006 aveva ceduto “temporaneamente” al fratello Raul, e quest’ultimo è stato eletto alla sua successione.
Un avvicendamento commentato in modi diversi dagli osservatori: per taluni è un segno di continuità del sistema comunista cubano, mentre per altri è un primo passo verso una progressiva apertura all’economia di mercato.
Interpretazioni e aspettative divergenti che emergono anche fra le varie organizzazioni elvetiche che si occupano di questioni cubane.
swissinfo ha messo a confronto le opinioni dei rappresentanti di due di esse: Federico Jauch, presidente della sezione Ticino dell’Associazione Svizzera Cuba, che ha vissuto un anno all’Avana e che dal 1992 è impegnato in progetti di solidarietà che lo portano nell’isola caraibica in media due mesi all’anno, e Andrea Vosti, portavoce di Amnesty International Svizzera, che è appena rientrato da una visita a Cuba.
swissinfo: Raul Castro ha sufficiente autorità per guidare Cuba anche senza Fidel o sarà al vertice solo come “esecutore materiale” del carismatico fratello?
Federico Jauch: Penso che Raul abbia non solo sufficiente autorità, ma soprattutto sufficiente esperienza. Occorre ricordare che ha partecipato alla guerriglia, e questo non perché fratello di Fidel, ma per sua scelta politica. Conosce perfettamente tutti i meccanismi ed è rispettato. Ma a differenza di Fidel, a Raul non piace parlare in pubblico. Perciò è sempre rimasto in disparte: per sua scelta. Ha le capacità ed ha l’appoggio per fare il presidente.
Andrea Vosti: Anche se dietro le quinte Fidel rimane, il passaggio di potere a Raul lascia intravvedere alcuni spiragli di speranza. Bisogna però essere realisti: non si può pretendere che da un giorno all’altro, in brevissimo tempo, ci siano cambiamenti radicali. Raul Castro a livello di politica economica sembra comunque voler garantire una piccola apertura in più, che potrebbe precedere un’apertura anche a livello dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Amnesty intende proprio approfittare di questa fase di cambiamento per chiedere che vengano introdotte delle riforme necessarie per garantire maggiori libertà.
swissinfo: Con il passaggio di consegne da Fidel a Raul Castro è stata avviata una fase di transizione verso una profonda trasformazione del regime cubano o all’orizzonte si profila la continuità?
F.J.: La transizione a Cuba è stata fatta da Fidel, Raul, Camilo Cienfuegos, dal “Che” e da tutti gli altri guerriglieri nel 1959: è dunque già in atto dall’inizio della rivoluzione. Raul ora la porterà avanti in senso socialista, perché è la scelta compiuta dal popolo cubano. Naturalmente ci sono problemi economici, dovuti a vari motivi, il principale dei quali è il blocco commerciale e finanziario. Il problema di Cuba è economico, non politico.
A.V.: È sicuramente stata avviata una fase di transizione, poiché Fidel Castro ha dominato la scena cubana per quasi mezzo secolo. Immaginare un cambiamento radicale è molto difficile. Raul Castro potrebbe garantire piccole aperture, in modo progressivo, ma non mutamenti straordinari. Comunque il futuro di Cuba è abbastanza incerto, perché ci sono vari possibili scenari, ma nessuno è molto chiaro.
swissinfo: Raul Castro ha annunciato cambiamenti strutturali e sottolineato la necessità di rafforzare l’economia. Concretamente quali riforme ci si possono attendere?
F.J.: Quello che vuol fare Raul Castro non è altro che la continuità di un processo rivoluzionario, che come tutti i processi si sviluppano in varie fasi. Leggi e proibizioni che in determinati momenti potevano essere considerate valide, ma che con l’evolversi della situazione sono diventate superate, verranno a poco a poco abolite. La classe dirigente è cosciente che sono anche stati commessi errori e cerca di correggerli. Un problema serio è quello della doppia moneta che dovrà essere risolto prossimamente: occorre dare maggiore potere d’acquisto al salario.
A.V.: A livello economico sicuramente una maggiore apertura al privato. Già adesso in alcuni settori, in particolare quello turistico e alberghiero, ci sono joint-venture in cui lo Stato cubano detiene ancora il 51% delle azioni, ma gli investitori stranieri possono entrare con i loro capitali. Ora si può ipotizzare che Raul Castro prosegua su questa strada anche in altri ambiti.
swissinfo: I difensori dei diritti umani denunciano incessantemente l’assenza di libertà di espressione, di associazione e di movimento a Cuba. Intravvedete la possibilità di mutamenti a breve termine su questo fronte?
F.J.: Chiunque si rechi a Cuba può constatare che esiste totale libertà di movimento. Io mi sono anche imbattuto più volte in manifestazioni spontanee a Cuba e non succedeva niente. Il fatto che a Cuba esistano centinaia di organizzazioni non governative (Ong) di ogni tipo dimostra poi che c’è la libertà di associazione.
