Svizzera-Israele: 50 anni di movimentata amicizia
In occasione del 50. anniversario dell'Associazione Svizzera-Israele, la presidente della Confederazione Micheline Calmy-Rey ha sottolineato che le critiche allo Stato ebraico non vanno confuse con l'antisemitismo.
In un’intervista, l’ambasciatore israeliano a Berna, Ilan Elgar, ha dal canto suo ribadito le critiche nei confronti dell’intervento della Svizzera nel dossier nucleare iraniano e nella crisi libanese.
In Svizzera ci sono 18’000 persone di fede ebraica, pari ad appena lo 0,25% della popolazione. «Il 26,5% delle sentenze pronunciate sulla base della norma penale antirazzismo riguardano però dichiarazioni antisemite», ha sottolineato Micheline Calmy-Rey domenica a Zurigo, nel corso della cerimonia alla quale è stato inviato anche il ministro degli affari sociali israeliano Isaac Herzog.
La presidente della Confederazione ha elogiato l’azione dell’Associazione Svizzera-Israele, fondata nel 1957, a favore della «comprensione fra i due popoli». Ha pure sottolineato i suoi legami personali con la comunità ebraica: suo marito proviene da una famiglia ebrea rumena stabilitasi in Svizzera all’inizio degli anni ’50.
Per Calmy-Rey non bisogna però confondere antisemitismo e critica a Israele. In qualità di stato depositario delle Convenzioni di Ginevra, la Svizzera ha in effetti una responsabilità particolare nel far rispettare il diritto umanitario internazionale.
«Alziamo la voce quando tale diritto viene violato, e questo ci porta a criticare i nostri amici», ha insistito la ministra degli esteri facendo riferimento ai rimproveri formulati lo scorso anno dallo Stato ebraico contro Berna per il suo atteggiamento durante la guerra in Libano.
Inutili gli interventi svizzeri
In un’intervista pubblicata dal domenicale “Sonntag”, l’ambasciatore di Israele a Berna Ilan Elgar ha ribadito le critiche e contestato il ruolo della Confederazione nel dossier sul nucleare iraniano.
«Gli interventi della Svizzera sono inutili», ha affermato il diplomatico.
Per Israele, l’Iran è il paese più pericoloso in Medio Oriente. Contrariamente ad alcuni paesi europei – come la Francia, che chiede un inasprimento delle sanzioni contro Teheran – i servizi della consigliera federale Micheline Calmy-Rey promuovono una «soluzione diplomatica», ha detto Elgar.
L’ambasciatore giudica «delicata» l’interpretazione che il Dipartimento federale degli affari esteri dà della neutralità attiva. Elgar considera che la Confederazione si è espressa in parte in modo unilaterale, ad esempio nel conflitto tra Libano e Israele.
«Per me la neutralità significa che un paese non prende posizione in modo unilaterale», ha detto al giornale.
Posizioni singolari
A dare particolarmente fastidio a Israele è pure il fatto che la Svizzera abbia accettato i movimenti Hamas (palestinese) e Hezbollah (libanese) come interlocutori.
Queste due organizzazioni vogliono distruggere lo Stato ebraico e non accettano gli accordi dei palestinesi con Tel Aviv, afferma Elgar sul domenicale.
Finché questa situazione perdura, «non possiamo dialogare con loro», prosegue, rammentando che questa è anche la posizione adottata da Unione europea e Stati Uniti.
Con le sue posizioni singolari, sostiene Elgar, la Svizzera indebolisce la posizione della comunità internazionale.
A margine della celebrazione dell’Associazione Svizzera-Isreale, Micheline Calmy-Rey ha espresso tutto il suo «stupore» per le parole pronunciate dall’ambasciatore di Israele a Berna, ha indicato il suo portavoce, Jean-Philippe Jeannerat.
swissinfo e agenzie
L’associazione, politicamente e religiosamente indipendente, è stata creata il 15 dicembre 1957 a Zurigo.
I suoi fondatori sono uomini e donne che nel 1956, a causa del conflitto di Suez, credevano che lo Stato d’Israele fosse minacciato.
Il suo obiettivo è di approfondire i rapporti d’amicizia tra Svizzera e Israele rafforzando i legami culturali, politici, economici e sociali tra i membri dell’opinione pubblica da una parte, e Israele dall’altra.
Teheran ha inviato all’ambasciata svizzera in Iran una nota di protesta contro dei «metodi di spionaggio americani», utilizzati per l’elaborazione del rapporto di vari servizi segreti sul dossier del nucleare iraniano.
La rappresentanza elvetica è stata coinvolta in quanto rappresenta gli interessi statunitensi in Iran dal 1980.
Il portavoce del ministero degli esteri iraniano, Ali Hosseini, ha dal canto suo respinto il rapporto americano, secondo cui la Repubblica islamica ha sospeso il suo programma di armamento nucleare nel 2003.
L’Iran non ha mai avuto un programma nucleare militare, ha detto Housseini, né prima né dopo il 2003.
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