Sempre più Paesi legalizzano l’eutanasia: l’influenza di letteratura e cinema
Le grandi storie sull'eutanasia sono impresse nella nostra memoria collettiva. Un progetto di ricerca svizzero sta raccogliendo opere sul tema in tutto il mondo. Ma quanto è grande l'influenza di cinema e letteratura sulla politica e sulla società?
Mare dentro. Intouchables [Quasi amici, in italiano]. Le due grandi narrazioni tetraplegiche degli ultimi due decenni hanno una cosa in comune: sono basate su fatti veri. Per il resto, le storie difficilmente potrebbero essere più diverse.
Il primo è un film malinconico e ipnotico su un marinaio che lotta per il suo diritto al suicidio dopo un incidente di nuoto e muore solo con l’aiuto degli amici. Poi c’è la commedia di coppia su un badante che aiuta un ricco imprenditore a ritrovare il coraggio dopo un incidente in parapendio.
Al botteghino, Mare dentro, che ha vinto l’Oscar come miglior film straniero, ha incassato circa 43 milioni di dollari – Intouchables circa dieci volte tanto. Gli spettatori scelgono la vita, ma le persone colpite scelgono la morte.
In molte regioni del mondo, la legalizzazione dell’eutanasia è progredita negli ultimi anni. In Europa, oltre alla Svizzera, un tempo sinonimo di morte su richiesta, quasi una dozzina di altri Paesi consentono il suicidio assistito o addirittura l’eutanasia attiva.
Tra questi c’è la Spagna, dove il caso giudiziario del marinaio Ramón Sampedro negli anni ’90 del secolo scorso ha scatenato un dibattito che Mare dentro ha poi tradotto con vivide immagini. In Francia, il Governo ha presentato quest’anno un progetto di legge che intende aprire la strada al suicidio assistito per i malati terminali.
Questo progetto è stato preceduto da una battaglia culturale durata anni in cui è stato coinvolto anche Philippe Pozzo di Borgo, che è stato il modello dell’imprenditore di Intouchables. Fino alla sua morte, avvenuta nel 2023, è stato il patrocinatore del movimento “Soulager, mais pas tuer” (Allevia ma non uccide), che si batte contro l’eutanasia e a favore della pratica delle cure palliative terminali istituite in Francia.
La legge e le leggi dell’arte
Le grandi storie sull’eutanasia sono impresse nella memoria collettiva. Ma fino a che punto si estende l’influenza della letteratura e del cinema?
Un progetto di ricerca svizzero sta indagando proprio su questa domanda: Il sito web “Assisted Lab’s Living Archive of Assisted Dying” raccoglie opere da tutto il mondo, le analizza e le rende accessibili insieme a punti di riferimento per il processo legislativo e il dibattito mediatico.
Finora sono state preparate circa 60 opere per l’archivio. “Abbiamo però più di 350 opere nella nostra collezione, che renderemo gradualmente accessibili”, afferma Anna Elsner, professoressa di Studi culturali francesi e Medical Humanities all’Università di San Gallo e iniziatrice del progetto*.
L’ampiezza dell’argomento l’ha sorpresa: “Quando all’epoca ho inoltrato la domanda al Consiglio europeo della ricerca, mi riferivo solo a 30 opere”.
Le produzioni culturali sono sempre viste come un sottoprodotto dei dibattiti politici, dice Elsner. “È affascinante quanto sia forte la loro influenza. Il fatto che l’arte sia citata attivamente nel processo legislativo è aumentato negli ultimi dieci anni”. C’è anche una nuova forma di “ars moriendi”, una mediatizzazione delle storie di sofferenza.
Il caso di Anne Bert
L’esempio francese è Anne Bert. All’autrice di romanzi erotici è stata diagnosticata la sclerosi laterale amiotrofica, meglio nota come SLA, a metà della sua vita e si è apertamente battuta per una riforma legislativa in Francia. La Bert è citata come coautrice in un progetto di legge del 2017, che alla fine non ha portato alla legalizzazione dell’eutanasia.
Il film documentario J’ai décidé de mourir Collegamento esterno (Ho deciso di morire) la mostra negli ultimi mesi di vita. Pochi giorni dopo il suo suicidio assistito nel vicino e liberale Belgio, è stato pubblicato il suo libro Le tout dernier été – un appello per una morte autodeterminata, che lei condensò nella frase: “J’aime trop la vie pour me laisser mourir” (amo troppo la vita per lasciarmi morire).
È possibile vedere gratuitamente l’intera documentario Collegamento esternosu Anne Bert.
Dopo la morte della Bert, la sua storia e la sua rivalutazione artistica sono state spesso citate nei dibattiti parlamentari francesi.
