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Richieste USA: la Svizzera non ci sta

Il ministro degli esteri, Joseph Deiss, ribadisce le posizioni elvetiche, respingendo le richieste americane Keystone

Berna non intende firmare un accordo separato con gli USA per risparmiare i cittadini americani dalla giustizia internazionale.

Confermato il sostegno elvetico alla nuova Corte penale internazionale (CPI).

Il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) risponde picche agli Stati Uniti. Replicando ad una richiesta formulata a voce, il ministro degli esteri, Joseph Deiss, ha affermato di non condividere la necessità di firmare un accordo di non estradizione alla CPI per i cittadini americani.

Già negli scorsi mesi, il presidente americano Jeorge W. Bush aveva annunciato la sua intenzione di stipulare degli accordi bilaterali per proteggere i propri cittadini dall’azione del Tribunale dell’Aia.

La domanda americana si basa sull’articolo 98 degli Statuti di Roma e avrebbe validità nel caso di stazionamento di truppe in un paese che ha firmato l’accordo separato. I cittadini americani colpevoli di delitti contro l’umanità non andrebbero estradati alle autorità penali internazionali, ma esclusivamente agli Stati Uniti.

La Svizzera non vede comunque la necessità di firmare un simile accordo per la protezione di eventuali criminali di guerra americani. E lo ribadisce respingendo la richiesta informale arrivata da Washington. Attualmente gli Stati Uniti hanno firmato un simile accordo con Israele e la Romania.

Sostegno confermato

Con la risposta decisa di Berna, la Svizzera conferma il suo sostegno all’istituzione permanente dell’Aia. Già a luglio il ministro degli esteri elvetico Deiss aveva risposto lapidariamente alle esigenze particolari americane: “Il diritto precede il potere”.

Martedì il ministro ha confermato la posizione all’ambasciatore statunitense a Berna: “Delle disposizioni straordinarie come quelle auspicate dagli Stati Uniti contraddicono lo spirito dell’istituzione giudiziaria internazionale”.

Inoltre, ha aggiunto Livio Zanolari, portavoce del ministro degli esteri, troppe eccezioni indebolirebbero la CPI.

La Svizzera si è impegnata dall’inizio sostenendo l’istituzione. Di nazionalità svizzera è anche la prima procuratrice del Tribunale straordinario che si occupa dei delitti commessi in Iugoslavia e Ruanda, Carla del Ponte.

Il consigliere federale Deiss ha inoltre affermato di non temere delle ritorsioni da parte americana. “Abbiamo avuto delle discussioni aperte e franche nelle ultime settimane – ha precisato il ministro degli esteri – non credo che le condizioni cambino adesso”.

I traguardi del Tribunale

La nuova CPI con sede all’Aia, succede all’istituzione straordinaria analoga creata dopo i conflitti in ex-Iugoslavia e nel Ruanda. Si tratta della prima istituzione internazionale permanente che intende punire i crimini di guerra e contro l’umanità.

Partita in primavera con un minimo necessario di 60 paesi firmatari, l’istituzione sotto l’egida delle Nazioni Unite raccoglie già 139 stati che hanno ratificato la convenzione di Roma il primo luglio di quest’anno.

swissinfo

11 dicembre 1995: una commissione inizia il lavoro per la nuova Corte penale internazionale (ICC)
17 luglio 1998: 139 paesi adottano a Roma lo Statuto dell’ICC
1.luglio 2002: Oltre 60 paesi ratificano lo Statuto di Roma, nasce l’ICC. Attualmente il numero è già salito a 77
Grandi assenti: Stati Uniti e Cina
La Corte penale internazionale è chiamata a giudicare i reati di genocidio, i crimini contro l’umanità e i crimini di guerra.

Gli Stati Uniti osteggiano la creazione della Corte penale internazionale.

Per evitare il coinvolgimento dei loro cittadini in procedimenti del nuovo tribunale, auspicano la stesura di accordi bilaterali con altri paesi. Questo per evitare l’estradizione verso la futura corte dell’Aia.

La Svizzera, promotrice della prima ora della nuova corte, ha rifiutato la proposta avanzata in maniera informale da parte di Washington.

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