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Sorveglianza video, Big Brother o più sicurezza per i cittadini?

Videocamere anche all'entrata del teatro di Basilea dopo attacchi verbali al pubblico e agli impiegati Keystone Archive

Videocamere nei parcheggi, nei negozi, davanti agli edifici pubblici: a Berna ora anche nei parchi? Rilanciato il tema della protezione della sfera privata.

In Svizzera l’attenzione che si presta al diritto dei cittadini di proteggere i propri dati personali è molto alta. In questi giorni se ne parla a proposito del capo della polizia bernese, Kurt Wasserfallen, che da anni cerca di far passare una linea di tolleranza zero nei confronti della scena della droga. Ora sta verificando la fattibilità di un sistema di controllo tramite videocamere piazzate in due punti “nevralgici” della città. Si tratta di parchi dove si spinella in libertà e dove circolano i dealer.

Le intenzioni di Wasserfallen hanno subito suscitato la viva reazione dei media locali. E non è il primo caso. Già a dicembre del 2001 il responsabile della polizia di Bienne aveva scatenato simili reazioni quando aveva deciso, anche lui senza consultare il consiglio comunale, di far installare a titolo di esperimento una videocamera di sorveglianza.

Da quando sono state introdotte in Svizzera, una ventina d’anni fa, le videocamere nei luoghi pubblici a scopo di prevenzione del crimine, o di controllo del traffico e della sicurezza stradale sono notevolmente aumentate. Nonostante ci si sia nel frattempo dotati di un dispositivo legislativo per la protezione della sfera privata, la video-sorveglianza non smette di essere un argomento scottante.

La sicurezza degli uni è l’insicurezza degli altri

Le videocamere vengono installate per proteggere i cittadini: è vero, la presenza segnalata con cartelli di videocamere ha un effetto dissuasivo per i criminali, fa scendere la percentuale di furti, di vandalismo, o di altri delitti, dichiara a swissinfo il portavoce dell’ufficio federale per la protezione dei dati Kosmas Tsiraktsopulos. Ma in alcuni casi il problema, se non si cercano anche soluzioni politiche e sociali, non viene risolto bensì semplicemente spostato.

“Esempio flagrante è la città di Londra, che ha la più alta densità di videocamere di sorveglianza al mondo. In alcuni quartieri vi è stata effettivamente una diminuzione dei delitti, ma l’insicurezza si è semplicemente trasferita in altri quartieri”.

Per la legge la sorveglianza-video dovrebbe essere l’ultima ratio

“Il principio fondamentale per la sorveglianza nei luoghi pubblici è quello della proporzione.”, continua Tsiraktsopulos. La sorveglianza video entra massicciamente nella sfera privata dei cittadini, allora bisogna chiedersi se la protezione della sicurezza non può essere ottenuta con dei mezzi meno invasivi”.

Come specifica Daniel Dauwalder, dell’Ufficio federale di Polizia, “su una proprietà privata non esiste nessuna restrizione specifica alla sorveglianza tramite videocamere”. Un discorso particolare sono le ambasciate. Se con le loro riprese “sconfinano” su spazi pubblici si può fare ben poco: il terreno su cui sono piazzate appartiene ad uno Stato straniero! Ed è quindi di competenza del ministero degli esteri di quel paese. Sul luogo di lavoro è invece illegale far controllare i propri dipendenti per accertarne la correttezza di comportamento.

Se dopo aver soppesato tutte le misure alternative alla video-sorveglianza, come ad esempio un rafforzamento delle forze di polizia, o dei controllori sui treni, si arriva alla conclusione che le videocamere sono davvero l’unica soluzione, bisogna comunque avere una base legale, sottolinea il portavoce dell’ufficio federale di protezione dei dati.

“Bisogna che vengano accettate delle regole essenziali: come ad esempio la durata della registrazione, la sua utilizzazione, ossia chi ha accesso alle immagini. La cancellazione dei nastri è poi un criterio fondamentale: se non si sono verificati atti delittuosi, le immagini dovrebbero sparire entro 24 ore. Non si devono, in altre parole, conservare immagini che potrebbero far risalire ad un furto. Il principio vale per ogni tipo di sorveglianza, che sia fatta in una stazione, su di un treno o addirittura da un privato.

Chi mi guarda?

Se il cittadino svizzero vuol sapere da chi è osservato deve conoscere il proprietario del terreno su cui è piazzata la videocamera: se è della città o del cantone o del demanio: le immagini appartengono al proprietario del terreno.

Ma il campo d’applicazione della legge federale in materia di video-sorveglianza si ferma di fronte alle competenze cantonali “Se Zurigo decide di installare videocamere in un parcheggio che appartiene alla città, l’autorità competente per emettere un guidizio sulla legittimità è il responsabile della protezione dei dati del cantone”. Così ad esempio, nel caso dei trasporti pubblici, la base legale è necessaria se si tratta di un’impresa considerata come un organo federale, come ad esempio le FFS. Su alcune linee regionali sono state installate ultimamente le videocamere su treni con poco personale, misura accolta con sollievo dai passeggeri più anziani, un po’ meno dai giovani.

Dopo i fatti del G8 di Genova e soprattutto dopo gli attentati dell’11 settembre, i cittadini hanno l’impressione di essere ancora più sorvegliati di prima. Non solo attraverso le videocamere ma anche dai nuovi sistemi di controllo della posta elettronica o delle telefonate. Sapere almeno da chi si è controllati e quando, anche se può risultare complicato da scoprire, resta in Svizzera un diritto altrettanto fondamentale quanto il diritto alla propria incolumità.

Raffaella Rossello

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