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Tre domande a Stefan Keller, storico

Stefan Keller, storico e giornalista, è autore di un libro su Paul Grüninger, il comandante della polizia di San Gallo che pagò con il licenziamento e la diffamazione l'aiuto che diede ai profughi ebrei in fuga dall'Austria.

Keller è stato anche uno degli esperti consultati dalla commissione per gli affari del Consiglio nazionale per elaborare la legge sulla sospensione delle sentenze contro chi ha contribuito a far riparare illegalmente in Svizzera persone perseguitate dal nazismo.

Stefan Keller, moralmente chi aiutò i profughi durante il nazismo è già riabilitato. Perché è importante anche una riabilitazione giuridica?

Perché le azioni simboliche sono importanti, mostrano che la società può cambiare. Un esempio analogo è quello del parlamento spagnolo, che ha condannato i crimini di Franco. La riabilitazione giuridica è un segno che ristabilisce la dignità delle persone coinvolte e anche la dignità dello stato.

Perché ci sono voluti più di 50 anni per giungere ad una riabilitazione?

Non è facile a dirsi. Da una parte c’è la continuità che ha caratterizzato la storia svizzera. La mentalità degli anni della guerra ha resistito almeno fino agli anni Settanta.

Un esempio è quello di Edgar Bonjour: durante la guerra era un rappresentante importante della cosiddetta “geistige Landesverteidigung” (la difesa nazionale spirituale), negli anni Settanta è stato autore del rapporto sulla Svizzera durante la guerra, che ha segnato a lungo la storiografia elvetica.

D’altro canto credo che ci sia la paura dei paralleli che potrebbero essere fatti tra la politica d’asilo dell’epoca e quella odierna. Si parla di persone che hanno agito nell’illegalità per aiutare i profughi e non si vuole che questo legittimi azioni analoghe. A mio avviso questi paralleli sono però una forzatura.

Come spiega l’esclusione dei combattenti in Spagna e di altri antifascisti?

Credo prima di tutto perché si tratta in buona parte di comunisti, che non hanno una forte “lobby” che oggi li difenda.

I volontari in Spagna poi con la loro scelta andavano radicalmente contro la politica ufficiale della Svizzera, il primo stato a riconoscere il governo del generale Franco.

Ma forse il motivo principale è il divieto di prestare servizio militare all’estero, che per la borghesia in Svizzera rimane un tabù intoccabile.

Devo ammettere però che anch’io non mi so spiegare del tutto questo atteggiamento. Nonostante i cambiamenti di questi anni, anche nella politica militare, la questione dei combattenti in Spagna rimane come sospesa fuori dal tempo.

Intervista a cura di Andrea Tognina

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