A Cuba non vi sono prigionieri di coscienza: coloro che sono incarcerati sono stati processati e condannati per avere violato determinate leggi. Come avviene in qualsiasi paese, compresa la Svizzera, chi lavora assoldato da un’altra nazione viola le leggi sulla sicurezza dello Stato, commette un reato e dunque viene perseguito.
A.V.: Come emerge dall’ultimo rapporto di Amnesty, la situazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali a Cuba rimane preoccupante. Noi chiediamo che vengano rilasciati tutti i prigionieri di coscienza, che tutti i processi condotti al di sotto degli standard internazionali vengano riesaminati, che venga abolita la pena di morte, che venga garantita l’indipendenza della magistratura e che in generale vengano introdotte misure che garantiscano il rispetto delle libertà.
Ci sono delle speranze legate all’evoluzione della situazione a Cuba. Ma finché Fidel resterà, anche se nell’ombra, non ci si possono aspettare delle rivoluzioni vere e proprie a livello di diritti umani o di svolte in senso democratico. Perciò occorre continuare ad esercitare pressioni sul governo cubano perché i diritti umani vengano rispettati.
swissinfo: Quali elementi del sistema cubano dovrebbero essere preservati e quali radicalmente modificati?
F.J.: Devono assolutamente essere preservati i diritti umani fondamentali: quello alla vita, alla sanità, all’educazione, alla casa, all’alimentazione.
Vanno invece chiaramente modificati aspetti legati all’economia, che non è abbastanza efficiente, affinché possa essere eliminata alla radice la piccola corruzione che si sta diffondendo a Cuba. Vanno pure eliminate le differenze sociali che prima non esistevano a Cuba e che con le due monete si stanno manifestando. Bisognerebbe abrogare certi divieti diventati obsoleti, come ad esempio la vendita delle case. Sono soprattutto aspetti pratici della vita quotidiana che andrebbero aboliti o modificati.
A.V.: Ci sono effettivamente anche aspetti del sistema cubano che sono palesemente migliori di altre realtà dell’America latina. Ad esempio la sicurezza sociale, l’assenza di gravi forme di criminalità o di violenza a livello urbano: è sicuramente un dato di fatto positivo. Tuttavia ciò è anche garantito da uno Stato di polizia in cui i controlli sulla popolazione, sugli spostamenti delle persone sono molto stretti. Pure positivo è il fatto che vi siano alcuni servizi garantiti, come l’istruzione o l’accesso alle cure mediche.
Dal profilo dei diritti umani dovrebbero essere radicalmente modificati gli aspetti legati alla libertà di espressione e di stampa e all’indipendenza della magistratura. Ci sono decine di persone incarcerate a Cuba al termine di processi contrari agli standard internazionali, per capi d’imputazione molto vaghi legati a presunte attività controrivoluzionarie.
swissinfo, Sonia Fenazzi
Dopo essere stato ininterrottamente al potere dal 1959, quando la rivoluzione cubana rovesciò la dittatura di Fulgencio Batista, il 31 luglio 2006 Fidel Castro, prima di essere operato per un’emorragia intestinale, cede “provvisoriamente” le redini al fratello Raul.
Il tempo passa, ma le condizioni di salute non consentono al “lider maximo” di tornare ad esercitare la più alta carica dello Stato.
Il 20 gennaio 2008 alle legislative Fidel Castro viene nuovamente eletto all’Assemblea nazionale. Suo fratello Raul ottiene comunque più voti di lui.
Il 18 febbraio, l’81enne Fidel scrive una lettera in cui annuncia che non accetterà un nuovo mandato alla presidenza dello Stato cubano.
Il 24 febbraio, il parlamento elegge il 76enne Raul Castro, che dopo esserlo stato ad interim per 19 mesi, diventa ufficialmente presidente. Al suo fianco, come primo vicepresidente viene designato il 77enne José Ramon Machado Ventura, ossia un altro uomo della vecchia guardia.
Nato il 3 giugno 1931, Raul Castro è un militante comunista molto prima del fratello maggiore Fidel.
Fra i protagonisti della guerriglia che il 1. gennaio 1959 porta al rovesciamento della dittatura di Batista, Raul subito dopo il trionfo della rivoluzione viene nominato ministro della difesa. Resterà alla testa delle forze armate fino al momento dell’elezione alla presidenza cubana.
Meno carismatico e più schivo del lider maximo, Raul gode della piena fiducia di Fidel di cui è il braccio destro e che lo nomina successivamente anche vice primo ministro e poi primo vice presidente.
Considerato un pragmatico, è stato promotore di alcune riforme in seno al Partito comunista e all’esercito cubani. Durante i 19 mesi di presidenza ad interim ha proposto l’avvio di discussioni “sul piede di parità” agli Stati Uniti.
Nel discorso di investitura il 24 febbraio ha denunciato l’eccesso di divieti e di burocrazia, che lo Stato cubano deve eliminare per concentrarsi sulle attività economiche fondamentali. Ha pure promesso una “progressiva, graduale e prudente rivalutazione del peso cubano”. Ha tuttavia ribadito che il dibattito critico deve avvenire “all’interno del socialismo”, intorno al partito unico.
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