Non più un tema puramente occidentale
La collezione è incentrata sull’Europa e sul Canada, i Paesi che hanno adattato le loro legislazioni negli anni successivi alla fine del millennio (il periodo coperto dalla collezione). Recentemente, tuttavia, Elsner ha aggiunto dei freelance al gruppo del progetto, composto da quattro dipendenti fissi, per includere altre lingue e aree culturali.
L’eutanasia non è più una questione puramente Occidentale, afferma l’autrice: “Sta cambiando. Per esempio, sono stata in contatto con un regista indiano che ha accompagnato un artista suo connazionale che l’anno scorso si è recato a Zurigo per morire”.
Il gruppo di ricerca ha anche registrato di recente una puntata del podcast con Josefina Miró Quesada Gayoso, che ha fatto la storia del diritto con il suo successo legale nel primo caso di eutanasia in Perù. L’avvocata sottolinea il ruolo importante che i film hanno avuto nel suo impegno sul tema.
Secondo Elsner, il modo in cui l’arte affronta il tema è spesso più sfumato e meno binario rispetto al dibattito politico e sociale. “Viene mostrata la sofferenza dei parenti, anche se sostengono il desiderio di morire”.
Le discipline seguono ciascuna una propria logica: l’arte punta all’ambivalenza, la legislazione al suo superamento. La collezione stessa sul tema non prende posizione. È un archivio non ideologico, un fondo di ricerca che non cerca di sostenere una tesi.
e. Nel film canadese Les Invasions barbares del 2003 (Le invasioni barbariche in italiano), uno dei pezzi preferiti della collezione di Elsner (premiato anche con l’Oscar per il miglior film straniero), il protagonista si inietta alla fine una dose letale di eroina.
Più di dieci anni dopo, il Canada ha legalizzato l’eutanasia attiva. Il film è stato ripetutamente discusso nel processo politico, non necessariamente come una richiesta di eutanasia, ma per la sua rappresentazione di un sistema sanitario pubblico sovraccarico e disumano.
“La Svizzera, il Paese dei morenti” e la capsula Sarco
In Svizzera, negli ultimi anni, il tema dell’eutanasia è stato discusso soprattutto dal punto di vista del turismo della morte. Non si è discusso della distinzione tra eutanasia e cure palliative, come invece avviene in Francia.
Il caso del medico ginevrino Pierre Beck, che ha aiutato una donna sana a suicidarsi insieme al marito malato, ha fatto notizia. Il Tribunale federale ha assolto Beck a marzo e ha ribadito la posizione liberale della Svizzera, che criminalizza il suicidio assistito solo se motivato da ragioni egoistiche.
Marc Keller, membro del progetto Assisted Lab, ha scritto un libro Collegamento esternosulla questione della sofferenza esistenziale basato sul caso, pubblicato a novembre.
Dopo la morte di una persona nella capsula suicida Sarco, avvenuta quest’autunno nel Cantone Sciaffusa, anche la Svizzera si è trovata ad affrontare un dibattito sul suicidio assistito. Con la capsula, la morte auto-scelta è a portata di mano, senza l’intervento di medici.
“Al centro vi è la questione se la medicina debba o meno essere coinvolta”, dice Elsner. Questo le ricorda un racconto del 2016: in SuissID (pubblicato nell’antologia “Futurs insolitesCollegamento esterno“), l’autore svizzero Vincent Gerber immagina un servizio che fornisce il suicidio assistito per telefono. I clienti possono scegliere da un catalogo di metodi diversi – a seconda delle loro esigenze e dei loro mezzi finanziari.
La distopia è rivolta alla commercializzazione del suicidio assistito, ma coglie anche l’effettiva complessità della situazione attuale nei Paesi progressisti.
La Svizzera, il Belgio, il Canada, ecc. si trovano ad affrontare la questione del punto in cui l’approccio liberale a una morte autodeterminata diventa negligente. Dove il suicidio assistito si trasforma in promozione del suicidio. Si apre un campo difficile per la politica e l’arte.
A cura di Balz Rigendinger
Tradotto dal tedesco da fra con l’aiuto di DeepL
* Il progetto Assisted Lab è stato selezionato dal Consiglio europeo della ricerca per il programma di finanziamento Starting Grant; è finanziato principalmente dalla Segreteria di Stato svizzera per l’educazione, la ricerca e l’innovazione (SERI). Altri sostenitori sono l’Università di San Gallo, l’Università di Zurigo, l’Università di Glasgow, l’Università di Newcastle, l’Università Mc Gill di Montreal e la Fondazione Camargo di Cassis.
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